Sono più che altro un'espressione del proprio tempo (sia il decalogo che i modelli) ma non sono affatto alieni, anche se li pensiamo come scaturiti in contrasto a questi. Sono una pietra miliare che caratterizza il pensiero morale (non etico ovviamente) dell'umanità.
Sull'uccidere, il rubare e nel non desiderare la cose degli altri il rapporto è diretto, ovvio che poi ci sia una specializzazione (pensiamo già al diritto romano);
Sull'idea di Dio, delle feste e del suo nome si basa il rapporto con la diversità culturale (molto specificata nel decalogo), molto centrale nell'idea di modernità. Difatti dovrebbero essere proprio i laici a dover garantire la libertà di culto, altro che stato laico.
Gli atti impuri sono tutti quelli che dal piano soggettivo colpiscono la salute della società. Nel mondo semitico l'impurità di uno colpisce il popolo, nella moderna concezione l'individuo è responsabile con il suo comportamento di ripercussioni nel mondo. Moralità civile, comportamento condiviso, ecologia ecc. ecc.
Ovvio che la modernità abbia reso più complesse le questioni. Ma la vita morale, nei suoi nuclei, è tutta già presente nel decalogo.
"Non avrai altro Dio all'infuori di me" è la negazione della libertà di culto,ed il primo motore di qualsiasi contrasto di stampo religioso.
Questa non è morale e non è etica,è puro e semplice controllo (tra l'altro assurdamente ridicolo e contraddittorio proprio nella discrepanza tra il concetto di monoteismo che vuole inculcare,e la collaterale ammissione della sua impossibilità senza che ci sia un ordine a sancirlo).
Sull'importanza antropologica,storica,culturale,nessuno ha dubbi,ma l'affermazione che il pensiero laico sia giunto alle medesime conclusioni tramite l'uso della ragione,beh, sarebbe come dire che anche un despota,dopotutto,utilizzi del senno per governare...