Autore Topic: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?  (Letto 12765 volte)

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Offline 1c0n 0f s1n

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #30 il: 14 Lug 2010, 19:40 »
I negozianti le dicono di portarmi fuori perché non gli muoia in negozio e di chiamare l'ambulanza.

I negozianti erano gli amici dei genitori di Pierre.

Offline baku.nin

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #31 il: 14 Lug 2010, 19:45 »
Avrò avuto 3-4 anni, ero in un alimentari con mia mamma. Mentre lei paga alla cassa mangio una Polo, che mi si pianta in gola. Divento viola, mia mamma prova a darmi pacche sulla schiena perché la sputi. I negozianti le dicono di portarmi fuori perché non gli muoia in negozio e di chiamare l'ambulanza. Mia mamma se ne sbatte, mi piglia per i piedi e mi capovolge, scrollandomi finché non mi esce la Polo.

uguale spiccicato a me, solo che ero a casa e ho ingoiato un bullone di plastica (un set di attrezzi giocattolo e chiavi inglesi per giocare a fare l'idraulico e diventare un uomo trve), che io trovo però più interessante da giocarci con le seguenti regole "lo lascio cadere sopra di me e acchiappo il bullone con i denti al volo"

va bene 2/3 volte, poi quando inizio a sentirmi un fenomeno mi si pianta dritto in gola e resto così un paio di minuti. Peraltro ero in una giornata di raffeddore (una costante della mia vita) e avevo una narice e mezza tappate

Mia madre scende da una amica al piano di sotto portandomi in braccio e mi capotano da testa a piedi. In verità dopo un paio di tentativi neanche è uscito... poi dopo un pò lo spurgo quasi volontariamente - si vede che era sceso un pò, ma a livello respiratorio sentivo di stare raggiungendo il limite
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Offline Zel

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #32 il: 14 Lug 2010, 19:52 »
Se dovesse capitare una cosa del genere ai vostri figli sappiate che tenerli a testa in giu' per i piedi non e' la cosa piu' saggia da fare.
Metteteli sulle ginocchia come se doveste sculacciarli e date delle pacche sulla schiena oppure teneteli in piedi e fateli piegare a 45° sempre dando pacche sulla schiena.

Questo perche' se troppo piccoli e' impossibile eseguire la manovra di heimlich. Ovviamente chiamare subito il 118
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Offline Emalord

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #33 il: 14 Lug 2010, 19:59 »
Dopo aver letto tutti i vostri commenti è difficle rimanere insensibili.
E viene da pensare che comunque nella vita GIOCOFORZA si corrono dei pericoli soprattutto in età infantile o adolescenziale quando per ignoranza o per sfida al pericolo si sottovalutano certi rischi.

E viene da pensare che CHIUNQUE rischi la propria vita almeno una volta, in maniera più o meno inconsapevole.

Conosco gente che ha perso un figlio perchè al camion davanti si è staccata la gomma di scorta che ha centrato l'auto su cui viaggiava. Gente che ha perso un figlio
per allergia al liquido di contrasto durante normalissimi esami medici senza rischi presunti.
Motivi stupidi, banali, impossibili, e quindi ancora più dolorosi.

Ma alla fine la maggioranza sopravvive. Nonostante tutto. E noi siamo qui a dimostrarlo.

E la domanda è: perchè? E' il Caso? E' Dio?
O forse la data della nostra morte è realmente scritta in partenza e quindi noi si sopravvive a certe cose perchè FINO A QUEL PUNTO dobbiamo arrivare, e ci si arriva sempre e comunque 'against all odds'?

Non conosco la risposta, ma so che io vivo alla giornata, e la morte la vedo come una compagna di viaggio.
Discreta e silenziosa, ma sempre presente.
La inserisco sempre nei miei programmi di viaggio o di vita per evitarla, e lei mi capisce e mi apprezza per questo. E' una tipa col senso dello humor e comunque apprezza il fatto che non mi dimentico mai di lei.
Non la temo, ma sicuramente la rispetto.
« Ultima modifica: 14 Lug 2010, 20:03 da Emalord »

Offline Neophoeny

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #34 il: 14 Lug 2010, 20:18 »
A me è capitata la stessa cosa con la lattuga, mi mancava l'aria e non riuscivo a inghiottirla. Mi hanno messo a testa sotto e son riuscito a buttarla via!

Offline EGO

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #35 il: 14 Lug 2010, 20:21 »
Una volta, a 13 anni, tornavo a casa da scuola. Ero fermo, a piedi, al semaforo su un grande corso. Ero sovrappensiero e guardavo distrattamente il semaforo davanti a me, ma per lo più guardavo nella direzione opposta alla corsia sulla quale mi trovavo, perché da quella parte doveva arrivare il pullman che dovevo prendere. E così, quando scatta il verde per me, mi muovo automaticamente, senza badare alle macchine che vengono nella mia direzione e che dovrebbero fermarsi al semaforo ora rosso. Proprio mentre riporto lo sguardo davanti a me, un camion mi passa a qualcosa come 5-10 centimetri al massimo dalla faccia. Non mi spaventai nemmeno, ma ripensandoci più tardi mi resi conto che con un passo in più, se mi fossi messo in marcia un secondo prima, probabilmente sarei morto.

Un'altra volta, forse sui 15-16 anni, per qualche motivo mentre i miei erano fuori casa giocavo a saltare sul lettone dei miei atterrandoci sopra di testa. Senonché, a un certo punto, atterro sulla testa malamente e sento che il collo non mi sorregge, perciò mi lascio ricadere pesantemente sul letto. Non so quanto ho rischiato veramente, ma in quell'occasione ho avuto la netta sensazione di potermi spezzare il collo.

Offline stone21

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #36 il: 14 Lug 2010, 20:22 »
Non so quanti anni, credo 3/4.
Altipiani di Arcinazzo. Villa di famiglia con piscina. Non so che stagione fosse, ma ricordo che indossavo una tuta verde con le righe bianche stile adidas, ma solo due stripes.. Chioma bionda a caschetto fine anni '70.
Giocavo con non so cosa sul bordo della piscina con mio fratello più grande sul dondolo a lato che leggeva non ricordo cosa, forse Topolino.
Ora il ricordo che ho oltre a questo è di essere stato infilato nel lavandino con l'acqua calda per scaldarmi, mentre mia madre mi abbracciava stretto. Ero caduto nella piscina e mio fratello mi tirò fuori afferrandomi per i capelli.
"There's our destination, Six: Pillar of Autumn. Race you to her."

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #37 il: 14 Lug 2010, 20:55 »
Ho 11 - 13 anni. Siamo al lago con la mia cugina, 2 - 3 anni meno di me. Non sa nuotare, ma vuole seguirmi a tutti i costi. Il fondo del laghetto è di ghiaia, con alcune striature di fango. Le dico di stare dove non è tanto profondo - dato che non sa nemmeno stare a galla - massimo fino alla cintura (è alta poco meno di me). Faccio due bracciate, tocco il fondo. Mi giro, e la vedo a mezzo metro da me, occhi spalancati. Buco sul fondo, ouch.
Va giù come farebbe una bambola riempita di piombo fuso.
Mi butto lì, e incontro l'inferno. Le sue gambe che mi stringono, braccia che mi soffocano, e spingono giù, dove? non importa, sono pietrificato, spaventato, mezzo cieco. Non è più l'inferno, è l'incognito, cosa che ci fa più paura.
Al che mi viene in mente il pensiero di mio padre, come un flash rallentato e in colori pastello, tanto caro alle recenti teleserie: lui si portava sempre un'ago da sarta infilato nel costume da bagno: "nuoti - senti un crampo - sfila l'ago e infilalo nel muscolo interessato" - l'ho visto fare. "No!" - che è l'ultimo pensiero che mi ricordo.
Giro la mia cugina di schiena, l'affero, e sgambetto fino a che non sento la ghiaia sotto i piedi. Tempo stimato: quattro secondi, credo.

Io, in seguito, mi presi il brevetto di "bagnino", lei ora ha due splendidi figli. :)

Poteva andare diversamente, Emalord, hai ragione. Ci sono troppe variabili in gioco, non possiamo proteggersene. Forse la consapevolezza stessa della morte ci serve per apprezzare di più la vita? Boh.

RESPECT   
Tutto è relativo, tranne quello a cui crediamo.
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Offline lozioste

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #38 il: 15 Lug 2010, 01:18 »
Siamo tutti vivi un po' per miracolo, in realtà.

Avevo più o meno 3 anni e mi trovavo da un fotografo insieme ai miei. Troppo noioso per un bimbo così piccolo, così presi l'audace decisione di fuggire e lanciarmi di corsa in mezzo alla strada, così, tanto per fare. Quando sei così piccolo le macchine magari nemmeno ti vedono. Un paio non mi hanno visto, in effetti, ma le mie doti da ninja erano già molto sviluppate, così le schivai tutte agilmente. Una, invece, mi vide eccome e inchiodò brutalmente, risparmiandomi un volo di x metri e molti danni. Il tizio della macchina scese, mi trascinò sul marciapiede e mi mollò un signor schiaffone. Io la presi un po' male, ma quel tizio mi ha probabilmente salvato la vita. Le mie abilità da ninja pure, beninteso.

Ma si può essere anche molto più grandi e altrettanto stupidi da mettere a rischio la vita più o meno consapevolmente:

Di anni ne avrò avuti all'incirca 18-19 e finalmente, dopo un anno nella schifosa Milano, ecco l'agognato mare. Come resistere alla tentazione di un bagno, a maggior ragione con la mareggiata?
Peccato che il mare forza 7 sappia essere davvero poco amichevole nei confronti degli incauti che decidono di affrontarlo. C'era da capirlo, d'altronde: se la bandiera rossa issata come monito si deve giustamente ignorare (è anzi un motivo di festa, quando la scorgi dalla strada prima di aver visto il mare - preannuncia una gustosa giornata di ondine), non così uno stuolo di bagnini che impedisce anche solo gli innocui salti nella schiuma per paura che il potente risucchio tirasse dentro qualcuno.
Invece no: lo zio e un altro imbecille, a digiuno di nuotate da un anno e con troppe brolle in corpo, si defilano con nonchalance e si dirigono spediti verso la spiagga libera dietro agli scogli, non sorvegliata. Per disgrazia il mare concede un attimo di tregua e due tizi che sguazzano nella schiuma ci fanno pensare che il bagno sia alla nostra portatata e i divieti frutto di un eccessivo scrupolo - tutti dentro!
Questione di un minuto scarso e si scatena l'inferno. I due tizi, capiamo troppo tardi, si guardavano bene dall'entrare e alle prime avvisaglie di cavalloni si dileguano, noi siamo dentro. Ora, di solito le onde arrivano in serie, fanno paura, ma sono relativamente innocue: si va sù, si va giù. Poi il mare si calma un secondo e ti concede l'opportunità di uscire per riprendere fiato. Quel giorno di pause non ne arrivano, un'onda enorme dopo l'altra (molto molto grandi, molto molto spaventose); il frangente, violentissimo, ti costringe ad andare sott'acqua per risparmiarti schiaffi di acqua e schiuma che invadono le vie respiratorie e la corrente sott'acqua, ahiahi, ti spinge un paio di metri più al largo. Quando riemergi la riva è troppo lontana e allora devi nuotare per riguadagnarla, con tutta la forza che hai, prima che arrivi il nuovo frangente. E allora sott'acqua e di nuovo fuori, di nuovo lontani dalla maledetta riva e si ricomincia. Non duri molto così, i muscoli cominciano a bruciare, il fiato manca, cominci a bere e a tossire, perdi il ritmo e i momenti buoni [riemergo ancora ad occhi chiusi dopo un frangente, prendo fiato come posso e sento: "giù, giù!" e il nuovo frangente, inatteso, mi passa sopra la testa, salvo per un pelo. Grazie al compagno di sventura], vai nel panico. Le onde continuano ad arrivare minacciose, sempre più grosse, la riva si allontana, i due fuori urlano di uscire e tu non ce la fai più, non sai come uscire, nè se ne uscirai.Ricordo distintamente di aver visto la morte in faccia. Il mio compare si accorge del mio stato di panico, cerca di tranquillizzarmi e mi sprona verso la riva. In effetti riguadagniamo terreno, è che non puoi mica uscire quando ti pare, se le onde non concedono tregua; il fondo è sassoso e mareggiate di quell'entità muovono sassi enormi come il vento muove le foglie - se un'onda ti pesca e frinisci nel rullo puoi solo sperare di coprirti bene la testa (numerosi i casi, negli anni, di gente che va al pronto soccorso dopo essersi preso una pietra in fronte) e di non fracassarti nulla. La situazione peggiora quando l'amico mio, a cavallo di un'onda agghiacciante, esce con una leggerezza miracolosa, non ho mai capito come abbia fatto. Rimasto solo, le cose peggiorano: il panico cresce, l'acqua ingurgitata è tanta, le forze si esauriscono. E' allora che decido di tentare anch'io il tutto per tutto: scelgo la prima onda che arriva e spero che mi scagli a riva, o così o arrivederci a tutti. In realtà ce l'avevo quasi fatta a restare illeso, poi il rullo mi risucchia per un piede e mi prende con sè. Sott'acqua non ci ho capito nulla, mi sono rannichhiato a uovo, ho preso pietre ovunque, ho girato su me stesso, quindi l'impatto violento con il suolo. Fuori, più o meno. Il risucchio è pericolso quando il mare è molto grosso, perchè è fortissimo. Ero fuori, ma l'acqua mi arrivava agevolmente al petto e stava trascinandomi di nuovo con sè. Devo premettere che in realtà ce l'avevo fatta, perchè ero sufficientemente avanti per far sì che l'onda successiva completasse l'opera e mi sbattesse del tutto a riva, ma ho lo stesso gradito il braccio che ha afferrato il mio polso. L'onda successiva è arrivata come previsto, ci ha devastati entrambi e ci ha restituiti alla terra ferma.
[Chi fosse il tizio l'ho scoperto anni dopo, gli ho offerto molto da bere e gli ho regalato generose quantità di cannabinoidi che ha molto graditi.]
"Va beh, Ste, è niente, è niente, siamo stati bravi. Ora ci facciamo una doccia e poi contegno, che ci sono le donne."
Sta minchia. Sono rimasto tutto il giorno a fumare e a guardare il mare atterrito. Per anni non ho avuto più il coraggio di affrontare alcuna mareggiata, nemmeno le più negoziabili. Ora ci riesco, timidamente, ma quando sono dentro e il mare si arrabbia un po' troppo, mi si stringe lo stomaco e devo uscire, non c'è niente da fare.
Sono vivo perchè:
- anni e anni di pratica nelle mareggiate mi hanno permesso di gestirmela come meglio ho potuto. Chiunque, senza pratica, ci avrebbe lasciato la pelle.
- Nettuno ha deciso di risputarmi fuori, non gli sono piaciuto. Quell'ultima onda avrebbe potuto uccidermi o salvarmi. Mi ha salvato.
Dovessi mai beccare il vecchio Nettuno gli offrirò molto da bere e, se al momento disponibili, lo imbottirò di generosissimi quantitativi di cannabinoidi che lui, ne sono certo, apprezzerà.



Offline Neophoeny

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #39 il: 15 Lug 2010, 01:38 »
Bella storia, hai voluto sfidare la sorte con l'imprudenza e ti è andata bene, col mare non si scherza, io qui in Sicilia lo so bene. Quando ci sono le bandiere rosse e soprattutto il mare forza 7 non c'è niente da fare, ti è andata benissimo e devi ringraziare Dio o Nettuno se sei ancora vivo!

Offline Wis

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #40 il: 15 Lug 2010, 09:21 »
In effetti anche io al mare ho subito parecchie "lavatrici" al limite della sopportazione polmonare.
Non ci posso fare nulla, il mare grosso mi diverte come non mai.

Comunque sì, si rischia la vita anche in modi veramente comuni e veramente stupidi.
Mio padre da piccolo, avrò avuto 8 o 9 anni, mi lasciava ad un attraversamento di distanza dalla scuola elementare, in un incrocio ad Y in cui io avrei dovuto attraversare una strada mentre lui si allontanava nell'altra.
Quel giorno, chissà perchè, forse ero in ritardo, passo l'angolo correndo, e nemmeno vedo la macchina che sta uscendo dall'angolo. Ho sentito solo il colpo dello specchietto sulle mie costole mentre mi accascio sul lato della vettura praticamente illeso (a parte un certo dolore al fianco). Credo che il guidatore si sia letteralmente cagato in mano.

In un'altra circostanza, in gita scolastica verso non mi ricordo cosa, ci trovavamo in fila indiana in un viale alberato. Un giochetto tira l'altro e ci ritroviamo a giocare a "ce l'hai" correndo tra i nostri compagni in fila. Per evitare di essere preso, senza pensarci passo dal lato opposto degli alberi, una vettura mi sfiora a 40/50 all'ora. La maestra vede la scena e, dopo essersi cambiata le mutande, mi insulta pesantemente (e giustamente).
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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #41 il: 15 Lug 2010, 10:09 »
più o meno 17-18 anni, con la mia fida motoretta 125, stavo andando allegramente ad un grosso centro commerciale (ai tempi non avevo ancora sviluppato l'odio verso il genere umano e le sue pessime invenzioni) che si trova fuori como.
viaggio tranquillo, era una bellissima giornata e non stavo affatto andando forte (anche per impossibilità della cosa dato il mezzo ^^).
sono sulla strada principale, di quelle tipiche che vanno fuori città ed hanno varie stradine che si immettono.
vedo in una di queste viuzze a 200m macchina che si avvicina allo stop, si ferma. vecchio alla guida.
visto che in moto ho sempre considerato che è meglio che un conducente ti mandi affanculo dopo aver "sentito" la tua presenza grazie a colpetti di clacson o sfanalata piuttosto che essere educati e farsi travolgere, per sicurezza do un paio di strombazzatine, cosi come per segnalare che stavo arrivando.
la macchina sta ferma, ma proprio quando sto passando, ZAC! si immette.
sono riuscito a scartare sulla sinistra forse un 50cm, non di più, e ricordo di essere stato sbilanciato dal colpetto che l'auto m'ha dato sulla marmitta sfiorandomi con il paraurti.
rimasto in piedi per assoluto miracolo: uno scarto di 45 cm o il vecchio di merda che (s)reagisce un mezzo centesiom prima e sarei andato a schiantarmi a 50-60 all'ora contro la macchina che veniva in senso opposto.

nel successivo chilometro ero talmente terrorizzato che non sono riuscito nemmeno a girare la moto, tornare indietro, inseguire la macchina, aspettare che si fermasse, prendere il vecchio e dirgli

"venerabile anziano signore, io la rispetto ma per il bene della terra devo porre fine alla sua certamente fiera ed onesta esistenza"

prima di ucciderlo a colpi di marmitta rovente in faccia

da quel giorno sono convinto che a dai sessant'anni in poi le visite mediche della patente dovrebbero essere annuali e serie, e che ai settantacinque, qualunque siano le condizioni fisiche della persona, la patente debba perdere validità
"Se vuoi lavorare con i piedi in mostra vai a vendere il cocco in spiaggia"
Cit. Vn Vomo Givsto

Offline DRZ

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #42 il: 15 Lug 2010, 10:22 »
Ma alla fine la maggioranza sopravvive. Nonostante tutto. E noi siamo qui a dimostrarlo.

Oddio, è una visione un po' limitata. Guardando le cose in maniera più vasta ti accorgeresti che alla fine non sopravvive proprio nessuno. :D

Offline DRZ

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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #43 il: 15 Lug 2010, 10:32 »
Comunque.
Avevo circa dieci anni, in gita in montagna (Argentera, circa 3200 metri o giù di lì). Dopo un'escursione ad un lago che non so più come si chiami sto tornando al rifugio assieme a mio padre e ad un mio amico, ma mi sono attardato a fare foto su una pietraia.
Ora, a quanto mi riferiscono (io non ricordo assolutamente nulla, ho solo una cicatrice a testimonianza della cosa) improvvisamente cominciano a franarmi addosso sassi e pietre e, mostrando un'agilità da tartaruga ninja d'altri tempi (immagino dono di istinto+adrenalina visto che, ripeto, non ricordo assolutamente niente) comincio a balzare di roccia in roccia verso la salvezza, che raggiungo con solo qualche graffio e una ferita sulla schiena che diventerà poi la cicatrice di cui sopra.

Ripensandoci, considerando che qualsiasi piccolo graffio era dovuto a pietre rotolanti grandi almeno quanto una mia mano e che quindi sono stato varie volte a pochi millimetri da perdere vita o arti, direi che in quell'occasione ho esaurito tutta la buona sorte che mi tocca per questa esistenza.


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Re: Ti ho mai raccontato di quella volta che sono morto?
« Risposta #44 il: 15 Lug 2010, 19:17 »
[]
nel successivo chilometro ero talmente terrorizzato che non sono riuscito nemmeno a girare la moto, tornare indietro, inseguire la macchina, aspettare che si fermasse, prendere il vecchio e dirgli

"venerabile anziano signore, io la rispetto ma per il bene della terra devo porre fine alla sua certamente fiera ed onesta esistenza"[]
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