Per riprendere quanto scritto sopra: la normalità di un fatto eccezionale (es: un uomo quaratenne che spacca la faccia di un un'altro uomo vestito da clochard con un tubo d'acciao arrugginito)
non è data dalla sua singolarità?
Non diventa tutt'altro che normale ma artificioso, se ripetuto più volte nell'arco di un discorso narrativo, a prescindere da quanto possa essere ogni volta visivamente realistico (e, anzi, proprio per questo)?
Io mi riferisco alla singolarità che accada in quel modo in un videogioco, dove in genere la rottura della sospensione dell'incredulità non è data dalla reiterazione di un'azione congrua con l'ambiente descritto (se vado a caccia ed abbatto 15 animali, verosimilmente certi atti si ripeteranno più o meno uguali sempre, ma ci sarà sempre qualcosa di diverso), ma dal fatto che venga sempre fuori viziata da qualche magagna che ne denunci certi difetti peculiari.
Il bello di quelle scene non è il realismo statico dato da una texture piuttosto che da uno shader, per cui sono d'accordo che la stilizzazione (sprite più che poligoni) riesca ad evocare e suggerire meglio della mimesi fotografica per mere questioni di partecipazione dell'osservatore a completare il quadro, ma per la vitalità dinamica con cui si realizzino.
Sono azioni che abbiamo visto migliaia di volte verificarsi a schermo, eppure c'è quell'ansimare, quell'imprecare, quel muoversi "intelligente" da un punto all'altro, quell'aggredire come se su quell'unico colpo si scommettesse tutta la propria esistenza, che le rende diverse da qualsiasi altra già vista, ma vicinissima a quelle che vedremmo se ci trovassimo in quel frangente.
E se così fosse, la ripetitività di quelle situazioni, che sarebbe all'ordine del giorno, non le renderebbe certo meno reali o coinvolgenti...