Adesso mi inimichero' meta' della gente che legge sto topic (anzi no, tutti) ma a livello di mero intrattenimento mi ha divertito molto di piu' la combo dei due Paranormal Activity che non quella mezza delusione che per me e' stato REC, ecco, l'ho detto.
Mah, invece a me sembra un’opinione ragionevole, non ci vedo un abisso tra le due pellicole e, a dire il vero, i
Paranormal Activity gestiscono l’approccio mockumentary in maniera più disinvolta, mentre, in alcuni passaggi di
[Rec], la persistenza di quel concetto del ‘continua a riprendere sino alla fine’ di cannibalholocaustiana memoria mal cela qualche crepa nella robustezza dello script, dando l’impressione che alcuni agganci narrativi siano un po’ tirati per i capelli.
Detto questo, tra le due alternative, io preferisco decisamente
[Rec]. La sospensione dell’incredulità avviene subito (presunti virus e mutanti non sono soggetti che richiedono un taglio da horror psicologico o realistico), quindi lo spettatore viene adeguatamente preparato a quel che il film andrà a offre, ovvero un climax di atrocità, la progressiva eliminazione dei vari personaggi e una trama che si snoda compulsivamente, sino a deflagrare nel colpo di scena finale. Seppur con qualche incertezza,
[Rec] consegna questa formula allo spettatore attraverso un girato dal ritmo buono e caratterizzato da un’apprezzabile uso dell’effetto steady cam, capace di rendere efficacemente alcune psicotiche sequenze di azioni. Ma dove, a mio avviso,
[Rec] si distingue veramente è nel set piece conclusivo, un momento di orrore puro, come pochi ce ne sono nella storia del cinema horror.
Quello che sembrava uno zombie movie ha un’improvvisa impennata sulfurea, dove serpeggia il tema della possessione demoniaca. Il resoconto gracchiante dell’esorcista, l’atmosfera opprimente del superattico, l’insinuarsi inquietante di un male ben più grande e ben più profondo, che non lacera solo la carne, ma anche l’anima. E poi Lei (o meglio, ‘Ella’) un incubo incarnato, che impone allo spettatore una seconda, rapida e agghiacciante, sospensione dell’incredulità (non solo gli infetti, ma ora anche il Maligno). Le forme corrotte dell’essere raccontano di indicibili sofferenze, di follia, di ‘Male’ (quello puro, quello che ti spiazza perché inspiegabile, ‘esiste’ e basta). A quel punto l’orrore ti è entrato dentro. Non è il balzo sulla sedia, quanto tutta la serie di cupe supposizione che s’innescano nello spettatore dopo la visione. Come si è originata la creatura? Perché? Inoltre, il pensiero più raggelante va al prima, al figurarsi i condomini presi dalla loro vita di tutti i giorni, ignari del male strisciante che gravava sulle loro teste e che li avrebbe condannati.
Di comparabile mi viene in mente, così su due piedi, solo il fumoso inferno al di là dello specchio suggerito da Carpenter ne
Il Signore del Male. Una mano entra nella dimensione oscura, non vedi nulla di esplicito, ma sai che lì risiede il male puro e sai (dalla parte precedente del film) quanto esso sia potente, quanto la sua influenza sia ineluttabile, quanto sia in grado di tarlare e traviare la mente e il corpo dell’uomo (in tal senso, il volto di Kelly, con le carni corrose dalle tenebre, è iconico). E puoi solo immaginare quali strazianti tormenti albergano in quello spazio indefinito.
Proprio per questo,
la volontà di mostrare, iniziare a spiegare, esibire il male sotto la luce della lampada al neon di [Rec] 2
ha rovinato la piccola magia del prequel.