è artigianale, finto, insignificante, non racconta, non approfondisce, è solo per gli occhi. Il Cavaliere Oscuro, invece, è un film solido e completo che è riuscito a non cascare in nessuna delle buche in cui sono inciampati tutti i superhero movie degli ultimi anni.
Non sono d'accordo.
Burton in quel film ha il grande pregio di riuscire a raccontare e mettere in scena la psicologia dei personaggi non solo tramite i dialoghi, ma anche tramite il mezzo cinematografico in purezza, cioè le immagini.
Uno dei capisaldi della caratterizzazione psicologica di Batman, che Nolan non affronta affatto, è il rapporto di Bruce con la sua casa.
Che non è sua, ma del padre, e questo per lui resterà un imperativo per il resto della vita, la casa come tempio intoccabile, come estensione della tomba famigliare in cui egli si muove quasi come un ospite.
Burton sottolinea tutto questo non solo tramite la scena stupenda del pranzo tra Bruce e Vicky("A dire il vero credo di non essere mai stato in questa stanza"), ma anche in scene successive, dove senza dire una parola e senza dover spiegare nulla, mostra un Bruce Wayne piccolissimo e immerso nei suoi pensieri in mezzo a stanzoni enormi, soffocanti di cimeli eppure svettanti sopra e attorno a lui, immensi e allo stesso tempo "stretti" attorno a lui, e il tutto grazie alla scenografia e al taglio delle inquadrature.(fughe prospettiche da capogiro verso il fondo e verso l'alto, con in mezzo Bruce, immerso nella penombra e tagliato dalla stessa.In una sola immagine Burton mostra assieme l'universo in cui Bruce vive ogni giorno, sia esteriore che soprattutto interiore, perchè quella casa enorme e silenziosa in cui egli esiste come un fantasma è il simbolo e l'immagine della sua solitudine coatta).
E ancora, il rapporto di Batman con la sua maschera, con se stesso, viene risottolineato in diverse scene, non si parla, non si sprecano fiumi di parole affinchè la platea possa "capire", tutto è suggerito, filtrato da regia e fotografia, esattamente come nel fumetto.
Vedi la scena in cui Batman riporta Vicky a casa, lei lo studia e lo osserva, e lui accende la luce per confonderla, e ancora nell'antro, quando nella grotta si notano tutti pipistrelli liberi, ma solo uno in gabbia(guarda come solo questo dettaglio dica mille e più parole su come Batman veda se stesso), e allo sguardo stupito di Vicky, Batman risponde subito con un secco e granitico "Pipistrelli, grandi sopravvissuti"(ancora una volta un dettaglio su come lui si consideri in parallelo alla storia biologica del mammifero da lui scelto per rappresentarlo).
Vedi ancora la scena in cui Vicky si risveglia nel letto da sola, e fuori dal campo della camera si sente un lento e continuo cigolare, per poi mostrare l'altra faccia di Bruce Wayne, forse il suo modo di dormire abituale.
E ancora, alla prima apparizione di Bruce Wayne in società, Burton è geniale nel modo in cui sottolinea l'assoluta insostituibilità di Alfred nella vita di Bruce, senza il quale egli sarebbe perduto, nonostante la corazza di eroe mascherato, cioè con Alfred che come un'ombra scompare e riappare nella inquadratura, sempre dagli angoli, assolutamente composto, per raccogliere al volo i bicchieri.
Nolan ha uno stile differente e non credo ci sia bisogno di ribadire quanto The Dark Knight mi sia piaciuto, proprio per gli stessi motivi che sottolinei(cioè un film di caratura superiore rispetto ai superhero movie odierni, per quanto io odi fare distinzioni di genere, e preferendo il più semplice "film buono/film mediocre"), però il Batman di Burton non fallisce in nessuna delle aspettative che un fan di Batman con un minimo di coscienza per apprezzarne le sfumature umane, sociali, psicologiche, potrebbe mai avere.
Quindi lungi da me poterlo definire addirittura insignificante o finto.
Anzi, teoricamente a livello di narrazione il Batman di Burton è molto più fedele all'archetipo del personaggio stesso, il quale nel tentativo di nascondere se stesso dietro la coltre di ombra e buio che lo avvolge, in verità racconta proprio tutto di se', ma in maniera muta(cioè l'approfondimento psicologico del personaggio deputato alla creazione della scena attorno a lui e con lui, una sceneggiatura di inquadrature e fotografia, come delle tavole appunto, piuttosto che di dialoghi).