Proprio come quelle dei libri, le traduzioni dei videogiochi in italiano seguono un doppio binario fra attualità e ripescaggio. Ci sono le nuove uscite commerciali, e i classici. Molte case editrici pubblicano traduzioni di vecchio materiale, sia per linea editoriale che per passione dei traduttori che vi lavorano.
Il romhacking (che commerciale non è, salvo rare occasioni) è più vicino a questa seconda cosa.
Se riesci a superare il lato tecnico della traduzione di un gioco, spesso e volentieri hai avuto a che fare con codice di natura molto diversa rispetto a quello di un programma per PC.
I videogiochi spesso e volentieri vengono progettati "usa e getta" dal lato dell'architettura software. Più vecchi sono, più è possibile che condividano al massimo qualche routine o elemento grafico con altri giochi della stessa casa. Nulla di più. L'uso intenso di motori e middleware è cosa relativamente recente. E questo vuol dire che stiamo parlando di hacking.
Quando fai hacking usi il tuo cervellino, oltre a nozioni che hai imparato sul campo e da altri, per renderti comprensibile l'architettura di un software allo scopo di modificarlo. E' un esperienza affascinante, perché mette alla prova il "pattern recognition" su cui la specie umana ha fatto sempre affidamento per sopravvivere, e poi dominare, ambienti ostili.
Poi c'è il lato dell'attaccamento ai giochi amati durante l'infanzia e la giovinezza.
Insomma, arrivi dopo un po' al momento tanto sognato. Hai penetrato i misteri di uno dei tuoi giochi preferiti e stai per farne un'edizione italiana non ufficiale. L'hai fatto tuo e nessuno può dirti o farti nulla, anzi hai buon diritto a sentirti una via di mezzo tra un buon samaritano e un autore.
(il romhacking è una sfida intellettuale e artigianale perché è molto raro che autori e fruitori di patch s'incontrino nella vita di tutti i giorni)
Quello che succede, quando il gioco in questione è un gioco di ruolo giapponese, è che spesso e volentieri vorrai interpretare la natura e i messaggi del testo di gioco. I JRPG sono intrattenimento per liceali con testi che spesso e volentieri sforano la lunghezza di un romanzo, ma che non sono importanti per la maggior parte dell'utenza quanto il testo di un libro. Sono giochi. Se vuoi un genere dove la qualità dei testi è vitale, rivolgiti alle visual novel.
Anzi, molto spesso si predilige la quantità alla qualità dei testi. Foss'anche per dare a chi gioca l'impressione di un vasto mondo esplorabile pieno di roba.
Le scadenze di sviluppo, e la natura schizofrenica tra artigianale e industriale delle software house, spesso fanno sì che una vera e propria visione d'insieme dell'opera, non ci sia. Il processo di editing dei testi di un gioco che venderà milioni di copie è comunque molto meno rigoroso di quello di un libro di King.
Così ci si trova davanti a giochi, come Final Fantasy 7 e Xenogears, pieni di buchi narrativi, traduzioni ufficiali inglesi che hanno dell'eroico, piene di errori ma che comunque entreranno nell'immaginario collettivo dei giocanti. Non è poca la gente che, a ogni riedizione di Final Fantasy 6, va a controllare se e come sono state ritradotte le battute di Kefka, e se discostano dalla leggendaria versione di Ted Woolsey.
Un traduttore amatoriale è un artista. Un progetto può portarselo avanti, come una spina nel fianco, anche per decenni. Senza gratitudine e a volte con minacce di hard disk fulminati oppure addirittura beghe legali. HAI VOGLIA se sei sente legittimato a interpretare lo spirito dell'opera come piace a lui. In un certo senso, ora l'autore è lui. Il gioco è suo. I veri autori sono distanti migliaia di chilometri, al lavoro su altro, magari non lavorano nemmeno più da anni a un videogioco, magari sono morti. C'è solo il traduttore, un bambino da gestare, e il mondo crudele che vedrà camminare quel bambino.
Ecco come si sviluppa l'attaccamento fra un traduttore e un'opera d'ingegno. Non esiste una versione giusta o sbagliata di un testo, se sei l'unico che si è smazzato per portare a termine una traduzione. Esiste la tua e basta. (sino alla prossima, di altri
)
Questo vale sia per i traduttori puristi, che no. Mettersi a ritradurre un gioco come Final Fantasy 7 apre a una doppia ingratitudine. E' la tua visione personale di un mostro sacro, ma un mostro sacro che molti appassionati hanno conosciuto con un testo diverso, nelle cose piccole (come i giochi di parole) e in quelle grandi (il senso dell'opera, ammesso ci sia e abbia senso parlarne).
E poi che ve lo dico a fare, non si è ancora posata la polvere sulla questione delle ritraduzioni italiane di Tolkien, che oltre ai ricordi abbraccia la politica...