Oggesù. Siamo alle solite. Di cosa parla il film di Baricco? Di Beethoven. Qualcuno, per favore, lo svegli e lo porti nel ventunesimo secolo. Sentire uno che parla di sublime, di scrittura come consunzione interiore mi lascia basito. Baricco è il violinista che suona sul Titanic, un neoclassicista del tutto incapace di guardare al di fuori di se stesso.
Oddio, ho appena finito di leggere "i barbari" che è un libro che come pochi riesce a sbugiardare la tua affermazione. Sarà pure pomposo, per carità ma ha una capacità incredibile di leggere la società moderna. Di non giudicarla sopratutto. Fattici un giro (il libro è online gratuitamente sul sito di repubblica mi sembra), e ne riparliamo.
L'ho letto quando uscì a puntate su Repubblica. E rimasi esterrefatto. Sembra un libro scritto negli anni '60. Mi ha fatto l'effetto di sentire un telegiornale che apre con la notizia del rapimento di Aldo Moro.
Cioè, le cose che Baricco scrive in quel libro, le scriveva quarant'anni fa, con più approfondimento e conoscenza, Umberto Eco in Apocalittici e Integrati. Ed Eco si riferiva a, letteralmente, un'altra epoca.
Baricco è dolorosamente lontano dal presente. E in alcuni periodi storici questa è la colpa più grande che possa avere un autore. Non che un autore debba per forza occuparsi del contingente, ma se vuole essere universale deve comunque avere uno sguardo limpido e coraggioso sulla natura umana (vedi Tolkien). Altrimenti ci si trova con romanzucoli idilliaci e rassicuranti alla Baricco.
In un paese che ha scrittori come Wu Ming, Camilleri, Evangelisti, De Cataldo, Nove e Saviano, Baricco risulta per quello che è: uno scrittore di best seller rassicuranti, del tutto incapace di raccontare qualcosa di veramente interessante, chiuso nella sua polverosa figura di intellettuale proustiano.