Ero un pupetto smilzo di 4 anni circa in vacanza in una località della Calabria. Non so nuotare, e decido giustamente di mettermi a cazzeggiare tra gli scogli, là dove il mare è profondo non so quanto, forse due metri, forse cinque. Stacco telline. C'è questo bello scoglio pieno di telline, giallo e sciovoloso, e mi metto all'opera, felice. Sotto l'acqua è blu ed è pieno di ricci, non ci sono appigli praticabili. Cambio posizione per staccare altre telline. La spiaggia è abbastanza lontana. Sono solo tra gli scogli. Scivolo e cado giù. Con un riflesso fulmineo, di quelli che ti vengono per caso in situazioni di pericolo, mi aggrappo con entrambe le mani allo scoglio. La cosa interessante è che ho un ricordo in terza persona di quel momento: ricordo, cioè, l'espressione della mia faccia, come se il mio punto di vista non fosse in soggettiva, ma come se mi trovassi lì, a pochi centimetri dal viso di quel bambino scemo che per poco non faceva un bel bagno fuori programma. Mi tiro su, torno alla spiaggia in stato di semi-shock, come uno zombie. Dal momento che ero deficiente forte già allora, me ne esco con una di quelle battute di bambino che vede troppi cartoni animati: dico a mia madre "Stavo per perdere qualcosa, a mare". Mia mamma: "Ah sì? Cioè?" e io, imperioso: "la vita."
Mia madre ridacchia, e la cosa finisce lì.