Ne avevo già parlato, ma non state attenti.
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Lo attendevo da una vita.
Forse anche da prima.
Loro due, esattamente loro due.
Come la prima di un importante spettacolo teatrale, l’attesa mi consumava, mi mangiava, mi innervosiva. Eppure, disponendo di un cast di tutto rispetto, avrei dovuto abbandonarmi ai lussuriosi pensieri di un finale perfetto.
Lei, Violante, con capelli rossi come il fuoco ad incorniciare uno sguardo azzurro fintamente algido, mostrava ai più un lato non suo, certo ben costruito, perfetto nel nasconde vizi e bugiardo nel negarli.
Era stata mia.
E le volevo bene.
Lei, Fiona, castana dalla pelle olivastra, dal seno prosperoso e dallo sguardo dolce alle volte e duro più spesso, possedeva una mente perversa, facilmente propensa a sfrenate fantasie e ancor più volenterosa nel metterle in pratica.
Era mia.
E io l’amavo.
Io, Michele.
Amato e odiato, vittima di un’adolescenza segnata da Puffi e videocassette porno e afflitto dalle vane speranze dell’età adulta. Speranza altrui, ovviamente.
Ero.
E mi bastava.
Come lo scultore ammira le sue opere, io ammiravo le loro anime.
Compiacendomene.
Loro così belle e armoniose, nel lussureggiante cercarsi e nella commovente dipendenza.
Nell’intreccio dei corpi e nel fluire degli umori, accolsi i loro sapori e ne assimilai i sogni.
E quindi, il Nirvana.
Lo attendevo da una vita.
Sì, davvero.
E prima e dopo e dopo e prima si unirono.
Così, mentre il sipario calava e il pubblico applaudiva, sui volti degli attori comparvero dei sorrisi.
Sorrisi senza tempo.
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Questa la prima volta.
Alla terza coppia di amiche bisex si perde un po' di poesia e ricominci a darci dentro nel giusto modo.