L’ho preso e giocato un po’ durante il week end. Nominalmente, sono al 55% del gioco, in pratica, sono
appena entrato nelle fogne
.
Ho sensazioni contrastanti, anche perché si tratta di un prodotto di assoluto pregio e più le luci sono abbaglianti, più le ombre risultano scure.
Tecnicamente, è la roba più impressionante che si è vista in questa generazione, non solo per la massa bruta di elementi grafici messi in gioco, ma anche (soprattutto?) per la cura certosina e amorevole riposta in ogni particolare. Per dire, mi sono soffermato a leggere le costine dei libri archiviati nella biblioteca e quelle dei volumi conservati nello studio di architettura, notando che non solo i libri sono diversi tra loro ma pure i titoli risultano in tema con la relativa ambientazione. Queste piccole cose mi fanno esclamare “wow” più di millemila poligoni in movimento
.
Lo stesso vale per i particolari dei personaggi, i quali mostrano una versatilità assolutamente attoriale nel modulare le espressioni per assecondare quelle che definirei delle precise scelte registiche, ma in senso stretto, proprio. Credo sia il primo videogioco dove si assiste a una “buona recitazione” e a una “buona direzione”, capaci di restituire emozioni sfumate e sottili, lontane dalle interpretazioni istrioniche e quasi caricaturali a cui il videogioco ci ha abituato (Heavy Rain compreso). In generale, The Last of Us sfrutta in maniera professionale quegli elementi cinematografici che vengono utilizzati ormai tradizionalmente nel mondo dei videogiochi.
Professionale e tradizionale sono gli aggettivi chiave IMO. Perché se da una parte si setta un nuovo, elevatissimo, standard qualitativo, dall’altra non viene mostrato nulla di sperimentale, né atto ad arricchire il linguaggio videoludico attraverso elementi tratti dalla Settima Arte. Si tratta di un difetto che passa in secondo piano, però, visto che tutto quello che c’è è reso benissimo, dalle illuminazioni (anche in questo caso possiamo parlare di uno dei primi esempi di luci in senso cinematografico applicate al videogioco) alla regia generale, caratterizzata da una mano autoriale che rende assolutamente coerenti tra loro le fasi d’azione con le cut-scene. Certo, in generale, la direzione è dominata da un calligrafismo talvolta stucchevole, ma già parlare di calligrafismo vuol dire aver sfruttato a fondo il lato cinematografico del videogioco.
La sceneggiatura è ottima, i dialoghi sono finanche migliori di svariate serie televisive e fotografano i personaggi in maniera sintetica ma precisa. Per esempio, raramente ho visto il tema dell’omosessualità venire sfiorato con tanta naturalezza, delicatezza ed eleganza. Questi elementi sopperiscono a un canovaccio che sa di già visto (indipendentemente dai risvolti finali della trama), dando molta umanità alla vicenda, oserei dire che c’è tanta “verità” in questo “gioco” (pare un ossimoro detta così, ma tant’è
).
Sul frangente ludico, mi sento meno sazio. Il gioco ricalca in maniera pressoché pedissequa Manhunt, aggiungendo qualche gimmick qua e là. Non è che sia un difetto in sé (Manhunt è un titolo sottovalutatissimo, dove l’assoluta bontà del gameplay è stata oscurata dalle polemiche sulla violenza che hanno coinvolto soprattutto il seguito), ma manca quel “quid” per caratterizzare fortemente The Last of Us sul frangente ludico, bilanciando la forte personalità che il titolo mostra sotto il profilo estetico e narrativo. In questo senso, il paragone con i due Forbidden Siren e “mezzo” è quasi imbarazzante per il prodotto Naughty Dog.
Alcune scelte, poi, sono un po’ controverse, alla luce del taglio assai cinematografico del gioco. Per dire, sono lì che cerco di sopravvivere con una pistoletta, accoppo uno SWAT armato di tutto punto e non posso rubargli il fucile… capisco la vocazione survival, ma concettualmente si tratta di un potente calcio negli zebbedei alla sospensione dell’incredulità. Il tutto poteva essere gestito in maniera migliore, con scelte contestuali ad hoc (i.e. prendi il fucile in quella fase lì, poi avviene “qualcosa” e lo perdi). Lo stesso dicasi per i cadaveri non occultabili.
Una grande prova di carattere ma non una prova di coraggio, in sintesi. Comunque, un’eccellente esperienza che non vedo l’ora di portare a compimento
.