Sucker Punch è video-gioco, duro e puro.
Snyder non sa creare dialoghi articolati, caratterizzazioni profonde dei personaggi, trame complesse o sottotesti affascinanti e, in questa sua prima opera libera da schemi precostituiti, nemmeno ci prova, va diritto al punto, facendo ciò che sa fare meglio: giocare con le immagini e i suoni. Il regista porta questo suo talento alle più estreme conseguenze, sommergendo sceneggiatura e testi con un visionario tsunami figurativo, tanto che ‘immagini e suoni’ costituiscono di per sé il senso stesso della narrazione e del significato della pellicola. La “versione di Alice nel Paese delle Meraviglie con i mitra” (parole di Snyder) è solo un modo sbrigativo per catalogare nella fredda logica quella che, a livello emozionale, è un inno tutto personale e tutt’altro che banale alla fantasia come prezioso propellente per affrontare la vita. Un inno brutale nel suo essere delicato, drammatico nel suo essere ludico, serio nel suo essere frivolo… e di tutto il viceversa.
In Sucker Punch accadono di fatto non più di cinque eventi degni di essere definiti come parti di una storia in senso stretto, ma è il come questo canovaccio essenziale viene tradotto creativamente in immagini (attraverso il mondo allucinato proiettato dalla protagonista) a trasmettere emozioni e suggestioni. Senza vergogna, Snyder svuota su schermo il suo ‘toy chest’ fatto di comics, manga, anime, videogiochi, film horror, fantasy e quant’altro costituisce il background di un NERD folle. Tanti e tali sono i mattoni utilizzati dal regista per costruire architetture dinamiche innovative, capaci di aggiungere sempre qualcosa ai rispettivi modelli ispiratori (evento ormai raro, non solo nel cinema, ma in ogni media devoto alle opere fantasia).
Sulla celluloide, si affastellano i personaggi più assurdi (yoroi giganti armate di mitragliatrici gatling, zombie nazisti rivitalizzati a gas), tutti asserviti alla smania estetizzante del regista, il quale li usa per allestire coreografie marziali stupefacenti, dove ogni stravagante metodo d’impugnatura di una spada, ogni stilosa posizione di tiro è parte di una vera e propria danza moderna della guerra. E non è esagerato affermare che Snyder sia il Bob Fosse delle sequenze d’azione.
In quest’orgia variopinta trovano spazio anche gli annessi e connessi più bassoventreschi dell’immaginario di riferimento, come il ‘fan service’ o il ‘gun porn’, ma (e concordo al 100% con Gladiatore) questi sono mandati in scena con mal celata autoironia e con gustoso senso della misura… tanto che il quintetto di protagoniste appare così delicato da trasmettere più l’amarezza della metafora (ragazze abusate) che i risvolti erotici del simbolo (prostitute). Quest’ultimo impatto sullo spettatore si verifica anche in corrispondenza degli excursus onirici che si snodano con andamento concentrico per tutta la durata della pellicola e che arrivano, almeno in un paio d’occasioni, a emozionare… veramente. Ed emozionano con schietta semplicità, sfruttando il medesimo processo percettivo che fa del videogioco un’esperienza e non un mezzo per sbloccare achievement.
Sucker Punch può piacere o non piacere, ma è di fatto un’esperienza, perché realizzato con esuberanza e tanta personalità, anche a rischio di essere precocemente bollato dai meno empatici come film superficiale e leccato… del resto, Zack c’insegna di “non firmare mai un assegno a parole se non puoi coprirlo con il culo!”.