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I commentiMolti sono bot dei russi.
Ma perché tutte queste allusioni sulla coca?
In reality, however, the Russians and the Ukrainians never arrived at a final compromise text
The treaty envisioned in the communiqué would proclaim Ukraine as a permanently neutral, nonnuclear state. Ukraine would renounce any intention to join military alliances or allow foreign military bases or troops on its soil. The communiqué listed as possible guarantors the permanent members of the UN Security Council (including Russia) along with Canada, Germany, Israel, Italy, Poland, and Turkey.
The communiqué also said that if Ukraine came under attack and requested assistance, all guarantor states would be obliged, following consultations with Ukraine and among themselves, to provide assistance to Ukraine to restore its security. Remarkably, these obligations were spelled out with much greater precision than NATO’s Article 5: imposing a no-fly zone, supplying weapons, or directly intervening with the guarantor state’s own military force.
The Istanbul Communiqué called for the two sides to seek to peacefully resolve their dispute over Crimea during the next 15 years.
Although Ukraine would be permanently neutral under the proposed framework, Kyiv’s path to EU membership would be left open, and the guarantor states (including Russia) would explicitly “confirm their intention to facilitate Ukraine’s membership in the European Union.” This was nothing short of extraordinary: in 2013, Putin had put intense pressure on Ukrainian President Viktor Yanukovych to back out of a mere association agreement with the EU. Now, Russia was agreeing to “facilitate” Ukraine’s full accession to the EU.
The communiqué also includes another provision that is stunning, in retrospect: it calls for the two sides to seek to peacefully resolve their dispute over Crimea during the next ten to 15 years.
ALEX CROWTHER is a Senior Fellow with the Transatlantic Defense and Security Program at the Center for European Policy Analysis and a retired U.S. Army Colonel.
JAHARA MATISEK is a Military Professor at the U.S. Naval War College, Research Fellow at the European Resilience Initiative Center, and a Lieutenant Colonel in the U.S. Air Force. The views expressed here are his own.
PHILLIPS P. O’BRIEN is Head of the School of International Relations and Professor of Strategic Studies at the University of St. Andrews.
Condannata Anastasia Ivleeva, organizzatrice della festa sexy che fece infuriare Putin (e rivelò una Mosca erotica e pop)
Da sinistra, la cantante e conduttrive tv Lolita Milyavskaya, la socialite e giornalista Ksenia Sobchak (figlioccia di Putin) e l’organizzatrice della festa Anastasia Ivleeva
Da sinistra, la cantante e conduttrive tv Lolita Milyavskaya, la socialite e giornalista Ksenia Sobchak (figlioccia di Putin) e l’organizzatrice della festa Anastasia Ivleeva
L’esplosione di questa bomba sessuale ha fatto crollare le facciate ingannevoli dei villaggi Potemkin di propaganda e ha traumatizzato ecclesiastici e asceti. Nel bel mezzo di una guerra, che secondo i propagandisti è sostenuta da tutti tranne che dai rinnegati andati all’estero, si comunicava l’indifferenza verso le azioni delle autorità. E l’indifferenza è apparsa come il motto inespresso di questo conflitto, incompatibile con l’intensità delle passioni militari. La cultura pop russa, rappresentata dalle figure più famose come il cantante Philip Kirkorov, se n’è fregata delle esigenze belliche. La giornalista Ksenia Sobchak era in un abito trasparente: nel 2018 era la concorrente ufficiale di Putin alle elezioni presidenziali. Il disprezzo della cultura pop nei confronti dell’operazione militare infligge un colpo alle autorità ancora più grande di quello inferto dall’opposizione che sostiene che la guerra si regga sulla corruzione: mai la popolazione aveva neppure immaginato il denaro che si può ottenere al fronte combattendo oppure nelle retrovie, come risarcimento per la morte di un familiare. Per non parlare dell’iniziativa più esotica: il condono di pene, per omicidio o altri peccati gravi, concesso ai detenuti mobilitati. Dall’inizio della guerra, il Cremlino perseguita gli oppositori politici e intellettuali.
Spesso si viene imprigionati per una cosa ma puniti per un’altra e si rimane in prigione fino al processo come nel caso della regista Zhenya Berkovich che ha scritto sagaci poesie contro la guerra ma è incarcerata per una storia inventata di terrorismo. Più recentemente sono stati banditi libri e spettacoli di famosi scrittori, Akunin e Bykov, che hanno lasciato la Russia. Altri due poeti che hanno protestato in piazza Triumfalnaya a Mosca davanti al monumento Mayakovsky sono stati da poco condannati (uno di loro è stato violentato durante una perquisizione). Sono state introdotte leggi staliniste che puniscono i cittadini russi che hanno contatti con qualsiasi straniero: è pericoloso comunicare anche con parenti che vivono all’estero, in particolare in Ucraina. A chiunque può essere ritirato il passaporto quando entra o esce dal Paese.
Ma coloro che ricevono enormi somme di denaro per i loro concerti, viaggiano in tutto il paese e sono amici dei funzionari del Cremlino, si ribellano senza immaginare il significato e la portata della loro ribellione. Questa alienazione è quasi subconscia. Presentandosi a una festa in biancheria trasparente le nostre pop star volevano solo divertirsi ma ora il divertimento è contrario alle leggi della guerra.
Quando uno pensa che oramai si sia raggiunto il fondo, arrivi te che piombi sul fondo dell'abisso appena raggiunto come un meteorite e, non pago, ti metti pure a scavare con gusto e di gran lena.
Davvero, non si riesce a concepire come un essere umano possa uscirsene con queste... neanche so come potrei chiamarli rimanendo in ambito civile, pervertendo la realtà, pretendendo che la realtà si pieghi e si deformi per conformarsi a queste bieche, immonde ideologie.
Tifando per chi, per bieche questioni ideologiche e con pretesti osceni e disumani, continua a massacrare persone innocenti, senza vergogna ma, anzi, vantandosene.
Veramente, un baratro, un abisso per l'umanità.