@Cryu: abbiamo evidentemente scritto in contemporanea, quindi il mio post non è una risposta al tuo, che ho letto dopo.
Credo tuttavia di aver scritto, e riportato con l'articolo di Treccani, diverse argomentazioni che confutano diverse delle tue. Eviterei di dilungarmi e ripetermi.
Sorvolo anche con piacere su certi toni e accuse, visto che non hai avuto modo di leggere le mie scuse.
Mi limito a commentare un passaggio che ritengo significativo. Non è cherry picking, ma la convizione che in questo pensiero sia racchiusa parecchia della distanza di vedute.
L'umanità ha una storia, se dalle caverne non uscivano i maschi per cacciare e le donne non restavano ad accudire la prole, ci estinguavamo al day1.
La storia, e il racconto della stessa, la fanno come si dice spesso i vincitori. E i primi, più grandi, più pervasivi e più duraturi vincitori della storia umana sono proprio i maschi sulle femmine.
Non solo: l'osservazione della realtà, lo studio del passato, l'analisi delle fonti e delle testimonianze: tutto fatto, per secoli e millenni, essenzialmente da maschi.
Il che, introducendo il concetto di bias, influenza pesantemente ogni lettura della storia passata e recente.
È un punto importante, perchè dà la dimensione di quanto poco dovremmo fidarci della lettura della realtà per come è stata fino ad oggi, e metterla in discussione.
Cosa che gli studiosi (e le studiose
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) hanno iniziato a fare da qualche decennio, e non solo nella linguistica, ma in ogni campo del sapere. Giustamente, e finalmente, perché grazie a dio la scienza funziona proprio così: quando qualcuno si accorge che tutto è stato analizzato essenzialmente attraverso una lente parziale, tutto va inesorabilmente ridiscusso.
E, tra le altre cose, stiamo scoprendo sempre più testimonianze che confermano quanto le donne cacciassero attivamente fuori dalle caverne, tra una gravidanza e l'altra. Probabilmente perché cominciamo ad osservare le testimonianze attraverso lenti più complete, liberandoci da innati, radicati, sostanziali bias di genere.