Autore Topic: Studio Ghibli  (Letto 404806 volte)

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Offline Wis

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1455 il: 05 Apr 2015, 12:47 »
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Offline Gaissel

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1456 il: 05 Apr 2015, 17:35 »
https://youtu.be/BK-rPhmGhmY
Grandissimo.

Bianciardi ha dato una vitalità straordinaria a Miller. Come anche Levi con Kafka. Quelli erano grandi traduttori, che mettevano tutta la loro sensibilità letteraria al servizio del sentimento originale, senza lasciarsi spaventare dallo spauracchio del senso letterale.
Onorando al meglio la lingua di origine nell'atto inevitabile di tradirla.
Il mio Yearbook 2022 - 2021 - 2020 - 2019 I miei Awards 2018
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Offline Cryu

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1457 il: 05 Apr 2015, 19:20 »
Ho letto ora il post di Cryu. Lol, allora mi tengo il Mononoke vecchio?
Se prometti di non ridere ti svelo come ho deciso di vederlo io alla fine.
"non e' neppure fan-art, e' uno screenshot di un gioco, ci sono mesi e mesi di sudore di artisti VS uno scatto con un filtro instagram sopra."
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Offline atchoo

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1458 il: 05 Apr 2015, 19:22 »
Io me le sono fatte e mi sono dato una risposta.

Beh, hai fatto bene, cosa ti devo dire? ^_^'

Sul forum che ho indicato Cannarsi ha sempre tenuto dei "diari di adattamento" per tutti i film Ghibli che ha curato (o, almeno, lo ha fatto finché lo bazzicavo io), dove entrava nel particolare anche di ogni singola frase.
Magari, leggendoli, potete farvi un'idea più completa*, che vada al di là dell'italiano desueto/strano/"sbagliato" dei film che avete visto e delle sue risposte a commenti in giro per la rete.

* più completa, eh, non dico che la cambierete! :)

Offline Account_191220

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1459 il: 05 Apr 2015, 19:51 »
Però vedi Atchoo, io pago il biglietto e mi trovo davanti dei bambini che parlano come degli psicopatici e con frasi dalla struttura, a voler essere gentili "bizzarra". Non devo sapere i perché ed i per come, semplicemente quell'adattamento lo trovo non consono al livello dell'opera. Sbagliato tanto quanto i precedenti me per ragioni opposte. Poi non discuto la competenza del traduttore o la sua buonissima fede, ma quegli adattamenti cinematografici sono brutti da sentire e dubito che in originale sortiscano lo stesso effetto. È un adattamento del genere dovrebbe essere per gente che non conosce questi retroscena, dovrebbe essere trasparente mentre invece per tutto il tempo è un continuo "ammiccare". Se inserisci "Dio cane" in un film per l'Italia sarai sicuramente un buon traduttore ma un adattatore terrificante.

Offline atchoo

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1460 il: 05 Apr 2015, 20:00 »
Guarda, in quel forum ci ho passato diversi anni, ero pure tra i moderatori, puoi immaginarti le infinite discussioni sugli adattamenti (certe volte anche su una singola parola!) alle quali ho assistito! :)
Io l'ho suggerito a Wis perché mi sembrava volesse proprio approfondire le motivazioni di certe scelte. Del resto si è letto qualche migliaio di caratteri di commenti, penso non sia un problema farlo anche con i diari.

Offline Wis

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1461 il: 05 Apr 2015, 20:02 »
* più completa, eh, non dico che la cambierete! :)
Ma li ho letti. Per alcune cose è convincente, per altre mette dinanzi a tutto la sua idea che prevede che una lingua straniera suoni "strana" e su questo c'è poco da convincersi.
Visti i risultati o si apprezza o si schifa, non può esistere la via di mezzo perché quello che esce applicando questa politica è troppo particolare.
Questo al netto di risultati come Mononoke, che a detta di Cryu sembrerebbe mostruoso da qualunque parte lo si voglia guardare.
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Offline The Fool

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1462 il: 05 Apr 2015, 20:09 »
Per quel che riguarda dio cane e dio bestia: qui in Toscana la gente al cinema rideva o sghignazzava o celava un certo imbarazzo. E non perché siamo delle "bestie", ma solo perché in italiano "dio cane" e "dio bestia" sono proprio delle bestemmie e quindi, semplicemente, non è buon senso adattare in questo modo.
Se stai a vedere la gente che ride al cinema stai fresco. La gente rideva pure durante L'Esorcista. Io da ragazzino al cinema facevo casino 9 volte su 10

Dio cane non è una bestemmia: PUÒ ESSERE una bestemmia. Dipende dal contesto.
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Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1463 il: 05 Apr 2015, 20:47 »
Salve di nuovo a tutti,

un vostro collega mi ha cortesemente ri-segnalato il thread, facendomi sapere che la discussione sul merito degli adattamenti si era ravvivata, così sono tornato a leggervi.

Scorciando le ultime cinque pagine, direi che il dialogo è andato dipanandosi con genuino interesse e interventi reali (ovvero: volti a un reale confronto di opinioni). Qualcuno ha anche scritto che avrebbe gradito un mio intervento diretto, e ringrazio per la considerazione che mi si riserva.

Invero, l'argomento è stato trattato a lungo e reiteratamente.

A volte meglio, a volte peggio. Le volte peggiori sono quando sono indotto alla difesa, alla contro-argomentazione  di critiche pretestuose. Ne trovate un fulgido esempio qui:

http://www.studioghibli.org/forum/viewtopic.php?f=21&t=3672

dove l'utente Blefaro, pur nascondendosi dietro un'affettata cortesia, continua a reiterare critiche che, una volta smontate, abbandona senza colpo ferire per passare a un altro "sentito dire", ovvero dimostrando di non aver spesso neppure visionato quello che critica.

Chiaramente, rispondere a un simile genere di critiche è estenuante e anche noioso, ma mi sento chiamato a farlo per il bene di ogni lettore di sorta. Non è giusto far passare la menzogna, la mistificazione, sotto silenzio.

Qui il dialogo veleggia, come dicevo, su ben altri livelli. Qui direi che si parla per capirsi. Indi, vi SCONSIGLIO la lettura del thread che ho linkato sopra per mera esemplificazione. Invero, qualche spunto sul merito preciso di casi vari pure ve lo si ritrova, quindi magari affrontate il thread giusto se proprio soffrite di un'insonnia cronica. ^^

Di seguito invece tre link più validi:

------

1) un'intervista audio che mi venne fatta ai tempi della ri-uscita di Mononoke. L'intervistato è intelligente e colto, non fa prosopopea, va al cuore della faccenda sia sul piano generale che su quello particolare, sino all'esemplificazione concreta.

http://querty.it/podcast/gualtiero-cannarsi-e-ladattamento-dei-film-di-miyazaki-ricciotto-71

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2) Un thread da me stesso principiato partendo dalla riconsiderazione PUNTUALE dei copioni di Laputa, vecchio (BV) e nuovo (LR) entrambi a mia firma.

http://www.studioghibli.org/forum/viewtopic.php?f=21&t=3785

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3) un'intervista testuale molto recente (di ieri, tipo) specificatamente sul merito del doppiaggio in Italia:

http://www.cinefile.biz/il-doppiaggio-intervista-a-gualtiero-cannarsi

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Penso che la questione sia eviscerata in maniera piuttosto esaustiva in quei luoghi. Anche il link che avete proposto voi stessi ai commenti dell'articolo di Animeclick era valido, direi, perché l'interlocutore era un po' malizioso nel far finta di non capire, forse, ma intelligente e serio senza dubbio.

La questione che i più sembrano voler non capire è che una volta che si AMMETTE la possibilità di DIVERGERE dall'originalità dell'opera che si traduce/adatta/doppia, ovvero nel momento in cui si deroga da un criterio obiettivo/oggettivo quale "la maggiore fedeltà possibile", si introduce una variabile pazza perché soggettiva: il "bello", il "gusto", ovvero il "bello per me". Una volta fatto ciò, tutto è legittimabile, perché il criterio introdotto non trova un limite obiettivo: ciascuno porrà, sempre a proprio gusto, un diverso limite alla tolleranza di alterazione. Quindi si passerà da una cosa davvero lieve, come -che so- mettere un "mamma" invece di "mammina" per "okaachan" (che *è* un diminutivo vezzeggiativo, lo è *obiettivamente* e non si scappa), dico da lì si arriverà in un sol balzo a giustificare 'C1P8' al poato di 'R2D2' perché 'ciunopiotto' assomiglia a gianni-e-pinotto è fa ridere - è un caso reale, vergognosamente reale.

No, signori, non levate gli scudi: capite la questione. La questione è ontologica. L'ortodossia o è ortodossa, o non esiste.

Le persone sensate invocano un aureo "giusto mezzo", ma chi decide dove porlo? Una volta che il gusto è sovrano, il re è nudo e pazzo. Si fanno scelte che piaceranno ad alcuni, ad altri no, ma saranno SEMPRE INDIFENDIBILI, perché INFONDATE, ovvero fondate su qualcosa di insignificante., il gusto di un singolo che non è l'autore dell'opera su cui si opera.

Si capisce quindi che questo "giusto mezzo" altro non è che un vessillo vuoto sbandierato per comodo, sotto la cui asta non si cela altro che la più vecchia delle verità del consumatore: "vorrei tutto fatto come piace a me, e il modo in cui piace a me lo chiamo giusto".

Signori, non va bene.

Non è per questo tipo di pubblico che opero, benché taluni credano -io dico scioccamente- che questo tipo di pubblico debba essere compiaciuto per il bene cella riuscita economica del prodotto. Io lavoro principalmente per due soggetti ideali:

1) l'opera in sé

2) la parte del pubblico realmente interessata e desiderosa di conoscere quell'opera, nella sua verità.

Di seguito, per chiarire spero meglio che mai non solo le ragioni, ma anche i lineamenti del mio operato, cercherò di enucleare ancora una volta i punti cardini della questione, nel modo più *analitico* possibile.

-----------

1) Distinguere i fatti dalle opinioni

Quando si opera su un testo altrui, è importantissimo in primo luogo distinguere i dati obiettivi, ovvero le realtà oggettive valide per tutti, e indi incontestabili, dalle opinioni relative, ovvero giudizi soggettivi validi per il singolo soggetto che li emette, o per chi liberamente concorda.

Quindi i dualismi sono:

fatto | opinione
obiettivo | relativo
oggettivo | soggettivo

si dice in genere che "dei gusti non si discute". E' un'idiozia. Ciò di cui non si discute sono i fatti. I fatti non si discutono: si statuiscono, si documentano, si verificano. E non se ne discute, non sono terreno d'opinione. Dei gusti si discute, perché è proprio il relativo che può essere motivato, spiegato, illustrato, eccetera.

Come si vedrà in seguito, sarà mia attenzione distinguere sempre i due ambiti oggettivo/relativo, anche quando si presentano casi 'misti' (casi con una componente oggettiva e una soggettiva).

2) Lingua corretta e non corretta

Cosa sia 'italiano corretto' non lo decide Gualtiero Cannarsi, né i frequentatori di un forum, né un blogger. Il giudizio di 'correttezza linguistica' è quanto più obiettivo, perché si fonda sul corretto uso della morfosintassi della lingua italiana, per come esposto da testi metalinguistici quali grammatiche e dizionari. Ce ne sono vari, di varia rilevanza e autorevolezza, e il loro controllo incrociato è altresì possibile.

Allo stesso modo, cosa significhi una parola non è una questione di gusto, è un dato obiettivo. Anch'esso statuito da fonti nazionali.

Allo stesso modo, cosa sia arcaismo, cosa sia regionalismo, cosa sia desueto oppure no, non può deciderlo il singolo: sono tutti dati obiettivi  riportati dai dizionari nazionali.

3) Lingua usuale e inusuale

Quanto detto sopra riporta all'annosa questione dell'uso della lingua 'inusuale', 'strana', 'colta', o 'ricercata'. Prima ancora di argomentare sull'OPPORTUNITA' di un tale uso, torno a ripetere che simili giudizi sono soggettivi. Chi decide cosa sia l'italiano nazionale? chi può dire "questo non lo dice nessuno"? Non è possibile condurre una seria indagine statistica su scala nazionale. In realtà, chi muove simili critiche sta in genere dando per scontato di avere certamente in testa l'italiano nazionale standard, e questa è una convinzione chiaramente ridicola. Perché ogni singolo è solo un singolo frutto della sua singola vita, e così l'italiano che ha in testa ne sarà la peculiare espressione percettiva.


4) la fandonia della "traduzione letterale"

La traduzione letterale non esiste. E' un fantasma che vi veniva agitato dinanzi agli occhi da delle probabilmente mediocri maestre di inglese o francese o soprattutto latino e greco ai tempi della scuola. NON SI PUO' tradurre "letteralmente", perché il risultato sarebbe SGRAMMATICATO nella lingua d'arrivo. Per favore, siamo seri. Se si vuol criticare, bene, lo si faccia per davvero, non per vacui cliché.

Chi mi taccia di "ricalcare la forma sintattica giapponese", forse avendo letto questo da qualche parte in rete, chiaramente non conosce la struttura sintattica del giapponese e non sa quello che dice. Cose quali la dislocazione del soggetto a destra (E' buonissimo, questo gelato!), la segmentazione delle frasi (Non la voglio, la medicina!) e simili sono corrette strutture della sintassi italiana in normale uso nel parlato (dialogo) più che nello scritto. Se inizierete a farci caso, vi renderete conto di quanto le usiate anche voi - in genere a questo punto quoto frasi con dislocazioni nei post sopra al mio, ma questa volta eviterò di farlo, lasciando a voi stessi il compito di capacitarvene.

In ogni caso, non è italiano scrivere: "Io la strega Kiki sono. Qui il gatto nero Jiji c'è. Molto piacere." Non troverete frasi simili in un testo da me adattato. Quindi davvero, critichiamo a ragione veduta, non a caso.


5) Presumere che "per i nativi sarà di certo tutto semplice"

E' una cosa davvero comoda, comoda quanto sciocca, che ho letto e sentito fare tante volte. E ogni volta mi chiedo: in base a cosa si presume ciò? Probabilmente le persone hanno nella testa delle idee aprioristiche sulle opere che sentono dovrebbero piacergli, prima ancora di conoscerle. Ma la realtà è altra cosa. La realtà è che ogni volta che adatto un film dello Studio Ghibli e magari affronto una frase particolare trovo forum giapponesi e pagine di Yahoo Answer giapponesi con dei giapponesi che si chiedono "che cosa significa questo?" Miyazaki Hayao fa le cose come vuole lui, e questo include miscelare quel che vuole nel modo in cui vuole. In Mononoke Hime c'è giapponese anticheggiante, dialetto di Tottori, frasi iperdrammatiche di estrazione shakespeariana, tutto mischiato. Ci sono cose deliberatamente oscure, come per esempio il rapporto di fratellanza NON reale tra Ashitaka e Kaya. Voglio dire, nel "the making of" del film si vede chiaramente che I DOPPIATORI GIAPPONESI avevano capito che fossero davvero fratello e sorella MENTRE DOPPIAVANO la scena. Mi spiego? Non pensate che "eeeeh, Cannarsi ha lasciato 'sommo fratello' ma così sembra che siano fratello e sorella, di certo in giapponese era tutto chiaro". Tutto chiaro un corno, questa è una presunzione basata sul nulla e SCONFESSATA DALLA REALTA'. Infatti è tutto il contrario. A Miyazaki non è che interessi essere chiaro, o essere semplice. A lui interessa fare le cose come vuole lui, il che include inventarsi parole e usarle senza spiegarle affatto, ridefinirne altre e quant'altro, a suo piacimento. Takahata, a suo modo, è anche peggio.

6) Film per bambini e film per adulti

Cosa sia inteso per adulti e cosa per bambini non lo decide il pubblico. Lo decide l'autore, ed E' SCRITTO NEL PROGETTO di ciascun film. E' chiaro, si parla di 'target'. Il target di Nausicaa erano gli adolescenti. Il target di Laputa erano i bimbi di quarta elementare. Per Mononoke Miyazaki ha proprio detto 'non è un film per bambini, non è necessario che i bambini lo vedano'. Non di meno, in un film come Sen to Chihiro, rivolto alle bambine di dieci-dodici anni, Miyazaki ha messo lo 'scongiuro' che si faceva negli Anni Senssante, e la bimba giapponese che doppia Chihiro NON CAPIVA COSA FOSSE, e nel The making of vediamo il direttore di doppiaggio che dice a Miyazaki: "signor regista, nessuna bambina di oggi potrebbe sapere di cosa si tratta", e non è che Miyazaki faccia una piega: non gliene importa nulla.

Ancora una volta: Miyazaki, come ogni regista, fa il film che vuole lui come vuole lui. Non come il pubblico si aspetterebbe che fossero.


7) Compiti e limiti di traduzione e adattamento

Il compito di un adattamento linguistico NON e' quello di "far piacere il film" al pubblico straniero.

Il compito di un adattamento linguistico è quello di FAR CAPIRE un'opera al pubblico straniero.

Far capire un'opera NON significa spiegarla, glossarla, semplificarla.

Significa solo TRASPORLA nella propria lingua, MINIMIZZANDONE le alterazioni necessarie al processo.

La cifra non solo stilistica, ma anche culturale, NON SI TRADUCE.

Tradurre un'opera NON significa 'traslarla'.

Un film giapponese tradotto in italiano NON E' un film italiano, e non è neppure "quel film come se l'avessero fatto in Italia".

Diamine, una traduzione non è una cover, eh!

Una traduzione è una traduzione.

Quindi, se in Giappone quando si chiede e si ottiene un favore (Mi passi il sale?) invece di ringraziare ci si scusa, dicendo 'perdono', NON E' che si debba mettere al posto 'grazie'. Perché grazie in giapponese IS PUO' DIRE, e si dice in UN ALTRO MODO. Lo si dice quando si ricevew un regalo. Ma quando di chiede e ottiene un favore ci si scusa. Quindi?

Quindi i casi sono due:

O un italiano guarda un film giapponese, vede che il padre a tavola si scusa che con la figlia che gli passa il sale e IMPARA che in Giappone funziona così,

oppure va a vedersi un film italiano.

Vanno bene entrambe le cose. :-)

Ma NON PUO' pretendere che dei giapponesi, in un film giapponese, si comportino e parlino 'da italiani': NON LO SONO!

E questo ci porta a:

8) In italiano non significa italiano: traduzione e trasposizione

Se un testo è scritto in italiano corretto (dato oggettivo) E' in italiano corretto.

Se quell'italiano corretto è un italiano corretto che fittiziamente traduce un'altra lingua sarà dunque_

naturale
ovvio
giusto

che quell'italiano NON suoni 'naturale' come l'italiano di persone italiane: NON LO E'.

Quella è la LINGUA ITALIANA usata per rendere l'espressione di un'altra lingua.

E lo scopo di questa lingua italiana (corretta) è IN PRIMIS rendere FEDELMENTE e PRECISAMENTE la lingua straniera d'origine.

Perché si tratta di una TRADUZIONE.

Una traduzione non significa: "capisci l'originale e ri-espirmi lo stesso concetto con parole tue".

Traduzione significa TRASPORRE IL TESTO REALE da una lingua a un'altra.

E come si opera ciò?


9) Oggettivazione delle scelte stilistiche

Anche quando si compiono delle scelte stilistiche, su OGNI SINGOLO TERMINE, esse devono FONDARSI su dati obiettivi.

Ashitaka è l'unico personaggio in tutto Mononoke Hime ha usare il termine 'shoujo'. Altri uano 'ko', 'musume' o sinonimi. Ashitalka dice 'shoujo' perché è un termine più delicato ed elegante, e Ashitaka è caratterizzato come il buon selvaggio della perduta civiltà indigena Emishi. Quindi solo lui dirà 'fanciulla' (shoujo), e altri diranno ragazza, eccetera. Ma gli anziani emishi usano addirittura 'otome', che è un termine quantopiù letterario, fa pensare subito alle vergini sacrificali delle mukashibanashi (racconti antichi), quindi 'otome' e solo 'otome' diventa 'donzelle', o sarebbe potuto diventare 'pulzelle', per intenderci.

Anche nelle scelte sinonimali c'è una logica, e la logica deve basarsi sui dati obiettivi delle lingue e dell'operain questione.

NON SI FANNO SCELTE A GUSTO, OVVERO A CASO.

E questo vale per le parole, tutte, per le frasi, tutte, per ogni singola scelta di resa su contenuto e forma di ogni battuta di ogni opera.

Inoltre:


10) La sovrapposizione stilistica

Non è possibile sovraimporre uno stile scelto aprioristicamente per un'opera solo perché ce ne facciamo un'idea. Ripeto: in Mononoke Hime Miyazaki mischia lingua letteraria e dialetto. Tant'è. Non è affar mio perché l'abbia fatto. L'ha fatto. L'opera esiste per quella che E', nella sua REALTA', e per quella che è va tradotta. Ogni battuta, ogni parola.

Se Eboshi dice "aitsu ha fujimi da!", sta usando un costrutto spiccio, non elevato, con un pronome piuttosto rude 'aitsu' e poi un termine particolare come 'fushimi', quindi dice proprio "quella lì è imperitura".

Io non so se questa cosa suoni ridicola o meno alle orecchie di chi o come, ma non mi riguarda.

Davvero non devo semplificare, 'abbellire', cambiare nulla.

Devo solo presentarvi i film su cui opero per quello che sono.

Se poi non vi piacciono, va benone lo stesso.

Almeno saprete che quei film non vi piacciono, ma per davvero.





« Ultima modifica: 05 Apr 2015, 21:16 da Shito »
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Offline Ifride

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1464 il: 05 Apr 2015, 21:09 »
Grazie molte Shito per il tuo interessantissimo intervento. Anche perchè mi confermi (almeno tu) come non è possibile relativizzare la qualunque.  :)
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Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1465 il: 05 Apr 2015, 21:17 »
Ricordo inoltre che in tutto l'adattamento di Mononoke Hime non figura mai una cosa come:

Dio cane!

Figura una cosa come:

"sono gli dei cane!"

Che è ben diverso.

Anche il Dio Bestia è riferito come IL Dio Bestia, non come un'interiezione o un modo per inveire.

:-)
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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1466 il: 05 Apr 2015, 23:10 »
Ahahah, C1P8 è ridicolo sul serio. Ma di che cosa stiamo parlando? Ma chi è C1P8? Che poi non sono neanche stati in grado di mettere la preposizione articolata corretta davanti alla parola "jedi". Per non parlare della traduzione del titolo Empire Strikes Back. Un disastro totale. C'abbiamo i migliori doppiatori e i peggiori adattatori. Ogni volta che guardo un film in lingua originale trovo frasi inventate. Sistematico.

Che poi è il solito discorso dei pro e dei contro: da una parte mettono tanta passione e doppiano bene, dall'altra mettendo tanta passione tendono al protagonismo e quindi alterano il testo per narcisismo eccetera. Altri paesi hanno magari adattatori più fedeli ma doppiatori di merda. Provate a sentire il doppiaggio americano di Dragon Ball, tanto per restare sui cartoni. Sarà fedele? Non lo so, ma di sicuro recitano malissimo.

Per quanto riguarda Hotaru no Haka: ho visto un'intervista proprio di Shito in cui diceva che al cinema Totoro e Hotaru no Haka sono stati proiettati insieme e che la gente li ha visti con un unico biglietto, e che l'ordine di proiezione era casuale. Quindi un bambino di 10 anni poteva entrare e papparsi prima Hotaru no Haka e poi Totoro. Per questo dicevo che anche Hotaru no Haka per quanto possa essere crudo è un film per bambini.

Per quanto riguarda "dio bestia": come immaginavo, solite critiche a muzzo senza fondamento.
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Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1467 il: 05 Apr 2015, 23:20 »
Hotaru no Haka ha un target un po' più adulto di Tonari no Totoro.

Tonari no Totoro è un film per bambini delle elementari, e Miyasan sperava che anche i genitori che li avessero accompagnati al cinema si sarebbero potuti divertire.

Hotaru no Haka è tratto da un romanzo considerato 'letteratura colta' in Giappone (lì si distingue molto tra letteratura colta e letteratura popolare, sono circuiti diversi), ed è un film 'per tutti' che Takahata immaginava diretto soprattutto agli adolescenti dell'età di Seita (14 anni).

Questo per essere precisi. :-)
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Offline Thar

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1468 il: 06 Apr 2015, 00:12 »
Premessa: ho scritto questa mia replica prima di poter leggere quella di Shito (e non l’ho ancora letta, tralaltro), quindi mi scuso se ci saranno ripetizioni di qualcosa a cui ha già replicato Shito nella sua risposta, ma sento di dovere una risposta a Cryu che è stato così cortese da soddisfare una mia curiosità.

Inoltre, oltre a scusarmi per eventuali slati/errori di battitura (ho fatto il possibile per evitarli, giuro), mi scuso per l'immane wall of text, ma quando han distribuito il dono della sintesi si son dimenticati di avvertirmi.... :P :P ;D ;D ;D


Primo. Non è vero che questo sia italiano corretto ed è sbagliato mandare in vacca la discussione appellandosi alla soggettività, ai gusti, all'abitudine, alla fedeltà, alla conoscenza del giapponese.

Visto che il distinguo tra oggettivo e soggettivo l’ho tirato recentemente in ballo io, suppongo sia riferita principalmente a me questa parte della tua replica.

Innanzitutto, non è un tentativo di mandare in vacca la discussione (sarebbe un ben strano tentativo di deragliamento farlo scrivendo centinaia, migliaia di caratteri per argomentare le mie posizioni quando sarebbero bastate poche parole espresse in tono sardonico).
Secondariamente, il relativizzare è uno dei punti focali sui quali si deve basare un traduttore nel realizzare la localizzazione di un’opera straniera.
Chi è responsabile della localizzazione di un’opera straniera deve essere in grado di distinguere ciò che è oggettivo (il testo originale colle sue precise scelte stilistiche autoriali) da quel che è soggettivo (quello che io ritengo debba essere la riscrittura del testo in una forma che, in base a dei criteri essenzialmente miei e di nessun altro, ritengo giusta e corretta anche se annulla le decisioni, le scelte dell’autore originale), in modo tale che le sue convinzioni personali, il suo “gusto estetico in fatto di forma espressiva” non ne condizionino le scelte e non vadano minimamente ad alterare il testo ove non sia tecnicamente necessario, inficiando il lavoro che sta eseguendo.

Un testo in italiano dev'essere in italiano corretto. Punto. E non è italiano corretto tenere un registro incostante. Non può lo stesso personaggio, nella stessa epoca, nella stessa situazione, nella stessa frase, parlare per metà come un moderno liceale svogliato e per metà come Amleto.

SE il personaggio originale, per precisa scelta dell’autore, tiene un registro incostante, parlando per metà come un moderno liceale e per l’altra metà come Amleto, è preciso compito (anzi, direi dovere) del responsabile dell’adattamento mantenere questa peculiarità di quel personaggio.
Anche in virtù del fatto che l’adattatore, non avendo partecipato al processo creativo, non è in grado di stabilire se quello che a lui PARE in errore lo sia oggettivamente.


Non sono italiano corretto frasi come "Deve di certo trovarsi qui da un lungo, lunghissimo tempo passato" (Totoro). Perché o si trova qui da un lunghissimo tempo (stilisticamente inaccettabile, oggettivamente brutto, ma corretto) o si trova qui da un tempo passato (laddove tempo indica un'epoca e non una durata).

E’ italiano corrente, anche se non è italiano volgarmente parlato.


Non è italiano (battuta finale del film) "Arrietty, tu sei diventata una parte del mio cuore. Non ti dimenticherò. Per sempre." Perché in italiano si dice "non ti dimenticherò mai" oppure "ti ricorderò per sempre". Se ti serve allungare la battuta per il labiale: "Non ti dimenticherò. Mai e poi mai". Quando un film, che personalmente neanche amo, ma comunque delicato come Arrietty, si conclude con un errore di italiano, cosa ti rimane di quel film? Arrietty, Kiki, Mononoke. Di film rovinati, si sta parlando. Arrietty e Kiki solo parzialmente, Mononoke distrutto.

No.
Anche in italiano si dice “Non ti dimenticherò. Per sempre” quando si vuole dare enfasi alla frase, creare un momento particolarmente sentimentale o creare dell'empatia nello spettatore.
Rispettare le scelte autoriali di chi l’opera ha creato è compito principe dell’adattatore, non il sostituirle con altre, a suo gusto, giudicate “migliori” o “più adatte”.


Secondo. Se una cosa non è oggettiva o misurabile con il righello, come lo stile, non significa che sia del tutto soggettiva. Come non è misurabile la bellezza di un film d'animazione, ma di sicuro un Ghibli qualsiasi è più bello del Dreamworks medio.

Se lo stile non è misurabile, sarebbe allora corretto lasciare il tutto nello stile deciso dall’autore originale, e non cambiarlo con uno deciso in base ai propri canoni personali, visto che mancherebbe una qualsiasi motivazione oggettiva (quindi valida secondo criteri logici) per sostenere la necessità del cambiamento effettuato sul testo originale.


Ora, anche il QA della più piccola agenzia di traduzione, anche solo di videogiochi, anche minori come le avventurine di oggetti nascosti su FB, bollerebbe come Major Style Mistake il 70% delle battute di Mononoke decretando per appena una o due di queste il fallimento del test preliminare a una piccola collaborazione per quattro soldi.

Francamente, qui ho faticato parecchio a comprendere il senso di questo periodo (e continua a sfuggirmi), quindi non so come risponderti, mi spiace.

Se tu volessi, gentilmente, riformulre il periodo in maniera un poco più chiara te ne sarei garto immensamente.


Ci si domanda come sia possibile che una casa di distribuzione come Lucky Red non operi nessun controllo qualità, riunendo altresì in una sola figura ruoli tradizionalmente (e necessariamente) diversi come traduttore, revisore e adattatore/direttore del doppiaggio.

Beh, nell’ambito anime questa prassi è piuttosto comune, in verità.
E’ un lascito dei “bei tempi andati”, quando adattamento e doppiaggio erano trattati in maniera piuttosto amatoriale (in fin dei conti, a sentire gli stessi addetti ai lavori d’allora, eran solo cartonacci, da proporre un tot al chilo, utili per occupare ampie fasce di palinsesto a prezzi (allora) assolutamente ridicoli), senza nessuna preparazione o deontologia specifica).


Alla luce poi di risultati del genere, denunciati ovunque a gran voce.

Ed altrettanto a gran voce difesi, anche da chi capisce la lingua originale.
Quindi? Da quando la correttezza di una cosa, sia pure un adattamento, viene decisa in base alla quantità dei detrattori e non in base alla reale corrispondenza tra la localizzazione e il testo dell'opera originale?


Terzo. Non voglio fare lo spocchioso e dire che per fare questo lavoro serva per forza una formazione accademica, un titolo acquisito con un certo voto, conoscere la teoria della traduzione e la linguistica. Conosco tantissimi traduttori migliori di me che non hanno queste cose in curriculum. Penso che servano tanto, sì, ma che nel 99% dei casi siano sopperibili dal talento se accompagnato da una dote imprescindibile: il buon senso.

Ora, non ha buon senso chi produce strafalcioni del genere.
Forse non ha una formazione istituzionale, ma soprattutto non ha buon senso chi ritiene che sia brutto e sbagliato che una traduzione dal russo o dal giapponese sembri semplicemente italiano, e che debba invece recare la traccia della lingua d'origine, suonando doverosamente strana. Perché significa che non credi nella tua lingua, non credi nella traduzione e quindi non puoi fare questo mestiere.

Ed è altrettanto privo di buon senso chi, arbitrariamente e senza nessuna base logica, decide di sostituire lo stile e la caratterizzazione dei personaggi decisi dall’autore, con altre, solo perché, al suo orecchio, “suonano bene/meglio”.

Sul non credere nella lingua italiana: secondo me, sbagli clamorosamente bersaglio: Shito crede nella lingua italiana (al limite, non crede che la lingua italiana debba essere giocoforza identificata colla versione vulgare utilizzata nel parlato comune), e proprio perché ci crede che si sforza al massimo nel trovare termini che meglio di tutti esprimono forma e sostanza di quelli utilizzati nel testo originale..


Non sa bene cosa sia un adattamento, non ha nessun fondamento di linguistica strutturalista e non ha buon senso chi fa ripetere decine di volte in un film espressioni come 'dio cane' e 'dio bestia' (peraltro facilmente riformulabili), che in italiano sono bestemmie e necessariamente sortiscono un effetto tutto diverso da quello voluto per le originali espressioni giapponesi.

La questione del “dio cane” e del “dio bestia” è fasulla e lo dovresti ben sapere.

Ed è fasulla perché:
1- innanzitutto vengono sempre precedute dall’articolo “IL”, quindi “IL Dio Cane” ed “IL Dio Bestia”.
E “IL Dio Cane” ed “IL Dio Bestia” NON sono bestemmie. A meno di essere in malafede o non in grado di contestualizzare le frasi. (Onde evitare fraintendimenti: non mi passa manco per l’anticamera del cervello anche solo pensare di ipotizzare che tu possa rientrare in una delle due categorie).

2- sai benissimo che le parole da sole non significano niente, ma  assumono significati differenti a seconda del contesto nel quale vengono utilizzate.
Se una persona non riesce a discernere l’uso di determinate parole nel contesto nel quale sono usate e attribuisce loro il medesimo significato (blasfemia) indipendentemente dal contesto, il problema non è in chi ha adattato l’opera usando quei termini, ma in chi, sentendoli, non riesce a collocarli nel giusto contesto.
E non è compito dell’adattatore correggere un (supposto) errore dell’autore originale (che ha inteso scientemente dar loro QUEI nomi) basandosi su come un (presunto) “pubblico medio” (che non esiste e non è neanche possibile anche solo pensare di poterlo immaginare) potrebbe reagire( non ha mai avuto questa facoltà).

3- Inugami e Shishigami significano Dio Cane e Dio Bestia, quindi la traduzione è corretta.
Ma anche volendo (errando) considerarle sbagliate, che altre opzioni di traduzioni potremmo avere?

a) Dio Bestiale e Dio Canino non si possono utilizzare perché (attenendoci al criterio di valutazione adottato per definire errate, in quanto bestemmie, i termini utilizzati nell’adattamento di Cannarsi) son altrettanto blasfemi

b) Dio dei Cani e Dio delle Bestie son altrettanto scorretti, in quanto presupporrebbero un qualche culto religioso degli animali (inteso come PRATICATO dagli animali), cosa che nel film non è. Inoltre, nel labiale non ci stanno e dovresti semplificare la frase (ovvero toglierle significato) introducendo un ulteriore errore.

c) Cane Divino e Bestia Divina (o Divino Cane o Divina Bestia*) son ugualmente errate, in quanto non è un cane o una bestia che han acquisito poteri divini ma sono espressioni sul piano materiale di essenze spirituali (tra l’altro, il Dio Bestia non rassomiglia ad una bestia particolare, ma è una chimera di varie bestie, quindi doppiamente sbagliato volerlo chiamare Bestia Divina per palese non corrispondenza visiva).

Quindi, quale altre alternative validamente logiche resterebbero per definire Inugami e Shishigami in lingua italiana (a parte quello di lasciarle come in originale ma, allora, lo spettatore che non conosce la lingua giapponese si troverebbe a disagio non sapendo il significato di quei termini, rompendo quella “sospensione d’incredulità” necessaria affinché un’opera di fantasia possa funzionare)?



*che possono essere erroneamente scambiate per delle invocazioni, quindi si aggiungerebbe un ulteriore grado di errore a quelli già eventualmente introdotti


è il metodo corretto se vuoi mostrare del rispetto per chi quell'opera visionerà, dandogli ESATTAMENTE quanto presente nell'opera originale
Non so in base a che titolo, fonte o curriculum tu asserisca che quello sarebbe il metodo corretto

Semplice buon senso e ragionamento.


ma in tutte le università e agenzie di traduzione e localizzazione del mondo si insegna e pratica il contrario.

Ecco, magari siamo arrivati ad una delle fonti del problema degli adattamenti italiani: il voler conservare pratiche desuete derivanti da un certo modo d’intendere il mestiere dell’adattatore nel passato, senza stare a considerare le nuove accresciute esigenze e le nuove competenze/conoscenze del prodotto acquisite dal pubblico attuale.


Quanto esattamente presente nell'opera originale lo restituisce solo l'opera originale.

Questo è pacifico (oltre che abbastanza ovvio e scontato).
Però una localizzazione deve rendere tutto quel che dell’opera originale resta al netto delle “oggettive difficoltà tecniche di traduzione ed adattamento” (ovvero, quelle parti che, per regole grammaticali, differenze semantiche e dialettiche, etc. etc., non sia possibile traslare 1:1 nella lingua della localizzazione di destinazione).


Se vuoi fruirne nella tua lingua con un necessario margine di approssimazione, una bella traduzione andrà benissimo.

E, questo, forse, è uno degli altri problemi che affliggono le traduzioni e gli adattamenti italiani.
Un adattamento NON deve approssimare niente, deve restituire l’opera straniera nella lingua della localizzazione al massimo grado possibile, senza altri interventi che non siano quelli meramente tecnici per rendere determinati elementi (modi di dire, motti, proverbi, espressioni gergali  (ed eventualmente dialettali)) nei corrispettivi presenti nella lingua di destinazione.

Inoltre,  “una bella traduzione andrà benissimo” introduce un elemento incontrollabile: il gusto personale.
Chi decide che quella traduzione “è bella”? In base a quali criteri? E chi decide questi criteri?

Converrai con me che, una volta introdotta una componente “soggettiva” come la bellezza tra le variabili per giudicare la correttezza di una localizzazione, si apre il Vaso di Pandora ed ognuno potrà criticare qualsivoglia criterio adottato in un adattamento senza che sia possibile, per chi quell’adattamento ha eseguito, giustificare le scelte fatte, su nessuna base, neppure la più logica o la più oggettiva: chi critica (anche a sproposito) avrà comunque ragione, essendo impossibile dimostrare il contrario di quanto afferma, proprio in base a quel canone soggettivo, la “bella traduzione”, introdotto proprio da chi l’opera ha localizzato.



Ma se nel fanatismo idolatra di un testo e di una lingua non sei disposto a perderne neppure una parola, creerai un mostro. Una non lingua incomprensibile. Una traduzione deve restituire il senso profondo di un testo, e nei limiti del possibile l'estetica e acustica originale. Non le singole parole. In una traduzione si perde per forza qualcosa, se provi a non perdere nulla aggrappandoti al letteralismo, perdi semplicemente tutto.

Non si tratta certo di idolatrare un testo o una lingua (la trovo una critica piuttosto comica, senza offesa), ma di avere, nei confronti dell’opera localizzata (e SOPRATTUTTO, del pubblico che quell’opera andrà a visionare) rispetto. Rispetto dello stile dell’autore. Rispetto della forma adottata dall’autore. Rispetto delle scelte fatte dall’autore.
Anche (soprattutto) se queste non piacciono al/non soddisfano il gusto estetico del localizzatore
 
Sul fatto che in una traduzione si perde qualcosa, ho già detto che è incontrovertibilmente vero.
Ma, al netto di quella esigua percentuale* del testo che non è possibile tecnicamente trasporre autenticamente nella lingua di destinazione, tutto quel che resta è obbligatorio sia reso, in forma e sostanza, come l’autore ha inteso realizzarlo, senza nessuna modifica o alterazione introdotta dal localizzatore sulla base di mere sue personali congetture/preferenze stilistiche. O per correggere presunti errori nel testo originale.


*esigua, perché se fosse una percentuale un minimo rilevante (sopra ad un 1-2%), vi sarebbe impossibilità di comunicare concetti più profondi di “si/no”, rendendo, de facto, la comunicazione tra differenti culture impossibile.



A margine, non esiste nessun italiano standard. Esiste l'italiano corretto, declinabile in infinite varietà di stili, con cui tradurre qualsiasi cosa in modo necessariamente imperfetto ma efficace.

E, visto che esiste “l’italiano corretto, declinabile in infinite varietà di stili”, perché l’italiano corretto che mantiene lo stile di Miyazaki viene considerato scorretto?



Il problema di Mononoke è che il vecchio adattamento ha il finale sbagliato, e quello nuovo è di Cannarsi.

Eh, ad avercene, di simili problemi…..
 ;)


L'unico modo per vederlo come lo ha pensato Miyazaki è vederlo in Giapponese, punto.

Non necessariamente: basta che nell’adattamento si eviti l'inserimento di battute inventate secondo i propri canoni stilistici limitandosi a riportare stile, significato e significante del testo originale.


Perché l'adattamento di Cannarsi è...un adattamento.

Si.
Ma, a differenza di altri adattamenti, almeno sei sicuro che la versione italiana del film che vedi contiene TUTTI i contenuti originali che è tecnicamente possibile inserire in una localizzazione.


E neanche particolarmente riuscito, nonostante le buone intenzioni.

Naaah.
E’ che ti suona “particolare” solo perché i testi non son scritti nell’italiano parlato che sei abituato ad ascoltare in altre produzioni italiche.


https://youtu.be/BK-rPhmGhmY

Mirabile. Eccezionale. Sopraffino.
Tognazzi, a 0:35, in una sola battuta, riesce a riassumere il busillis, il problema che affligge oggigiorno gran parte del mondo dell’adattamento italiano:
“Si, vabbeh, ma mi pareva brutto”

Sintesi perfetta del problema.
Il giusto è giusto, anche se tutti gli sono contrari; è lo sbagliato è sbagliato, anche se tutti sono per esso.
 (William Penn)

Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #1469 il: 06 Apr 2015, 00:39 »
Vorrei anche ricordare che, di mio, non mi sono mai ritenuto (né pensato) in grado di operare una *traduzione* del testo di un film giapponese, e difatti ogni mio adattamento è basato (e discusso, e rivalutato) su una traduzione fornita da seri e titolati professionisti della specifica competenza. :-)

Sempre per la serie: se si tratta di criticare, facciamolo con un senso, non a caso.

Che poi io non mi sia mai interessato, anche accademicamente, di linguistica... chi l'ha detto?

Devo mettermi a parlare di De Saussure e Troubeckoj, oppure pubblicare un piacevole scambio epistolare privato che ebbi con il professor Serianni?

No, per dire.

Andiamo avanti a presumere sul presumere?
« Ultima modifica: 06 Apr 2015, 00:45 da Shito »
"La solitudine è il prezzo da pagare per essere nati in un'epoca così piena di libertà, di indipendenza e di egoistica affermazione individuale." (Natsume Souseki)