Autore Topic: Studio Ghibli  (Letto 407312 volte)

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1485 il: 06 Apr 2015, 15:44 »
Mi sono chiesto pure io, se usare Il Dio Bestia o il Dio cane, fosse stata la scelta giusta, ma non ho trovato alternative che non ne stravolgessero il senso. Chiedo con curiosità e senza polemica , voi che contestate la scelta, come lo avreste tradotto?
Non conoscendo né il giapponese, né il testo originale, non posso darti una risposta al volo, ma posso dirti come si muove in questi casi un traduttore professionista.

Il primo passo è ovviamente la traduzione letterale secca. Se in giapponese quel personaggio ha un nome di due parole, che nell'accezione più comune significano dio e bestia, il punto di partenza è appunto 'dio bestia'.

Bestia in italiano rientra in quella sfera di termini che indicano un animale. Oggigiorno, chi usa la parola 'bestia' è perché vuole passarne anche l'accezione dispregiativa o mostruosa, rispetto ad esempio a 'belva' che enfatizza dimensioni e potenza. In termini umoristici-colloquiali, 'bestia' può anche indicare bravura. Ricordi il Drago Pulisan? Una bestia contro il calcare! Ma non mi sembra questo il nostro caso.

Questo in italiano. In giapponese dovrei conoscere quali sono i termini concorrenti del termine tradotto con bestia, in quali casi si usano e quindi anche capire che sfumatura animale si voleva accentuare scegliendo questa parola. Magari in giapponese richiama le foreste, magari la natura più selvaggia, magari un carattere più predatore, ecc. ecc.

Ora, 'dio bestia' non è utilizzabile perché è una bestemmia, e quindi avrebbe sul pubblico italiano un effetto straniante, quando non scandalizzante, umoristico o di semplice sospensione dell'incredulità. Ma al di là della bestemmia, 'dio bestia' in italiano suggerisce anche una mezza contraddizione, in quanto 'dio' è un termine che eleva, e 'bestia' un termine che affossa. Quindi verificherei se nel testo originale una contraddizione del genere era voluta o meno. Se sì, cercherò di riprodurla anche se con un'altra parola.

Un altro step è verificare se nel testo non ci sia già un termine equivalente ad esempio di 'dio'. Se l'originale usa per metà dio e per metà spirito, significa che sono entrambi corretti e quindi possiamo usare spirito che mi aggira il problema bestemmia. Dio lo userò comunque, ma magari da solo, magari proprio laddove nell'originale si usava spirito. Perché devo conservare la ricchezza globale del testo, e se posso farlo ricombinandolo senza tradimento alcuno, ovviando alle bestemmie, lo faccio.

Un passo più sottile è poi informarsi sul tipo di religione cui è ispirato il personaggio. Io ad esempio ne so zero, ma magari informandomi scoprirei che quel tipo di shinto indica come dei delle entità che nulla hanno di trascendente come ad esempio il dio cristiano o musulmano, e magari meno ancora di spirituale, per cui 'spirito' non va bene, 'nume' fa troppo antica Roma, 'divinità' è lungo e pedante. Per cui magari resteremo su dio.

Una strategia molto intelligente è anche quella usata nel primo adattamento italiano di Mononoke. Quando compaiono le divinità canine, non si esclama 'dei cani', ma 'lupi'. Può darsi che il giapponese dica proprio cani, ma anche qui bisognerebbe conoscere il tipo di sovrapposizione che esiste in giapponese tra cane e lupo. In italiano, i lupi sono certamente canidi, ma in italiano non si usa la parola cane per indicare un lupo, almeno non nel linguaggio corrente, parlato e non scientifico. Magari in giapponese sì, ma qui ci troviamo chiaramente davanti a lupi perché abbiamo le immagini, quindi è corretto usare lupi e anzi cani in italiano potrebbe risultare fuorviante. Capite? La traduzione "esatta" qui sarebbe sbagliata.

Il problema della bestemmia però non è ancora del tutto risolto, dacché anche dio lupo, per quanto meglio di dio cane, non è ancora il massimo, specie se esclamato. Per me sarebbe già passabilissimo, ma abbiamo anche il problema del plurale: "dei lupi" suona male e ambiguo. 'Dei' potrebbe sembrare 'degli', visto che nel parlato è labile il confine tra 'e' aperta e 'e' chiusa, e comunque il pubblico non conosce l'italiano fino a questo punto. Per cui nel vecchio adattamento si aspetta a definire 'dei' i lupi fin quando Moro finisce giù dalla scarpata. A quel punto, quando viene data per morta, Eboshi interviene dicendo che no, è un dio, quindi non basterà così poco per ucciderla. Al termine della scena, tutto il senso originale è veicolato: lo spavento per l'arrivo di lupi spaventosi, il fatto che non siano solo animali ma dei, il fatto che quindi Moro non può essere già morta. Se invece si traduce parola per parola, ci si trova all'inizio con una bestemmia o comunque un'espressione poco chiara, e alla fine con una frase brutta e oscura, ammesso e non concesso che 'quella lì è imperitura' sia italiano accettabile.

Questo per darti un quadro di come lavora un traduttore, il cui obiettivo è sì sempre la maggior fedeltà possibile al testo originale, che tuttavia comprende un'intera galassia di elementi, che spaziano dal senso più o meno immediato alla naturalezza originale, dalla reazione ed emozione che vuole suscitare fino all'urgenza con cui intendeva farlo, per cui ad esempio un grido di allarme non può essere una frase bizzarra da ripetersi 3 volte in testa prima di capirla. Alla fine, bisogna avere il coraggio di fare delle scelte, non oggettive, che tengano tutto questo in considerazione, optando per il tradimento minore. Questa è la nostra professione. Non prendere una parola, cercarla sul vocabolario e rimpiazzarla meccanicamente. Perché questo è esattamente il modo in cui sicuramente andiamo a perdere il 90% del testo originale. A meno che non stiamo traducendo 'the cat is on the table'.
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Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1486 il: 06 Apr 2015, 16:05 »
Ma quelli non sono lupi. Sono cani selvatici.

La differenza è un elemento chiave, centrale, del film.

Essenzialmente, nell'epoca in questione (epoca Muromachi), i giapponesi non avevano ancora la parola per 'lupo' (ookami) e non avevano ancora differenziato quel genus da quello canino.

Significativamente, i 'cani selvatici' sarebbero, da un punto di vista strettamente letterale, i "cani montani". Questi perché, nella nostra semantica, ciò che non è domestico è selvatico, mentre nella semantica giapponese ciò che non è domestico è "montano". Chiaramente questo punto semantico viene dall'orografia di un territorio che esprime la lingua. I gatti selvatici, in Giappone, sono gli 'yamaneko' (gatto montano, letteralmente).

Per 'dio bestia' il discorso è ancora più peculiare.

Il kanji di 'bestia' in 'dio bestia' era quello di 'cervo' (shika), ma Miyazaki l'ha inteso nel suo senso antico, con una DIVERSA pronuncia (shishi), e ci ha tenuto al punto che ha poi soppresso il kanji per lasciare il nome nella sola trascrizione fonetica, ovvero da 鹿神 a シシ神. Il kanji in questione, letto come 'shishi', indicava e indica "le bestie selvatiche, specialmente quelle che danno buona carne, come cervi o cinghiali". E' una denominazione indigena.

Si noti che nel testo figurano anche i termini 'inoshishi' (cinghiale) e 'cervo' (shika), nonché 'belva' (kemono).

Il testo italiano è squisitamente disambiguato e preciso sul giapponese.

Quando sentire dire che Ashitaka cavalca una 'bestia rossa', non è a caso: è lo stesso 'shishi' di 'shishigami', per esempio.

Tutto il testo è puntualmente coordinato sulla terminologia intesa dall'autore. Per ogni concetto chiave, e spesso anche meno che chiave.

Vi incollo qui di seguito il paragrafo di questa area semantica tratto dalla mia "tavola di disambiguazione" per il copione del film:

kemono      belve
shishi      bestie
ikimono      animali
mono      individui, creature

inugami      dei cane
Shishigami      Dio Bestia
yamainu      cane selvatico
inoshishi      cinghiale
inoshishigami   dio cinghiale
saru         scimmia
shojo         orango
shika         cervo
shinigami      dio della morte
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Offline Barbelith

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1487 il: 06 Apr 2015, 16:16 »
Io onestamente non vedo proprio dove sia il problema in dio bestia o cane, onestamente. Soprattutto con l'articolo davanti. I risolini dei subnormali? Ma quelli un motivo per ridere lo troverebbero comunque, mica si può stare dietro a 'ste belinate.

Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1488 il: 06 Apr 2015, 16:22 »
E' il modo dell'umorismo infantile. I bambini ridono per sublimare l'imbarazzo. Quindi se dici 'cacca' loro ridono (ihihihi, ha detto "cacca"!) perché in realtà sono imbarazzati.

Quando questa cosa dura a lungo nell'età adulta è in genere sintomo di un intelletto non particolarmente sviluppato, nel senso proprio del termine.

Si vorrà qui pensare all'abuso del turpiloquio nella nostra comicità televisiva nazional-popolare, vero?

Sì, lo studio dei vari modi dell'umorismo umano è in effetti al crocevia tra estetica (intesa come branca della filosofia), sociologia, e psicologia. ^^
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Offline TremeX

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1489 il: 06 Apr 2015, 17:06 »
Ma togliere dio e mettere spirito. Tanto in giappone mica esiste dio, non sono mica buddisti?


Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1490 il: 06 Apr 2015, 17:11 »
Non è così.

"kami" è proprio il concetto di un dio, di un'entità sovraumana. Kami è anche il dio dei cristiani, in giapponese.

Altro paragrafo di disambiguazione del caso, sempre riferito al copione.

mononoke      spettro
kodama      kodama (spirito degli alberi)
bakemono      mostro
obake         mostruosità
yuurei      fantasma
oni         orco
yasha         demone
sei         spirito
mitama      augusta anima
noroi         maledizione
tatari         malignità/maligno
tatarigami      dio maligno
« Ultima modifica: 06 Apr 2015, 17:46 da Shito »
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Offline TremeX

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1491 il: 06 Apr 2015, 17:24 »
... come nei fumetti. Per noi ci sono solo: i fumetti.

Offline Thar

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1492 il: 06 Apr 2015, 17:42 »
Thar, mi spiace, mi sei simpatico

Grazie, anche tu mi sei simpatico.


ma sono in completo disaccordo su ogni punto :)

Io, invece, figurati che sono in completo disaccordo pure sul carattere e sull’interlinea utilizzati nel tuo post…
 :)

A parte le facezie, essere in disaccordo va bene fintanto che viene espresso in maniera civile.


E non trovo granché convincente la posizione "la cosa è così perché ragionando io arrivo a queste conclusioni", perdona l'antipatica semplificazione.

D’altra parte sei adattatore, semplificare per te è una cosa automaticamente naturale…
 :P :P  :)


Comunque, per amor di precisione, non è che "la cosa è così perché ragionando io arrivo a queste conclusioni", i termini della faccenda sono “osservando la realtà delle cose, ho notato che l’adattamento Buena Vista mi restituisce (a me in quanto spettatore generico, s’intende) l’80% del film di Miyazaki, mentre l’adattamento di Cannarsi me ne restituisce il 95%. Questa differenza è dovuta sia, per lo più, ad una “abitudine”, ad un metodo di adattare figlio del passato, sia ad una certa dose di “autocompiacersi” dell’adattatore che cerca di metterci del suo nelle opere che adatta.
Ora, se questo metodo, diciamo, tradizionale, mi restituisce solo una parte dell’opera originale, mentre utilizzando un metodo meno “ortodosso” si riesce a restituirmene una porzione ben maggiore, perché dovrei negare ciò? Perché non dovrei chiedere che la vecchia metodologia venga (anche in maniera graduale, per carità) abbandonata in favore di una metodologia ben più efficace nel restituire a me spettatore una opera che sia maggiormente aderente a quella che è la forma, la sostanza dell’opera originale?”


Davvero, non mi va di spiattellare titoli o curriculum, ma dopo 40 esami universitari e 15 anni di professione, il tuo buon senso non basta a stravolgere ciò che penso su questa materia.

Perdonami, ma titoli e curricula contano relativamente fino ad un certo punto quando si va ad analizzare “col righello” una qualsiasi cosa derivata per determinarne quanto sia la sua aderenza ad un modello originale dal quale questa derivazione ha origine: l’unica cosa che ha una valenza è, per l’appunto, solo quanto dell’opera originale c’è nella sua localizzazione straniera. E, in questa valutazione, i titoli non sono rilevanti (non nella determinazione del risultato della valutazione, quantomeno).



A un certo punto però ho trovato ironico come, dopo aver sostenuto la correttezza di certi lampanti strafalcioni, mi hai pregato di riformulare una frase in correttissimo italiano. Sembra quasi che certi testi, anche se oggettivamente sbagliati, meritino esegesi e riverenza sacrale. Mentre altri, forse perché sgraditi, si preferisce neppure provare a capirli.

Effettivamente, ho errato io nella costruzione del periodo (a mia discolpa posso dire che eran più di 2 ore che scribacchiavo, rileggevo, correggevo, rileggevo, riscrivevo interi periodo 2-3 anche 4 volte, magari tornando pure indietro su determinate scelte (a mente, ‘che mi dimentico sempre di salvare il testo che vado a correggere/riscrivere) ed ero un pochettino stanco. Chiedo, quindi, le attenuanti generiche ed invoco la clemenza della Corte :)).
Naturalmente quel che significa in italiano l’ho capito (magari giusto la costruzione del periodo era un filo poco lineare (ed è altrettanto ironico che tu, che critichi Cannarsi per come scrive i dialoghi, alla fine abbia utilizzato una costruzione un poco “Cannarsiana” del periodo), solo che non riesco a comprendere dove tu volessi andare a parare introducendo nel discorso un media (il videogioco) che ha in comune con il cinema solamente una parte del “come veicolare un messaggio”.
Né dove tu volessi andare a parare citando il “QA della più piccola agenzia di traduzione, anche solo di videogiochi, anche minori come le avventurine di oggetti nascosti su FB”, visto che il medium utilizzato è, appunto differente e paragonabile solo in limitata parte.



https://youtu.be/BK-rPhmGhmY

Mirabile. Eccezionale. Sopraffino.
Tognazzi, a 0:35, in una sola battuta, riesce a riassumere il busillis, il problema che affligge oggigiorno gran parte del mondo dell’adattamento italiano:
“Si, vabbeh, ma mi pareva brutto”

Sintesi perfetta del problema.
Se per te in quella scena il problema è Tognazzi direi che c'è poco da discutere.

Guarda, onestamente, di tutti gli appunti che la signora eleva al Tognazzi-adattatore, l’unico (forse, vista l’epoca di realizzazione della clip) fuori luogo è l’ultimo (sul “scuotere le mani” in vece di “stringersi le mani”).

Tradure “Come on, boys” come “Sotto, ragazzi” (con “sotto” inteso come “coraggio/avanti”) è sbagliato, visto che:
a) la versione corretta di “Come on Boys” è “Andiamo, ragazzi” se nel contesto originale (che nel film è, purtroppo, ignoto) è usata per incitare un’azione diretta, di moto (esempio un assalto ad una trincea/fortificazione), o “Forza, Ragazzi” se nel contesto originale è utilizzata per incitare ad un’azione maggiormente energica/rapida/incisiva (esempio si devono togliere macerie per salvare delle vite ed il tempo è un discrimine fondamentale per riuscire nel compito ).
b) qualora fosse un testo per un’opera audiovisiva, la versione simil-corretta Coraggio/Avanti proposta dal Tognazzi-adattatore è più lunga del labiale di “Come on, boys” ed andrebbe comunque riscritta.

Sulla parte relativa all’alzabandiera, forse (oggi) sarebbe considerata un eccessivo letterale, ma devi anche considerare l’epoca nella quale è stata realizzata l’opera dalla quale la clip video è tratta (il titolo della clip riporta la data del 1964 come quella dell’opera dalla quale la clip è tratta), quindi i canoni espressivi erano certamente diversi da quelli in uso oggigiorno, c'era maggior attenzione che la forma espressiva rientrasse in canoni rigidi. Contestualizzata all’epoca, il rilievo mosso a Tognazzi-adattatore è plausibile.

Ritornando al discorso sugli adattamenti moderni, si, riaffermo convintamente che la battuta di Tognazzi “si, vabbeh, ma mi pareva brutto” riassume mirabilmente il problema (una certa dose di autocompiacimento personale nei responsabili degli adattamenti, a scapito dei contenuti dell'opera originale) che ancora affligge il mondo dell’adattamento italiano, dai suoi albori* ad oggi***.

Puoi non essere d’accordo, ci mancherebbe.
Ma ciò non toglie che il problema riassunto in quella battuta esiste ed è reale.



*“Werewolf, there castle” (gioco di parole sull'assonanza tra la pronuncia di "were" e "there" per indicare la presenza di qualcosa) reso con “lupo ululì, castello ululà”** (con la necessità di inventare du parole (ululì ed ululà (accentata) che in italiano non esistono, in vece di utilizzare termini esistenti in italiano come “mannaro” e “maniero” e rendere il gioco di parole come “Li mannaro, la maniero” più aderente allo spirito ed alla forma otiginale del testo

**che, per carità, all’epoca della visione di “Frankenstein Jr” ho anche piuttosto apprezzato (gli riconosco pure una certa dose di genialità, a suo modo), ma che in tutta coscienza non posso che giudicare non del tutto efficace nel rendere il senso e lo spirito della battuta originale.



*** “The Dove Keepers” reso come “Il volo della Colomba” certo per avere una maggiore suggestione in base ai canoni stilistici di chi l’ha deciso, in vece del più corretto (ed altrettanto (se non addirittura maggiormente)  suggestivo) “I Custodi delle Colombe”.

« Ultima modifica: 06 Apr 2015, 17:45 da Thar »
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Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1493 il: 06 Apr 2015, 17:51 »
Non ho cliccato link, ma da quel che scrivo debbo dedurre che fecero un film da La vita agra di Bianciardi, con Tognazzi protagonista?

Non so quanto Bianciardi conoscesse l'inglese, ma i suoi discorsi sulla traduzione mi paiono -nel libro- scombiccherati e piagnoni, tipicamente all'italiana.

Del resto, tutto il libro è un piagnisteo da bourgeois-boheme della peggior risma.

E per parlare di ottimi letterati atroci traduttori, avete presente come "traduceva" Elio Vittorini? Ecco.
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Offline Xibal

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1494 il: 06 Apr 2015, 18:06 »
Non è così.

"kami" è proprio il concetto di un dio, di un'entità sovraumana.
Ma non ultraterrena, e il problema è tutto qui.
Per un cristiano il concetto di dio è qualcosa di inassociabile al suo creato, come sottolineato da chi affermava che il suo presunto nome corrisponderebbe a qualcosa che "eleva", mentre il termine "bestia" sarebbe qualcosa che affossa (???), mentre per un giapponese dio e natura sono la stessa identica cosa (non esiste l'incarnazione come favore salvifico di cui essere grati in eterno), e definire una divinità (che non è Una, altro punto focale) bestia o conchiglia o albero non ha e non potrà mai avere valena dispregiativa ma meramente qualificativa dell'ambito di appartenenza/competenza.
Il problema della bestemmia è un problema unicamente legato alla nostra cultura cattolica e alla romanzata etichetta moralistica che vi si sia stratificata sopra, e non c'è verso di risolverlo perchè anche usando il termine "spirito" qualcuno si dovrebbe preoccupare che per un cristiano gli spiriti siano quelli dei defunti o delle potenze angeliche ecc ecc.
Preoccupazione che non dovrebbe sussistere nella maniera più assoluta a mio modo di vedere, perchè l'offrire una traduzione come quella proposta non può che essere uno spunto per approfondire una cultura profondamente diversa dalla propria e comprenderla, altrimenti non ci sarebbe senso alcuno nell' affacciarsi ad essa tramite un qualsiasi veicolo mediatico, per poi pretendere che questo si autodemolisca per adattarsi alle esigenze culturali del luogo d'arrivo...
« Ultima modifica: 06 Apr 2015, 18:12 da Xibal »
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Offline Kiavik

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1495 il: 06 Apr 2015, 18:14 »
Non è così.

"kami" è peopeio il concetto di un dio, di un'entità sovraumana. Kami è anche il dio dei cristiani, in giapponese.

Non è proprio corretto; se vogliono riferirsi a un Dio come quello di una religione monoteista, i giapponesi generalmente usano 神様 (kamisama). Mentre i kami sono... kami, non necessariamente dei in senso stretto ma più entità sovrannaturali che controllano ogni aspetto della vita di un giapponese. Dal mare al sole alla fertilità, ma anche a cose più specifiche come, chessò, cani e gatti.

Ce n'è uno per ogni cosa, quindi, e sono talmente tanti da non poter essere contati; infatti nello shintoismo essi sono definiti 八百万の神 (gli dei innumerevoli). Quindi, tradurre come "Dio Bestia" non è affatto ottimale, perché implica che quello che si vede in mononoke sia chiamato così perché è un dio dalle fattezze di bestia, mentre come tutti i kami è chiamato così perché egli DOMINA gli animali dei boschi, ne é al di sopra. (come per altro si vede nello stesso film)
"Dio delle bestie" quindi andrebbe già meglio, ma visto che la parola giapponese a quanto dici indica espressamente "gli animali che vengono cacciati per la loro carne" la traduzione migliore allora direi che sarebbe "Dio della selvaggina".
Ma mi rendo conto che per un termine che dev'essere ripetuto quelle 30-40 volte all'interno del film, quest'idea non è realistica; quindi, visto che tanto quello che tu proponi è un surrogato del senso originale, perché almeno non cercarne uno che non costituisca un'infelice bestemmia nella lingua di destinazione? Il "Dio Cervo" della vecchia traduzione andava benissimo, visto e considerato che il personaggio ha le fattezze di cervo, e il cervo è da sempre considerato il signore degli animali dei boschi (e Miyazaki sembra concordare, visto il kanji che aveva utilizzato inizialmente) quindi il senso dell'originale è veicolato tanto quanto in "Dio Bestia".
Se Neil Gaiman all'epoca usò Deer God e in Ghibli gliel'approvarono ci sarà un motivo, no?

Offline Xibal

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1496 il: 06 Apr 2015, 18:24 »
"Dio delle bestie" quindi andrebbe già meglio, ma visto che la parola giapponese a quanto dici indica espressamente "gli animali che vengono cacciati per la loro carne" la traduzione migliore allora direi che sarebbe "Dio della selvaggina".
Non sono d'accordo, usare il termine "Dio delle bestie" indicherebbe un dio che ha potere sulle bestie, il che si verifica anche nei pantheon occidentali con divinità del tutto antropomorfe (per ragioni culturali su cui non stiamo a dilungarci), mentre nella cultura giapponese è fondamentale l'identità tra l'entità sovrannaturale e la forma terrena per sancirne la natura, che nella nostra cultura è intercambiabile (le divinità antropomorfe assumono le sembianze che vogliono per ragioni di comodo), mentre nella loro esprime, in maniera quasi del tutto dicotomica, una funzione che non è alienabile ma esprime l'origine.
Idem dicasi per "Dio Cervo", assume una specificità che andrebbe a configurarsi come un mero dettaglio visivo (un dio dall'aspetto di cervo), quando in realtà si parla appunto del regno delle bestie selvatiche in generale, e quindi direi che dio bestia sia la forma migliore.
Che possa suonare come una bestemmia è un problema su cui concordo che ci dovremmo interrogare seriamente perchè sarebbe un indicatore che "quà c'è gross' crisi"...
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Offline Kiavik

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1497 il: 06 Apr 2015, 18:26 »
Non sono d'accordo, usare il termine "Dio delle bestie" indicherebbe un dio che ha potere sulle bestie

Ehm... no, perché?

Offline Thar

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1498 il: 06 Apr 2015, 18:26 »
Non è così.

"kami" è proprio il concetto di un dio, di un'entità sovraumana.
Ma non ultraterrena, e il problema è tutto qui.
Per un cristiano il concetto di dio è qualcosa di inassociabile al suo creato, come sottolineato da chi affermava che il suo presunto nome corrisponderebbe a qualcosa che "eleva", mentre il termine "bestia" sarebbe qualcosa che affossa (???), mentre per un giapponese dio e natura sono la stessa identica cosa (non esiste l'incarnazione come favore salvifico di cui essere grati in eterno), e definire una divinità (che non è Una, altro punto focale) bestia o conchiglia o albero non ha e non potrà mai avere valena dispregiativa ma meramente qualificativa dell'ambito di appartenenza/competenza.
Il problema della bestemmia è un problema unicamente legato alla nostra cultura cattolica e alla romanzata etichetta moralistica che vi si sia stratificata sopra, e non c'è verso di risolverlo perchè anche usando il termine "spirito" qualcuno si dovrebbe preoccupare che per un cristiano gli spiriti siano quelli dei defunti o delle potenze angeliche ecc ecc.
Preoccupazione che non dovrebbe sussistere nella maniera più assoluta a mio modo di vedere, perchè l'offrire una traduzione come quella proposta non può che essere uno spunto per approfondire una cultura profondamente diversa dalla propria e comprenderla, altrimenti non ci sarebbe senso alcuno nell' affacciarsi ad essa tramite un qualsiasi veicolo mediatico, per poi pretendere che questo si autodemolisca per adattarsi alle esigenze culturali del luogo d'arrivo...


Tra l'altro, neanche  a farlo apposta, a supporto di quanto scritto, nel topic di Bloodborn un utente ha appena chiamato un nemico "il dio cane" e nessuno si è lamentato della (possibile) bestemmia o ha postato faccine a sottolineare l'ilarità della definizione utilizzata.
Il giusto è giusto, anche se tutti gli sono contrari; è lo sbagliato è sbagliato, anche se tutti sono per esso.
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Offline Thar

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1499 il: 06 Apr 2015, 18:36 »
Il "Dio Cervo" della vecchia traduzione andava benissimo, visto e considerato che il personaggio ha le fattezze di cervo, e il cervo è da sempre considerato il signore degli animali dei boschi (e Miyazaki sembra concordare, visto il kanji che aveva utilizzato inizialmente) quindi il senso dell'originale è veicolato tanto quanto in "Dio Bestia".
Se Neil Gaiman all'epoca usò Deer God e in Ghibli gliel'approvarono ci sarà un motivo, no?

Mmmmm, direi che questo (http://s87.photobucket.com/user/gaikotsu_/media/shishi-gami-mononoke.jpg.html) non ha le fattezze di cervo: ne ha alcune caratteristiche, certo, ma non sono bastanti a definirlo "cervo" più di quanto non siano bastanti per definirlo "stambecco", "bufalo" o "corallo".



P.S.: scusate il doppio post, li volevo unire in uno solo ma ho premuto per errore invia post.
Gomen (tanto per rimanere in tema).
« Ultima modifica: 06 Apr 2015, 18:38 da Thar »
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