Non vorrei addentrarmi in questi argomenti, perchè andrebbero trattati con la massima precisione possibile, anche dal punto di vista dialettico.
Inoltre si tratta di argomenti in cui è troppo facile fossilizzarsi su una certa posizione e rimanere impermeabili e ostili alle altre opinioni.
Però volevo dire la mia, anche perchè da quel che leggo la conversazione sta un po' deragliando dai binari della comune calma e ragionevolezza. Questo detto senza l'intenzione di catechizzare nè offendere nessuno, sia chiaro.
Io credo che questo conflitto presenti due "fazioni" che hanno lati molti simili, e altri molto diversi. Diversi perchè è indubbio che rappresentano due culture che sono all'opposto, che hanno modi diametralmente opposti di vedere l'aspetto sociale dell'umanità. Simili perchè hanno dimostrato di avere ENTRAMBI scarsa ricettività verso i messaggi esterni e scarsa volontà di capirsi l'un l'altro.
I fatti evidenziano che Saddam non è un santo, e non governa il proprio paese per volontà popolare, nè antepone gli interessi del suo popolo ai suoi. E' pur vero che Bush non stà compiendo questo atto di guerra per volontà di "liberare il mondo dalla tirannia", e non sono convinto neanche che miri primariamente alla eliminazione di un'eventuale minaccia al suo paese. Credo invece che ci siano in ballo interessi economici, politici e di prestigio (leggasi completare il lavoro che Bush sr. non aveva completamente finito).
Detto questo, che sono cose dette, ridette e banali, permettetemi un pensiero personale.
Se anche vogliamo considerare l'attacco anglo-americano come mezzo per liberare il popolo iracheno dalla morsa del suo dittatore, dobbiamo ricordarci che E' IL POPOLO STESSO A DOVER REAGIRE IN UN PRIMO MOMENTO. Solo successivamente ritengo sia possibile intervenire dall'esterno, PER SOSTENERE UNA VOLONTA' COMUNEMENTE ESPRESSA. A parer mio non si può deliberatamente intervenire in terra d'altri, se tutto avviene nei confini di uno stato sovrano e nessuno se ne lamenta. Può sembrare cinico, se volete, ma ogni popolo è responsabile del proprio governo.