Non si tratta di essere un mio pensiero, è un dato oggettivo. Un contenuto in streaming non lo puoi prestare, regalare, vendere, un disco sì. Stop. Sono limitazioni della proprietà privata e ovviamente non vale vendere l'account, condividere et similia.
Poi possiamo parlare da mò all'eternità dei vantaggi o meno di un gioco in DD ma è un discorso diverso e non cambia l'ordine delle cose attuali (poi magari domani con Stadia ti posso vendere il mio gioco in DD e ne riparliamo).
Perché "non vale" condividere?Il discorso di Oberon ha a che vedere con un concetto più simile a quello che chiamerei "welfare" del videogioco, ovvero l'accessibilità. Non si tratta di giocare come degli alienati 24/24 (probabilmente è l'utente che gioca meno), ma di promuovere un concetto più universale di accessibilità al medium, un po' come l'eliminazione delle barriere fisiche per i disabili, o la creazione di strade e collegamenti. Lo stesso contenuto, standardizzato in termini di qualità, disponibile ovunque a chiunque, libero dal vincolo fisico dell'hardware specifico perché fruibile su un ventaglio di apparecchi sicuramente presenti in ogni casa e non solo. In teoria in una evoluzione di tale concetto lo stesso contenuto potrebbe essere streammato nei tuoi Google Glasses, che andranno a sostituire magari il cellulare, o persino direttamente nella tua corteccia neurale.
Sembra una iperbole ma il discorso non è tanto cosa ci faccio io che gioco in questo o quest'altro modo (ehm, perdonami, ma parli di preferire la "qualità" nel fruire un contenuto e poi vai di multitasking, che è il modo migliore per sminuirne qualsivoglia pregio che non sia l'archiviazione?
), si tratta di intercettare un percorso che è già nell'aria e che rappresenta il futuro, volenti o nolenti.
Ti ricordi Minority Report, con i suoi spot ad personam distribuiti sugli schermi della città?
Non è fantascienza, ci arriveremo...