The Last Winter (2006) di Larry Fessenden
Raffinato cinema del terrore per coloro che ancora credono che il genere horror non è solo quello catatonico dei remake o quello "for dummies" dei teen sequel, popolato viepiù da redneck o morti viventi.
Qualcosa di ignoto si annida nel permafrost dell'Alaska e, forse a causa del riscaldamento globale o forse per chissà quale altro imprecisato motivo, sembra ora essersi sottratto dai ghiacci secolari che lo ibernavano in quella landa sottozero. Memore della ben nota situazione carpenteriana de La Cosa, ma tralasciando parzialmente la sua tematica action d'assedio, Fessenden (Wendigo) anima una vicenda che vede coinvolto un eterogeneo gruppo di ricercatori (tra cui Ron Perlman) alle prese con una minaccia straniera, intravista, udibile ma impalpabile che mano a mano li ghermisce uno dopo l'altro, prima nello spirito minandone i rapporti interpersonali e poi aggredendo la carne. Una narrazione senza strepitii diretta con polso cinematografico, rotta tuttavia da improvvisi sbocchi nel genere, perfetta rilettura in chiave moderna dei classici film d'invasione anni 50 e 60.
Un eco-revenge soffuso e solitario che rifiuta i colpi di scena che mascherano il vuoto pneumatico di troppe pellicole dell'orrore odierne, che rifugge spiegazioni assortite e che nonostante gli ammonimenti qua e là disseminati non ha la stolta ambizione filoambientalista e la scolastica alfabetizzazione terroristica di The Happening di Shyamalan.
Una ripresa desolata degli spazi abbandonati e annullamento del caos urbano che diventa infine una rappresentazione dell'essere umano solo con se stesso, civiltà egoista spogliata degli altri.