Salve di nuovo a tutti,
un vostro collega mi ha cortesemente ri-segnalato il thread, facendomi sapere che la discussione sul merito degli adattamenti si era ravvivata, così sono tornato a leggervi.
Scorciando le ultime cinque pagine, direi che il dialogo è andato dipanandosi con genuino interesse e interventi reali (ovvero: volti a un reale confronto di opinioni). Qualcuno ha anche scritto che avrebbe gradito un mio intervento diretto, e ringrazio per la considerazione che mi si riserva.
Invero, l'argomento è stato trattato a lungo e reiteratamente.
A volte meglio, a volte peggio. Le volte peggiori sono quando sono indotto alla difesa, alla contro-argomentazione di critiche pretestuose. Ne trovate un fulgido esempio qui:
http://www.studioghibli.org/forum/viewtopic.php?f=21&t=3672dove l'utente Blefaro, pur nascondendosi dietro un'affettata cortesia, continua a reiterare critiche che, una volta smontate, abbandona senza colpo ferire per passare a un altro "sentito dire", ovvero dimostrando di non aver spesso neppure visionato quello che critica.
Chiaramente, rispondere a un simile genere di critiche è estenuante e anche noioso, ma mi sento chiamato a farlo per il bene di ogni lettore di sorta. Non è giusto far passare la menzogna, la mistificazione, sotto silenzio.
Qui il dialogo veleggia, come dicevo, su ben altri livelli. Qui direi che si parla per capirsi. Indi, vi SCONSIGLIO la lettura del thread che ho linkato sopra per mera esemplificazione. Invero, qualche spunto sul merito preciso di casi vari pure ve lo si ritrova, quindi magari affrontate il thread giusto se proprio soffrite di un'insonnia cronica. ^^
Di seguito invece tre link più validi:
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1) un'intervista audio che mi venne fatta ai tempi della ri-uscita di Mononoke. L'intervistato è intelligente e colto, non fa prosopopea, va al cuore della faccenda sia sul piano generale che su quello particolare, sino all'esemplificazione concreta.
http://querty.it/podcast/gualtiero-cannarsi-e-ladattamento-dei-film-di-miyazaki-ricciotto-71------
2) Un thread da me stesso principiato partendo dalla riconsiderazione PUNTUALE dei copioni di Laputa, vecchio (BV) e nuovo (LR) entrambi a mia firma.
http://www.studioghibli.org/forum/viewtopic.php?f=21&t=3785------
3) un'intervista testuale molto recente (di ieri, tipo) specificatamente sul merito del doppiaggio in Italia:
http://www.cinefile.biz/il-doppiaggio-intervista-a-gualtiero-cannarsi------
Penso che la questione sia eviscerata in maniera piuttosto esaustiva in quei luoghi. Anche il link che avete proposto voi stessi ai commenti dell'articolo di Animeclick era valido, direi, perché l'interlocutore era un po' malizioso nel far finta di non capire, forse, ma intelligente e serio senza dubbio.
La questione che i più sembrano voler non capire è che una volta che si AMMETTE la possibilità di DIVERGERE dall'originalità dell'opera che si traduce/adatta/doppia, ovvero nel momento in cui si deroga da un criterio obiettivo/oggettivo quale "la maggiore fedeltà possibile", si introduce una variabile pazza perché soggettiva: il "bello", il "gusto", ovvero il "bello per me". Una volta fatto ciò, tutto è legittimabile, perché il criterio introdotto non trova un limite obiettivo: ciascuno porrà, sempre a proprio gusto, un diverso limite alla tolleranza di alterazione. Quindi si passerà da una cosa davvero lieve, come -che so- mettere un "mamma" invece di "mammina" per "okaachan" (che *è* un diminutivo vezzeggiativo, lo è *obiettivamente* e non si scappa), dico da lì si arriverà in un sol balzo a giustificare 'C1P8' al poato di 'R2D2' perché 'ciunopiotto' assomiglia a gianni-e-pinotto è fa ridere - è un caso reale, vergognosamente reale.
No, signori, non levate gli scudi: capite la questione. La questione è ontologica. L'ortodossia o è ortodossa, o non esiste.
Le persone sensate invocano un aureo "giusto mezzo", ma chi decide dove porlo? Una volta che il gusto è sovrano, il re è nudo e pazzo. Si fanno scelte che piaceranno ad alcuni, ad altri no, ma saranno SEMPRE INDIFENDIBILI, perché INFONDATE, ovvero fondate su qualcosa di insignificante., il gusto di un singolo che non è l'autore dell'opera su cui si opera.
Si capisce quindi che questo "giusto mezzo" altro non è che un vessillo vuoto sbandierato per comodo, sotto la cui asta non si cela altro che la più vecchia delle verità del consumatore: "vorrei tutto fatto come piace a me, e il modo in cui piace a me lo chiamo giusto".
Signori, non va bene.
Non è per questo tipo di pubblico che opero, benché taluni credano -io dico scioccamente- che questo tipo di pubblico debba essere compiaciuto per il bene cella riuscita economica del prodotto. Io lavoro principalmente per due soggetti ideali:
1) l'opera in sé
2) la parte del pubblico realmente interessata e desiderosa di conoscere quell'opera, nella sua verità.
Di seguito, per chiarire spero meglio che mai non solo le ragioni, ma anche i lineamenti del mio operato, cercherò di enucleare ancora una volta i punti cardini della questione, nel modo più *analitico* possibile.-----------
1) Distinguere i fatti dalle opinioniQuando si opera su un testo altrui, è importantissimo in primo luogo distinguere i dati obiettivi, ovvero le realtà oggettive valide per tutti, e indi incontestabili, dalle opinioni relative, ovvero giudizi soggettivi validi per il singolo soggetto che li emette, o per chi liberamente concorda.
Quindi i dualismi sono:
fatto | opinione
obiettivo | relativo
oggettivo | soggettivo
si dice in genere che "dei gusti non si discute". E' un'idiozia. Ciò di cui non si discute sono i fatti. I fatti non si discutono: si statuiscono, si documentano, si verificano. E non se ne discute, non sono terreno d'opinione. Dei gusti si discute, perché è proprio il relativo che può essere motivato, spiegato, illustrato, eccetera.
Come si vedrà in seguito, sarà mia attenzione distinguere sempre i due ambiti oggettivo/relativo, anche quando si presentano casi 'misti' (casi con una componente oggettiva e una soggettiva).
2) Lingua corretta e non correttaCosa sia 'italiano corretto' non lo decide Gualtiero Cannarsi, né i frequentatori di un forum, né un blogger. Il giudizio di 'correttezza linguistica' è quanto più obiettivo, perché si fonda sul corretto uso della morfosintassi della lingua italiana, per come esposto da testi metalinguistici quali grammatiche e dizionari. Ce ne sono vari, di varia rilevanza e autorevolezza, e il loro controllo incrociato è altresì possibile.
Allo stesso modo, cosa significhi una parola non è una questione di gusto, è un dato obiettivo. Anch'esso statuito da fonti nazionali.
Allo stesso modo, cosa sia arcaismo, cosa sia regionalismo, cosa sia desueto oppure no, non può deciderlo il singolo: sono tutti dati obiettivi riportati dai dizionari nazionali.
3) Lingua usuale e inusualeQuanto detto sopra riporta all'annosa questione dell'uso della lingua 'inusuale', 'strana', 'colta', o 'ricercata'. Prima ancora di argomentare sull'OPPORTUNITA' di un tale uso, torno a ripetere che simili giudizi sono soggettivi. Chi decide cosa sia l'italiano nazionale? chi può dire "questo non lo dice nessuno"? Non è possibile condurre una seria indagine statistica su scala nazionale. In realtà, chi muove simili critiche sta in genere dando per scontato di avere certamente in testa l'italiano nazionale standard, e questa è una convinzione chiaramente ridicola. Perché ogni singolo è solo un singolo frutto della sua singola vita, e così l'italiano che ha in testa ne sarà la peculiare espressione percettiva.
4) la fandonia della "traduzione letterale"La traduzione letterale non esiste. E' un fantasma che vi veniva agitato dinanzi agli occhi da delle probabilmente mediocri maestre di inglese o francese o soprattutto latino e greco ai tempi della scuola. NON SI PUO' tradurre "letteralmente", perché il risultato sarebbe SGRAMMATICATO nella lingua d'arrivo. Per favore, siamo seri. Se si vuol criticare, bene, lo si faccia per davvero, non per vacui cliché.
Chi mi taccia di "ricalcare la forma sintattica giapponese", forse avendo letto questo da qualche parte in rete, chiaramente non conosce la struttura sintattica del giapponese e non sa quello che dice. Cose quali la dislocazione del soggetto a destra (E' buonissimo, questo gelato!), la segmentazione delle frasi (Non la voglio, la medicina!) e simili sono corrette strutture della sintassi italiana in normale uso nel parlato (dialogo) più che nello scritto. Se inizierete a farci caso, vi renderete conto di quanto le usiate anche voi - in genere a questo punto quoto frasi con dislocazioni nei post sopra al mio, ma questa volta eviterò di farlo, lasciando a voi stessi il compito di capacitarvene.
In ogni caso, non è italiano scrivere: "Io la strega Kiki sono. Qui il gatto nero Jiji c'è. Molto piacere." Non troverete frasi simili in un testo da me adattato. Quindi davvero, critichiamo a ragione veduta, non a caso.
5) Presumere che "per i nativi sarà di certo tutto semplice"E' una cosa davvero comoda, comoda quanto sciocca, che ho letto e sentito fare tante volte. E ogni volta mi chiedo: in base a cosa si presume ciò? Probabilmente le persone hanno nella testa delle idee aprioristiche sulle opere che sentono dovrebbero piacergli, prima ancora di conoscerle. Ma la realtà è altra cosa. La realtà è che ogni volta che adatto un film dello Studio Ghibli e magari affronto una frase particolare trovo forum giapponesi e pagine di Yahoo Answer giapponesi con dei giapponesi che si chiedono "che cosa significa questo?" Miyazaki Hayao fa le cose come vuole lui, e questo include miscelare quel che vuole nel modo in cui vuole. In
Mononoke Hime c'è giapponese anticheggiante, dialetto di Tottori, frasi iperdrammatiche di estrazione shakespeariana, tutto mischiato. Ci sono cose deliberatamente oscure, come per esempio il rapporto di fratellanza NON reale tra Ashitaka e Kaya. Voglio dire, nel "the making of" del film si vede chiaramente che I DOPPIATORI GIAPPONESI avevano capito che fossero davvero fratello e sorella MENTRE DOPPIAVANO la scena. Mi spiego? Non pensate che "eeeeh, Cannarsi ha lasciato 'sommo fratello' ma così sembra che siano fratello e sorella, di certo in giapponese era tutto chiaro". Tutto chiaro un corno, questa è una presunzione basata sul nulla e SCONFESSATA DALLA REALTA'. Infatti è tutto il contrario. A Miyazaki non è che interessi essere chiaro, o essere semplice. A lui interessa fare le cose come vuole lui, il che include inventarsi parole e usarle senza spiegarle affatto, ridefinirne altre e quant'altro, a suo piacimento. Takahata, a suo modo, è anche peggio.
6) Film per bambini e film per adultiCosa sia inteso per adulti e cosa per bambini non lo decide il pubblico. Lo decide l'autore, ed E' SCRITTO NEL PROGETTO di ciascun film. E' chiaro, si parla di 'target'. Il target di Nausicaa erano gli adolescenti. Il target di Laputa erano i bimbi di quarta elementare. Per Mononoke Miyazaki ha proprio detto 'non è un film per bambini, non è necessario che i bambini lo vedano'. Non di meno, in un film come Sen to Chihiro, rivolto alle bambine di dieci-dodici anni, Miyazaki ha messo lo 'scongiuro' che si faceva negli Anni Senssante, e la bimba giapponese che doppia Chihiro NON CAPIVA COSA FOSSE, e nel The making of vediamo il direttore di doppiaggio che dice a Miyazaki: "signor regista, nessuna bambina di oggi potrebbe sapere di cosa si tratta", e non è che Miyazaki faccia una piega: non gliene importa nulla.
Ancora una volta: Miyazaki, come ogni regista, fa il film che vuole lui come vuole lui. Non come il pubblico si aspetterebbe che fossero.
7) Compiti e limiti di traduzione e adattamentoIl compito di un adattamento linguistico NON e' quello di "far piacere il film" al pubblico straniero.
Il compito di un adattamento linguistico è quello di FAR CAPIRE un'opera al pubblico straniero.
Far capire un'opera NON significa spiegarla, glossarla, semplificarla.
Significa solo TRASPORLA nella propria lingua, MINIMIZZANDONE le alterazioni necessarie al processo.
La cifra non solo stilistica, ma anche culturale, NON SI TRADUCE.
Tradurre un'opera NON significa 'traslarla'.
Un film giapponese tradotto in italiano NON E' un film italiano, e non è neppure "quel film come se l'avessero fatto in Italia".
Diamine, una traduzione non è una cover, eh!
Una traduzione è una traduzione.
Quindi, se in Giappone quando si chiede e si ottiene un favore (Mi passi il sale?) invece di ringraziare ci si scusa, dicendo 'perdono', NON E' che si debba mettere al posto 'grazie'. Perché grazie in giapponese IS PUO' DIRE, e si dice in UN ALTRO MODO. Lo si dice quando si ricevew un regalo. Ma quando di chiede e ottiene un favore ci si scusa. Quindi?
Quindi i casi sono due:
O un italiano guarda un film giapponese, vede che il padre a tavola si scusa che con la figlia che gli passa il sale e IMPARA che in Giappone funziona così,
oppure va a vedersi un film italiano.
Vanno bene entrambe le cose. :-)
Ma NON PUO' pretendere che dei giapponesi, in un film giapponese, si comportino e parlino 'da italiani': NON LO SONO!
E questo ci porta a:
8) In italiano non significa italiano: traduzione e trasposizione
Se un testo è scritto in italiano corretto (dato oggettivo) E' in italiano corretto.
Se quell'italiano corretto è un italiano corretto che fittiziamente traduce un'altra lingua sarà dunque_
naturale
ovvio
giusto
che quell'italiano NON suoni 'naturale' come l'italiano di persone italiane: NON LO E'.
Quella è la LINGUA ITALIANA usata per rendere l'espressione di un'altra lingua.
E lo scopo di questa lingua italiana (corretta) è IN PRIMIS rendere FEDELMENTE e PRECISAMENTE la lingua straniera d'origine.
Perché si tratta di una TRADUZIONE.
Una traduzione non significa: "capisci l'originale e ri-espirmi lo stesso concetto con parole tue".
Traduzione significa TRASPORRE IL TESTO REALE da una lingua a un'altra.
E come si opera ciò?
9) Oggettivazione delle scelte stilisticheAnche quando si compiono delle scelte stilistiche, su OGNI SINGOLO TERMINE, esse devono FONDARSI su dati obiettivi.
Ashitaka è l'unico personaggio in tutto Mononoke Hime ha usare il termine 'shoujo'. Altri uano 'ko', 'musume' o sinonimi. Ashitalka dice 'shoujo' perché è un termine più delicato ed elegante, e Ashitaka è caratterizzato come il buon selvaggio della perduta civiltà indigena Emishi. Quindi solo lui dirà 'fanciulla' (shoujo), e altri diranno ragazza, eccetera. Ma gli anziani emishi usano addirittura 'otome', che è un termine quantopiù letterario, fa pensare subito alle vergini sacrificali delle mukashibanashi (racconti antichi), quindi 'otome' e solo 'otome' diventa 'donzelle', o sarebbe potuto diventare 'pulzelle', per intenderci.
Anche nelle scelte sinonimali c'è una logica, e la logica deve basarsi sui dati obiettivi delle lingue e dell'operain questione.
NON SI FANNO SCELTE A GUSTO, OVVERO A CASO.
E questo vale per le parole, tutte, per le frasi, tutte, per ogni singola scelta di resa su contenuto e forma di ogni battuta di ogni opera.
Inoltre:
10) La sovrapposizione stilisticaNon è possibile sovraimporre uno stile scelto aprioristicamente per un'opera solo perché ce ne facciamo un'idea. Ripeto: in Mononoke Hime Miyazaki mischia lingua letteraria e dialetto. Tant'è. Non è affar mio perché l'abbia fatto. L'ha fatto. L'opera esiste per quella che E', nella sua REALTA', e per quella che è va tradotta. Ogni battuta, ogni parola.
Se Eboshi dice "aitsu ha fujimi da!", sta usando un costrutto spiccio, non elevato, con un pronome piuttosto rude 'aitsu' e poi un termine particolare come 'fushimi', quindi dice proprio "quella lì è imperitura".
Io non so se questa cosa suoni ridicola o meno alle orecchie di chi o come, ma non mi riguarda.
Davvero non devo semplificare, 'abbellire', cambiare nulla.
Devo solo presentarvi i film su cui opero per quello che sono.
Se poi non vi piacciono, va benone lo stesso.
Almeno saprete che quei film non vi piacciono, ma per davvero.