Autore Topic: Adel Smith strikes again!  (Letto 3116 volte)

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Offline Gatsu

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Adel Smith strikes again!
« il: 02 Apr 2007, 09:50 »
Oggi mi arriva la seguente mail da un mio ex docente universitario:

Ciao Tommaso,

probabilmente sarai già a conoscenza del verdetto controverso che ha punito con la pena detentiva il prof. Stefano Allievi, per aver espresso in un suo libro opinioni giudicate offensive nei confronti di Adel Smith, personaggio pubblico salito agli onori della cronaca per la campagna conto il crocifisso appeso nella scuola di Ofena e per le esternazioni contro la religione cristiana.

La contestazione di Smith può essere anche legittima. Quello che però sconcerta è la pesante condanna seguita alla querela di Smith ai danni di Allievi: 6 mesi di reclusione, oltre a una pena pecuniaria di 3000 euro, per diffamazione aggravata a mezzo stampa. Un verdetto che costituisce a nostro giudizio un precedente pericoloso in grado di innescare un meccanismo perverso di autocensura per chiunque si occupi di temi sensibili, come quello attualissimo dei rapporti tra Occidente e Islam, difficilmente compatibile con l'idea che abbiamo della libertà di opinione e più in generale di giustizia.

Proprio per questo, qualche giorno fa, abbiamo deciso di far partire anticipatamente Dominio Pubblico (http://www.dominiopubblico.it), un'iniziativa sul web che nasce in concomitanza e a supporto dell'analisi e del dibattito relativi a questa vicenda. Questo perchè il fatto mette in discussione principi fondamentali che riguardano non solo quella che vuole essere la mission stessa di Dominio Pubblico, ma anche ognuno di noi e, in particolare, quelle categorie che sono più attente e sensibili alle questioni della democrazia e della libertà di opinione, come il mondo universitario e quello del giornalismo.

Ti invito, pertanto, a visitarci su Dominio Pubblico e a dare attivamente il tuo sostegno al dibattito inviando commenti e articoli. Nelle pagine del sito troverai qualsiasi indicazione in merito alla vicenda: ti sono grato se vorrai spedire questa mail o il link al sito a chiunque vorrai, soprattutto ai tuoi colleghi di Università. Sul sito è presente anche il collegamento per partecipare concretamente all'Appello di Solidarietà per Stefano Allievi e sottoscriverne la petizione.

Ciao e grazie mille in anticipo!

Ugo Guidolin

Redazione di Dominio Pubblico
www.dominiopubblico.it
redazione@dominiopubblico.it

NB: Sentiti libero di inoltrare questa e-mail o pubblicare il suo contenuto sulla stampa, sul tuo blog o nei forum di cui fai parte.

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Posso solo dire che Allievi è una persona molto equilibrata e ho qui in casa un suo libro sull'Islam molto bello e tutt'altro che offensivo. Su questa vicenda non conosco i dettagli, ma ho intenzione di leggermi tutto per bene...

Offline baku.nin

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Adel Smith strikes again!
« Risposta #1 il: 02 Apr 2007, 10:27 »
6 Meeeesi?!! Per diffamazione contro quel coglione finto beduino in perenne ricerca di pubblicità?

Perchè al ministero della difesa abbiamo quel coglione di mastella e non acciarone? :evil: .....
NO EMO. NO PUCCA. NO JACK SKELETON. NO OTAKU. NO KAWAII. NO GOTHIC PEOPLE. NO METAL CLOWNS. NO LACUNA. NO PIERCED MOUTHS. NO COSPLAYING. NO BLOGGERS. NO MYSPACE'S FRIENDSHIP. NO RAGGA-NIGGA. NO DAMS. NO ELECTRO-SHIT
 LET THERE BE BAKU

Offline Gatsu

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Adel Smith strikes again!
« Risposta #2 il: 02 Apr 2007, 11:04 »
Citazione da: "baku.nin"
6 Meeeesi?!! Per diffamazione contro quel coglione finto beduino in perenne ricerca di pubblicità?

Perchè al ministero della difesa abbiamo quel coglione di mastella e non acciarone? :evil: .....


Guarda, la cosa mi perplime non poco. Primo di tutto perchè Allievi è una brava persona ed è stato un buon professore. Secondo perchè son certo che Adel Smith lo vuole inculare poichè Allievi ha delle simpatie per Israele (era lì in conferenza una settimana sì e una no). Terzo perchè il pezzo incriminato, che trovate sul sito, è sì duro verso Adel Smith, ma non inventa niente (poichè Smith quelle cose le ha davvero fatte e dette) e comunque è comparabile a diversi editoriali o articoli usciti sulla sua persona.

A questo punto mi chiedo, perchè questo poveretto va in prigione e la Fallaci no? Ma anche se la pena fosse simile per la Fallaci, il diritto di opinione esiste ancora?

Offline dj-jojo

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Adel Smith strikes again!
« Risposta #3 il: 02 Apr 2007, 11:14 »
Ma sopratutto, perchè in Italia chi dice le cose come stanno (quindi senza inventare nulla) viene condannato per diffamazione?
Quello che, per esempio, succede ai vari comitati di difesa della salute pubblica quando raccontano delle malefatte di chi inquina.

Offline Seppia

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Adel Smith strikes again!
« Risposta #4 il: 02 Apr 2007, 11:15 »
guarda gatsu, l'evento é cosi allucinante che stento a crederci.
davvero quest'uomo é finito in gabbia?

ora mi prendo un po' di tempo per studiare la questione e poi strickero' indietro per lanciare una fatwa contro adel smith
"Se vuoi lavorare con i piedi in mostra vai a vendere il cocco in spiaggia"
Cit. Vn Vomo Givsto

Offline Gatsu

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« Risposta #5 il: 02 Apr 2007, 15:07 »
Citazione da: "Seppia"
guarda gatsu, l'evento é cosi allucinante che stento a crederci.
davvero quest'uomo é finito in gabbia?

ora mi prendo un po' di tempo per studiare la questione e poi strickero' indietro per lanciare una fatwa contro adel smith


Guarda, l'email è arrivata oggi, dubito sia un pesce. Il docente che l'ha spedita è mio relatore di laurea nonchè collega di Stefano Allievi. E si è sbattuto per fare il sito (lo stile è il suo). MI sembra troppo grande per essere uno scherzo. Dopo magari gli scrivo per sapere qualcosa di più.

Offline Gatsu

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Adel Smith strikes again!
« Risposta #6 il: 02 Apr 2007, 15:13 »

Offline Seppia

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Adel Smith strikes again!
« Risposta #7 il: 02 Apr 2007, 16:37 »
mmh

la sentenza data del 23 febbraio
nessun giornale ne ha parlato
mi stupirebbe che tipo il foglio di ferrara lasci perdere una cosa del genere


boh

se fosse vero sarebbe davvero drammatico
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Cit. Vn Vomo Givsto

Offline Gatsu

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Adel Smith strikes again!
« Risposta #8 il: 02 Apr 2007, 17:29 »
Questo l'articolo incriminato:

San Petronio e Mr. Smith
dal libro di S. Allievi, Islam italiano. Viaggio nella seconda religione del paese, Einaudi, 2003

Cominciamo dal simbolo per eccellenza della Bologna cristiana: la basilica di San Petronio. Per la precisione una sua cappella laterale, la quarta a sinistra: la Cappella Bolognini.
Lì, dal 1410, c’è anche Maometto, anzi, Machomet: raffigurato in un giudizio universale di ispirazione dantesca dal pittore Giovanni di Pietro Falloppi, o Giovanni da Modena. All’inferno, ovviamente, dove del resto lo piazzò Dante, nella nona bolgia, tra i “seminator di scandalo e di scisma”, come racconta il canto XXVIII, descrivendo la sua pena con una certa crudezza di linguaggio:

    “rotto dal mento infin dove si trulla:
    tra le gambe pendevan le minugia;
    la corata pareva e’l tristo sacco
    che merda fa di quel che si trangugia.
    Mentre che tutto in lui veder m’attacco,
    guardommi, e con le man s’aperse il petto
    dicendo: «Or vedi com’io mi dilacco!
    vedi come storpiato è Mäometto!
    Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
    fesso nel volto dal mento al ciuffetto»”.

    (Dante fu più gentile con altri sapienti musulmani, che con coraggio, per l’epoca, collocò invece altrove, come «Averoìs che ‘l gran comento feo», nel canto IV: dell’inferno, è ben vero, ma nel Limbo dei sapienti, nel quale, oltre ai profeti biblici e ai grandi filosofi greci troviamo, tanto per restare in tema, anche Avicenna e il Saladino. E potremmo aggiungere che forse il «ghibellin fuggiasco» fu debitore, per la sua Divina Commedia, alla leggenda del viaggio notturno di Muhammad da Gerusalemme, e ad elementi di altri testi arabi già presenti nella letteratura cristiana, come sostiene la nota tesi di Miguel Asín Palacios, esposta nel suo L’escatologia islamica nella Divina Commedia ormai già un’ottantina di anni fa).

Il Machomet in questione, quello di San Petronio, è nudo, di schiena, con barba bianca e fattezze orientali. E se ne sta lì, tranquillo e fondamentalmente impercepito, più o meno da sei secoli. Solo che oggi, che tutto è buono per fare polemica, se ne è accorto un signore di nome Adel Smith, cittadino italiano convertito all’islam, feroce polemista anticristiano, come sono talvolta i convertiti, quando devono risolvere in qualche modo i loro conflitti di identità.
Lui vive a Ofena, un tranquillo paesino arroccato sulle montagne dell’Aquila. Ma gira come un tarantolato a promuovere il suo partitino, e ha fatto di Bologna il suo Piave, la sua linea di resistenza.
Parliamone, di costui: anima in pena, in perenne affannosa ricerca di qualche forma di visibilità mediatica. Da sempre alla ricerca di nemici cristiani – o perfidi giudei – da sfidare. Oltre un decennio fa si allenava con ignari missionari o studiosi cattolici, invitati a quelli che credevano essere incontri di dialogo interreligioso: e davanti a una platea di musulmani di bocca buona, in quel di Roma, si dava da fare per assurgere alla fama di defensor fidei – anzi, più che altro, di accusatore di quella altrui – ammannendo il consueto e peggior repertorio che una polemica anticristiana di secoli e un’apologetica islamica facile facile ha saputo produrre, aggiungendovi di suo, per parafrasare qualcuno che dopo tutto fa il paio con lui, una rabbia cieca e un orgoglio debordante, oltre che un ego di dimensioni assolutamente ragguardevoli. Oggi ha fiutato l’aria, tanto da fondare di recente anche un partito, l’Unione Musulmani d’Italia, con alcuni figuri secondari dell’estrema destra convertita all’islam (come Abdul Haqq Zucchi, quello del dirham, di cui abbiamo parlato in quel di Roma).
E’ interessante notare quanto, nella perversione dei meccanismi mediatici, uno così sia proprio il musulmano che ci voleva. Ho davanti a me il Giornale del 27 maggio 2002: titola a tutta pagina, taglio alto, come notizia principale: Nasce il partito islamico italiano. Sottotitolo: Si presenterà alle prossime elezioni, vuol applicare il Corano in Italia: «Siamo già in 5mila». “Il Giornale” è un non giornale, si dirà. Ed è vero: infatti è l’unico quotidiano a sparare questa non notizia in prima pagina, su otto colonne, e a dedicargli tutto questo spazio. Ma molti ricordano anche la presenza di Smith nel salotto di Bruno Vespa, a sparare a zero sul crocifisso. E quando Massimo Cacciari ha chiesto: «Ma Vespa, dove l’ha pescato questo qui?», il giornalista, che pure sapeva con chi aveva a che fare, e quanto (poco) rappresentasse l’islam italiano, ha detto: «Questo signore rappresenta l’Unione Musulmani d’Italia!». Tre soci fondatori o giù di lì, tra accoliti e mogli rispettive, tutti presenti in studio… Più che soci, servi sciocchi, a leggere quanto Abdul Haqq riesce a scrivere nella prefazione a un libello di Smith di risposta alla Fallaci (libro inutile, insolente e ridondante come il suo autore, a cui non manca, va detto, il senso della propria importanza, tanto da aver scritto in passato anche al Papa, ingiungendogli di convertirsi all’islam): «È come al solito lui che adempie a quello che è un preciso dovere di ogni musulmano, quello di difendere la propria religione, la dignità dell’Islam, a dimostrazione di essere l’unico vero leader di tutti i musulmani d’Italia»; che loro lo vogliano oppure no. Del resto, anche Smith non scherza, nell’autopresentazione contenuta nel risvolto di copertina, tanto autocondiscendente e priva di senso delle proporzioni da suscitare un’allegra ilarità: «ha approfondito, fin dalla giovane età, lo studio del testo biblico e del cristianesimo, giungendo a un livello di conoscenza critica oggi difficilmente eguagliabile»; e il suo – essendo Smith tutto preso da se stesso e dunque del tutto ignaro di quanto succede altrove – sarebbe «il primo ed unico partito religioso-politico musulmano in Europa». E così anche il piccolo Ceausescu di provincia dell’islam italiano è sistemato al posto che gli spetta di diritto: il più alto, naturalmente. E d’Europa…
Adel Smith rimane quello che è: un professionista della provocazione, capace di vivere solo sulla immondizia pseudo-culturale che genera, e la polemica che da questa si ingenera, e che gli fa solo un favore, dandogli quella fatua visibilità mediatica di cui ha bisogno come dell’ossigeno, per esistere. E naturalmente i giornali, e le televisioni, ci cadono. O ne sono complici. Come con la sua richiesta (lui la chiama formale diffida) ai ministeri della Sanità, della Pubblica istruzione, degli Interni, con annessa minaccia di trascinarli in tribunale, se non toglieranno tutti i crocefissi dalle scuole e altri luoghi pubblici: riportata un po’ da tutti. E altre amenità: come le botte in diretta a Teleserenissima o gli squallidi monologhi-insulto a TeleLombardia, in cui ripete il suo tristo repertorio. E il regalo che gli hanno fatto gli idioti squadristi di Forza Nuova, pestandolo in diretta, sul canale veronese TeleNuovo. La morale è triste: sono i media, specie questa triste trash tv disposta a tutto pur di guadagnarsi una piccola fetta di audience, ad aver inventato Adel Smith. Verrebbe da costringere i giornalisti che l’anno fatto, da Vespa in giù, a compensare almeno un poco la società – e, come in America, costringerli per qualche mese ad un lavoro di utilità sociale: che so, raccogliere spazzatura, invece di continuare a produrne. Purtroppo, invece, le cose vanno diversamente. Smith è un pallone gonfiato dai media. E, come una mongolfiera ormai lanciata, continuerà a volare per l’aere, fino a quando avrà gas a sostenerlo. E ne avrà, perché glielo danno i media stessi. E, volando, continuerà a far danni: il veleno che lui, attraverso i palcoscenici che gli hanno offerto, e i mediocri che gli hanno risposto, hanno iniettato nel corpo sociale, ormai ha già inquinato il quotidiano di molti, soprattutto musulmani, che si vedono appiattiti sull’icona da Smith rappresentata. Ovvio che ci venga da richiamare il monito di Karl Popper: la tv, i media, sono potenti – bisogna saperli usare. Sarebbe dunque giusto, doveroso, costringere gli operatori dei media ad avere una specifica patente, come per i mezzi pesanti. E se chiunque guida ha il dovere di imparare il codice della strada, il minimo che si può pretendere è che chi guida i tank dell’informazione sia obbligato ad apprendere il codice deontologico, attraverso lezioni, interrogazioni ed esami.
L’altra parte di responsabilità, naturalmente, è di Smith: così disinteressato al destino dei musulmani che dice di voler rappresentare, da far finta di ignorare che, ad ogni aumento dello share che la sua presenza sul piccolo schermo contribuisce a produrre, diminuisce contestualmente, nella stessa misura, l’indice di gradimento del prodotto che dice di voler vendere – il rating, per così dire, dell’islam.
Ma lui ci è abituato: il disprezzo per gli altri è l’altra faccia dell’apprezzamento quasi comicamente enorme che ha di sé. Lui, il crocefisso, lo chiama «macabra raffigurazione di cadavere in miniatura», e lo paragona a «una ghigliottina in miniatura con il decapitato infilato». Non solo offensivo e volgare, ma privo del tutto di pietas: per essere un sé-dicente religioso non c’è male.
La battaglia intorno o contro al crocifisso non è nuova, e non l’hanno inventata i musulmani. Certa propaganda ateistica, comunista e anarchica, ma anche, con toni assai più pacati, altre minoranze religiose, l’hanno sollevata in passato. Ed è un tema su cui si potrebbe, volendo, anche discutere. Se discutere si volesse. Lo Smith è riuscito invece, come è nella sua vis profonda, solo a offendere: inclusi non pochi musulmani, anch’essi urtati e offesi dal disprezzo trasudante dalle parole e persino dalla mimica di Smith, pronunciate nei confronti di uno che in fin dei conti è anche un amato profeta dell’islam, conosciuto dal Corano come Isa ibn Maryam, Gesù figlio di Maria, di nascita verginale, anche se i musulmani non credono sia stato crocifisso. E nessun musulmano degno di questo nome, tanto meno un responsabile religioso che ha il modesto programma di instaurare la shari’a nel nostro paese, offenderebbe scientemente le credenze dei cristiani, che il Corano chiama ahl al-kitab, genti del Libro, e i loro simboli, che la dottrina e la tradizione islamica hanno sempre rispettato, anche se altrettanto non si può dire oggi, nella pratica di alcuni paesi e gruppi.
A proposito: sul crocifisso le parole più belle le ho sentite pronunciare dal presidente dei giovani musulmani italiani, Abdallah Kabakebbji, a un convegno: “Macché contrari! Se servisse a far sì che i nostri compagni di scuola e di università fossero più cristiani, più rispettosi dei dettami della religione, saremmo solo contenti…”
E da Vespa è toccato a Cacciari difenderne l’umanità profonda e l’insegnamento: né il giornalista che si dice, credo, cattolico, troppo gongolante per il proprio piccolo scoop, né peraltro i preti ospiti in studio, evidentemente non abituati ad un contraddittorio su questi livelli, hanno saputo farlo.
Bologna, tuttavia, non gli ha portato fortuna, allo Smith. Nonostante la eco della vicenda avesse raggiunto nel frattempo anche il Times, e accorate richieste di informazioni provenissero al sottoscritto anche dalla BBC. Come prevedibile, la minaccia di portare migliaia di fratelli a manifestare a Bologna si è risolta con una buffonata, più o meno come i cinquemila iscritti dichiarati al suo partito fin dal suo lancio, a colpi di comunicati stampa: prima ancora che si sapesse che il partito esisteva.
Tuttavia, siamo consapevoli che con personaggi di tal fatta bisognerà comunque fare i conti. Se ne parlerà ancora. Non solo perché esistono. Ma perché, in questa fase di turbolento assestamento e di solo iniziale stabilizzazione e istituzionalizzazione dell’islam italiano – e molto grazie al ruolo dei media, che non a caso invitano lui, e non altri interlocutori musulmani: se non ci fosse stato, avrebbero dovuto inventarlo… – possono trovare i loro spazi, i loro piccoli nuclei di seguaci, ed esercitare così il loro piccolo ruolo di piccoli Cesari: in grado di fare, se l’occasione si presenta, anche non piccoli danni.

Offline acciarone

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Adel Smith strikes again!
« Risposta #9 il: 02 Apr 2007, 23:34 »
che noia adel smith.
lasciatelo nel suo brodo primordiale.
Le opinioni di Acciarone non corrispondono necessariamente alle opinioni di Acciarone.

Offline Gatsu

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Adel Smith strikes again!
« Risposta #10 il: 03 Apr 2007, 13:17 »
Citazione da: "acciarone"
che noia adel smith.
lasciatelo nel suo brodo primordiale.


Se non facesse tutti sti casini... ^__^

Offline Gatsu

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Adel Smith strikes again!
« Risposta #11 il: 29 Mag 2007, 15:38 »
http://www.dominiopubblico.it/DP/?p=84

A pochi mesi dalla condanna inflitta al prof. Allievi e dallo sconcerto che essa ha generato, la vicenda riapre in maniera ancora più profonda il dibattito su diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione, come le libertà di critica e di opinione espressi anche questa volta in un libro da un’illustre studioso, il prof. Renzo Guolo, che vengono nuovamente rimessi alle sorti di un verdetto in un aula di Giustizia. Una strada pericolosa che, come ormai ritengono in molti (vedi Rassegna Stampa), fa un uso strumentale della giustizia per una supposta difesa dell’Islam a scapito della libertà di opinione. Pubblichiamo di seguito l’articolo di Repubblica del 27 maggio 2007, a firma dello stesso Guolo.

La Repubblica, 27 maggio 2007

 Io, processato per una fatwa

di Renzo Guolo

Accade questo: sono stato querelato da Adel Smith per le poche pagine che ho scritto su di lui in Xenofobi e xenofili: gli italiani e l’islam, edito da Laterza nel 2003. E, sin qui, dovrei dire, sono in buona compagnia: Smith ha querelato, o ha annunciato di voler querelare, papi e cardinali, ministri e parlamentari, famosi scrittori e giornalisti, ricercatori ed esponenti di altre organizzazioni islamiche. Scomparso dalla scena mediatica, Smith ha cercato di restare al centro dell’attenzione attraverso una sorta di “via giudiziaria” all’islam.
Anche se le aule di tribunale le ha frequentate anche come imputato. È stato condannato in primo grado, in più sedi, per vilipendio alla religione cattolica.
Com’era ovvio, la maggior parte delle querele sono state archiviate: a me non è andata così. A Bari una pm ritiene che ci siano elementi per andare a giudizio.
Sono sempre stato garantista: lo sarò anche nei miei confronti. In un processo il pm è parte: sarà il giudice a determinare se vi sia o meno diffamazione. E, come afferma Smith, addirittura vilipendio della religione islamica. Si, perché questo è il teorema, diffamando il leader dell’Umi avrei vilipeso anche l’islam. Ciascuno potrà farsi un’idea sulla vicenda leggendo il libro, di cui naturalmente, nel suo poco astratto furore censorio, Smith ha, invano, chiesto il sequestro.
Ma la querelle si presta a considerazioni che non vanno affatto sottovalutate. Perché rinviano alla messa in discussione della libertà di opinione garantita dall’art. 21 della Costituzione e della libertà di ricerca garantita dall’art. 33 della nostra Carta. Vi è nell’aria una preoccupante indifferenza per l’affievolimento di queste libertà.
Questioni storiografiche o di grande rilevanza sociale si discutono ormai più nelle aule di giustizia che nelle sedi scientifiche o davanti all’opinione pubblica. Con il risultato che si processano gli autori per i loro libri ma senza parlare dei libri: estrapolando il testo dal contesto, le parole dalla loro cornice concettuale. Facendole navigare nel vuoto dell’inevitabile astrattezza giuridica della norma.
La “via giudiziaria” di Smith fa dunque emergere questioni, come lo strumentale uso della tutela penale della religione, che pure va protetta, a scapito della libertà di opinione e l’inflazione del diritto penale nell’affrontare simili temi. Questioni cui il Legislatore dovrebbe dare una chiara risposta, anziché delegarla a un’interpretazione in sede giudiziale che rischia spesso di essere discrezionale. Anche perché nei prossimi anni questo sarà un terreno destinato a diventare oggetto di conflitto.
Nel frattempo, però, gli effetti dell’offensiva giudiziaria di Smith sono evidenti: le querele a raffica funzionano anche come efficace strumento di interdizione per quanti operano nel campo dell’informazione e della ricerca. Una preoccupazione ben presente a sociologi e storici che, commentando il caso di Stefano Allievi, altro noto studioso dell’islam portato in tribunale da Smith e condannato pesantemente in primo grado per quanto scritto in un volume pubblicato da Einaudi, hanno rilevato come sia ormai sempre più difficile, in Europa e in Italia, esprimersi su simili argomenti.
E allora chiediamo: andiamo verso una repubblica dell’autocensura indotta da un malinteso senso del politically correct? È utile al paese una simile deriva? Ci rifiutiamo di crederlo; tanto più nel momento in cui non solo l’opinione pubblica ma anche le stesse istituzioni (tutte, nessuna esclusa) chiedono a chi ha sapere in materia elementi utili ai loro ambiti di intervento.
L’interdizione è rinforzata dallo scagliare contro i ricercatori l’accusa, pesante non tanto sul piano della sanzione quanto per le sue implicazioni, persino esistenziali, di vilipendio della religione islamica. Accusa che, per quanto mi riguarda, è particolarmente dolorosa perché fa strame della mia biografia di intellettuale impegnato nel dialogo tra civiltà e nel far distinguere all’opinione pubblica l’islam come religione dall’ideologia islamista, i credenti dai fondamentalisti, e nel proporre la piena integrazione dei musulmani nella società italiana.
Ora è come se tutto quello che ho scritto come studioso e per cui mi batto come cittadino non contasse. Sentirsi affibbiare da Smith, in questa sorta di “fatwa” che si serve del diritto penale nazionale per raggiungere i suoi scopi, un’etichetta che non corrisponde al proprio vissuto, alla propria storia intellettuale, è già, di per sé, alienante ma rientra nella tipica strategia del personaggio. Ma che un magistrato prenda per buona questa tesi appare sorprendente.
Infine un argomento scomodo ma che non può essere eluso: non occorrono particolari conoscenze per comprendere come, di questi tempi, chi si occupi professionalmente di fondamentalismo islamico cammini su un rischioso crinale. Tanto più se sovraesposto mediaticamente. Una realtà che costringe talvolta a scelte difficili: come quella tra libertà di espressione e sicurezza personale.
Occorrerebbe cautela nell’avallare accuse che bollino qualcuno come “diffamatore dell’islam”. Soprattutto se esiste il ragionevole dubbio che, per la biografia e le pubbliche posizioni dell’accusato, non sia proprio così. La possibilità che qualche fanatico invochi un giorno tale etichetta come una specie di legittimante “certificazione doc” a conferma delle proprie intenzioni non troppo pacifiche non può mai essere esclusa.
Certo, ciascuno ha il diritto di agire in giudizio; ma la vicenda rivela una concezione della giustizia che, avrebbe detto un grande giurista come Federico Stella, allontana una società dalla stessa idea di giustizia. La battaglia per smontare le conseguenze dell’insidioso “teorema Smith” è una battaglia di libertà. La faremo sino in fondo.