Uno Strano Tipo (Lucio Fulci, 1963)
E' un musicarello, film italiani dell'epoca con protagonisti un cantante del tempo. Qui c'è Celentano che finisce in una storia basicissima con la tematica del doppio, ambientata ad Amalfi e con tutti gli equivoci e scambi di persona del caso. E' un pò un cinepanettone dove invece delle volgarità ci sono le canzoni come attrazione principale. Alla fine neanche troppo male, anche a livello di sceneggiatura è semplicistico ma non come certe brutture che il nostro cinema tutt'oggi (anzi) non si fa mancare. Per non parlare della regia che fa il suo e qualcosina di più con sfondo la bellezza del luogo, ma Fulci è una garanzia.
Amour (Michael Haneke, 2012)
Vincitore di una caterva di premi, tra cui Oscar miglior film straniero; Amour sono 2 ore della vita di una coppia di anziani il cui tutto viene stravolto dalla malattia di lei. E sono 2 ore così, dal peggioramento, ai tentativi di ripresa, al status mentale che può portare questa situazione, ai figli, ecc..
Quindi è un film molto pacato, che funziona per mettere in scena in maniera impeccabile situazioni che è difficile non aver vissuto di persona, basta avere coppie di nonni o zii anziani. Ma nella sua calma è un film che funziona anche nei colpi di scena per risvegliare l'attenzione, inaspettati nel clima pacato del tutto.
Forse dopo averci distrutto l'anima (attenzione, non fatto commuovere) il film si prende 10 minuti dolorosissimi, troppo, che danno un fastidio boia. E sicuramente l'intento era quello ma porca puttana, si sfiora la tortura.
Cmq bellissimo.
Bushwick (2017, Jonathan Milott e Cary Murnion)
Bushwick è un quartiere di Brooklyn invaso all'improvviso da dei corpi speciali per sequestrare la zona. Nessuno sa cosa vogliono e da dove vengono, solo che la cittadina si ritrova ammazzata da questi militari in nero.
In questo marasma una ragazza incontra un gigantesco custode (Dave Bautista!!) che l'aiuterà a raggiungere i propri cari.
Allora, livello di trama, recitazione e dialoghi a volte sufficente, a volte si scivola in basso (la sorella di lei per come recita è tipo bagaglino) però è un progetto che palesemente voleva mantenere un focus sul piglio tecnico, sulla prestazione, ed infatti è composto da 3 lungometraggi di mezz'ora l'uno (naturalmente falsi..). Una sorta di
1917 al netto di palesi differenze di budget ma che riesce a funzionare benissimo, soprattutto la parte finale è roba da bocca aperta per la quantità di soggetti che mette in campo.
Certo, si poteva chiedere di più dal resto ma è un film indipendente che fa miracoli.
Detroit (Kathryn Bigelow, 2017)
Ultimo film per ora della Bigelow, registra di
Strange Days, dove parla della sommosse dei cittadini neri a Detroit avvenute a fine anni 60. Nei marasmi di quei giorni (immagini uguali identiche a quelle dell'anno scorso ma la regista si sa ci tiene a questo tema, non è la prima volta che lo mette in scena) in un motel un gruppo di poliziotti violenti tiene in ostaggio brutalemnte un gruppo di afroamericani per interrogarli su una presunta arma situata nell'edificio.
Prima e dopo questo evento la Bigelow si prende i suoi tempi per descrivere le premesse, introdurre con calma i personaggi e poi far vedere le conseguenze, forse anche spaziando un pò troppo, ma ciò che aggiunge in più (come la figura del padre di uno dei ragazzi sequestrati) è talmente ben fatto, che come tutto il resto del film che non basta mai, non vorresti finisse mai.
2 ore e mezzo di una naturalezza sconcertante, dove davvero non riusciresti a togliere niente senza snaturare la visione potentissima del tutto.
Naturalmente il cuore è la vicenda del motel, fatto realmente accaduto e mai chiarito a sufficienza, ricostruito romanzato con le testimonianze di chi ha partecipato a quella notte. Ed è incredibile come ad un certo punto sembra di guardarsi un horror perché il montaggio e le dinamiche sono quelle, per poi ripiombare nella drama o nel falso documentario.
Incredibile come viene trattata con amore la cultura nera dell'epoca, con tutta quella caterva di musica fatta di buoni sentimenti ma mai stucchevoli come erano le versioni "bianche". Ti viene veramente voglia di essere nero (certo, non ha Detroit negli anni '60).
E io ho adorato odiando il cattivo del film, il poliziotto Krauss, l'attore Will Poulter, con quella faccia da bamboccio Kinder ma capace di far atti crudeli e stupidi.
Veramente filmone, di quei film ipotizzanti, a cui non si urla al capolavoro solo perché è sempre meglio vedere come invecchiano, come i vini maledettamente buoni.