A memoria, qui ho letto - e per quanto mi riguarda, scritto - esclusivamente critiche circostanziate, anche aspre, ma solo all'opera, non alla persona. Che comunque è presente, visto che quando ha potuto ha risposto: vedi per esempio qui.
Appunto, chiamatelo e chiedete a lui com'è il testo originale. Perché non è detto che legga, e se non vi risponde magari è perché s'è rotto i coglioni di ripetere sempre le stesse cose.
Il testo originale non è in discussione. Le critiche sono sull'adattamento. Per assurdo, il testo originale potrebbe essere completamente diverso - come "mi piace giocare a monopoli" - e noi potremmo esserne totalmente all'oscuro; ma se l'adattamento fosse "esiguo rimembro" capisci che indipendentemente dall'attinenza dell'adattamento al testo originale, l'adattamento farebbe alzare qualche sopracciglio.
Come dice Fool, se non si è a conoscenza di ciò che il personaggio dice nel testo originale, ogni critica (sia essa rivolta anche all'adattamento) perde di ogni efficacia argomentativa, in quanto il testo adattato è discendente diretto del testo originale, non può essere altrimenti.
Semplicemente la frase, in giapponese, è costruita in un modo non traducibile in modo letterale rispetto all'italiano. Ed è in questi casi che si dovrebbe, forse, lasciare perdere una traduzione parola per parola e adattare la frase a come risponderemmo noi in italiano in base a quello che sta succedendo a schermo.
Questo è un falso mito: è vero che la costruzione della frase giapponese segue regole differenti da quella della grammatica italiana (cosa che accomuna anche altre linguaggi del mondo), ma traducendo la frase dal giapponese all'italiano la si riporta secondo le regole seguite nella nostra grammatica, senza che se ne debba cambiare il senso o il registro linguistico per risultare comprensibile. Altrimenti, sai i pastrocchi nelle relazioni internazionali col Giappone se non fosse possibile tradurre fedelmente ed accuratamente la loro lingua in italiano.
Inoltre, adattare bene =/= inventare.
Semplicemente la frase, in giapponese, è costruita in un modo non traducibile in modo letterale rispetto all'italiano. Ed è in questi casi che si dovrebbe, forse, lasciare perdere una traduzione parola per parola e adattare la frase a come risponderemmo noi in italiano in base a quello che sta succedendo a schermo.
Proprio questo. E aggiungo: non solo adattare ma eventualmente, anche cambiare il testo, sempre rimanendo coerenti con azioni, personaggi, ambientazione e narrazione.
No: adattare non è cambiare/modificare, mai. Il compito dell'adattatore è unico e solo: quello di restituire in un altra lingua un'opera di un paese (e di una cultura) differente, senza nessuna variazione per quanto riguarda trama, caratterizzazione personaggi, registro linguistico.
E non è compito suo (mai, in nessun caso) rendere "capibile" un'opera straniera alterandone il contenuto, a qualsiasi livello questa alterazione venga fatta: spetta allo spettatore decidere se l'opera in questione, così come è stata concepita e realizzata dai suoi creatori, gli piace o meno, senza nessun filtro introdotto artificiosamente da terze parti estranee al processo creativo primigenio che ha portato alla realizzazione dell'opera.
Fosse altrimenti, nessuno potrebbe MAi dire se un'opera straniera gli piace o meno, visto che non avrebbe visto l'opera, ma una versione modificata secondo gusti e parametri soggettivi della persona che ha curato il (dis)adattamento dell'opera in questione.
Per cui un traduttore avrebbe dovuto usare una frase che userebbe un italiano venutosi a trovare in quella stessa situazione.
Le lingue (tutte) subiscono nel tempo una evoluzione, cambiano, si modificano, acquisiscono nuove parole mentre alte cadono in disuso. Ma è errato presumere che un'opera (qualunque essa sia) ambientata in tempi e luoghi differenti dai moderni debba seguire le medesime regole del parlato che vengono adottate oggigiorno.
Per esempio:
https://www.youtube.com/watch?v=obc6jPd-9LM (per comodità ed amor di discussione assumiamo che i dialoghi del film siano corretti (la correttezza o meno dei dialoghi non è centrale nel mio discorso))
Subito ad inizio film c'è il seguente scambio di battute tra un tassista ed un personaggio nomato (sic) "Camillo":
Tassista: "E' il Colle dei Passeri questo qui?"
Camillo: "Tale è il nome di questa comunità, si"
Ora, nel film, "Camillo" è personaggio dai modi particolari; seguendo il suo pensiero, la sua risposta al tassista avrebbe dovuto essere resa come "una frase che userebbe un italiano venutosi a trovare in quella stessa situazione", modificandola in un più colloquiale "Si, esatto, è proprio così" (l'ho allungata un po' per farla entrare anche nel labiale).
Ma, se così avessero fatto, avrebbero completamente eliminato la caratterizzazione del personaggio, ne avrebbero svilito la peculiarità, togliendo allo spettatore un elemento ulteriore sul quale formarsi il giudizio.