La chiave di lettura è nel racconto iniziale.
Il film è incentrato sul particolare senso religioso, e lateralmente della vita, tipico degli ebrei, sulle loro contraddizioni interne fatte di ricerca di risposte e di accettazione assieme della totale impossibilità di averne, soprattutto di logiche e scientifiche, da cui anche il loro particolare senso di autoironia.
Il racconto iniziale è una summa di questo, un fatto reale che avviene sotto gli occhi dei due protagonisti, viene vissuto in maniera diametralmente opposta dagli astanti, lei non ritiene possibile che un morto presunto sia vivo, perchè sapeva che fosse morto, e quindi quello è un fantasma, e culmine del paradosso(un morto che cammina è un fantasma, quindi lo "uccido"), lo uccide di fronte allo sguardo sbalordito del marito.
Un evento inspiegabile e misterioso viene rifiutato categoricamente innescando delle reazioni altrettanto inspiegabili.
Il protagonista del film cerca in tutti i modi di affrancarsi da questo tipo di cultura, innanzitutto è un professore di fisica, quindi l'esatto opposto del mistico, eppure il film subito gioca su questo mostrando una delle contraddizioni dialettiche, molto simili a quelle tipiche ebraiche, della fisica, il paradosso di Schrodinger sul gatto nella scatola, che introduce effettivamente il concetto di "mistero", cioè di dato impossibile da conoscere, nel mondo della fisica, ma che il protagonista non coglie nella sua essenza, liquidandolo come un "esempio letterale per spiegare"(se non ricordo male) e quindi perdendo completamente di vista il punto.
Il seguito del film è un susseguirsi di situazioni che mettano quest'uomo serio(già il titolo gioca dunque sulla contrapposizione tra la levità con cui gli ebrei, così seriosi e ironici assieme, prendano il mistero della vita, e questo rigido individuo invece solo serio e affamato di risposte logiche) alla prova di fronte all'inspiegabilità, imprevedibilità e totale illogicità di certi fatti.
Solo nei sogni, il mondo del misticismo e del distacco dai ruoli e dalle inibizioni, egli riesce ad affrancarsi da se' e a vivere come vorrebbe, come un vero ebreo, per il quale si può dire, generalizzando, che valga il principio "fate quel dico, non fate quel che faccio", e che viene stupendamente esplicato dall'escalation di mistici a cui egli si rivolge per avere risposte, ottenendo sempre lo stesso concetto, ma raccontato in maniera più "infantile" man mano che si salga di livello di saggezza, fino ad arrivare all'ultimo, il più anziano, il più saggio, che trova la risposta migliore in un brano di musica "giovane"(le cui parole sono importanti, ma che ora non riesco a ricordare di preciso), e dunque ribadendo nuovamente l'idea che non ci siano risposte scientifiche o certe ai suoi quesiti, e che il livello superiore di saggezza e di conoscenza della vita spesso coincida con quello più "semplice"(il vecchio e il ragazzino).
Nel corso della sua disperata ricerca è circondato da una teoria di soggetti che rappresentano assieme l'archetipo dell'ebreo tipico nella mente dei Coen(e di altri), cioè il contraddittorio e paradossale individuo che apparentemente parli bene e razzoli male ma che in realtà non insegua altro che il modo di vivere che chi cerchi di affrancarsi da tale mediocrità coltivi in segreto nei suoi sogni, substrato inconscio delle proprie radici culturali fatte di elevati discorsi filosofici che si scontrino/incontrino con una fattualità molto concreta e schietta, e assieme rappresentano le difficoltà che il destino pone sul suo cammino per portarlo a scoprire da solo la verità così disperatamente cercata nelle parole di un rabbino.
Il protagonista rappresenta solo un lato di questa cultura, quello serioso, quello verboso, quello che cerchi di rispettare con i fatti quanto predichi a voce, e questo lo porta lentamente alla distruzione, perchè tale atteggiamento si scontra con la vita stessa e la sua insondabilità ed imprevedibilità, per cui ancora una volta si ha il paradosso che il più rispettabile dei rabbini abbia lo stesso livello di saggezza del più bieco e mediocre degli uomini, nel modo di viverla.
Ma lui si rifiuta di comprendere tutto questo, è una persona logica, razionale, tutto ha una risposta e tutto può essere vivisezionato, ma è destinato a fallire, come evidenziato dallo splendido dialogo col padre dello studente, che si conclude con una perla da rabbino dei rabbini: "Accetti il mistero".
Il finale è il culmine tragicomico e il sunto di quanto visto fino a quel momento, non c'è una logica, non c'è una consecutio razionale nel modo di susseguirsi degli eventi così come nel modo di agire delle persone, sei promosso(evviva), un secondo dopo ti trovano un tumore(dannazione), un tornado sta per spazzare via tutto ciò che conosci(quindi chissenefrega della promozione ma pure del tumore), eventi che si susseguono temporalmente ma che si annullano e inglobano, gioia e dolore, sfiga e fortuna, mediocrità ed eccellenza, onestà e tradimento, qual'è il significato di tutto questo, qual'è la risposta giusta, il segreto celato dietro questo caos che chiamiamo vita, la risposta è nella fisica materialista o nella teologia cabalistica, nell'equazione di Schrodinger o nella metafora del parcheggio?
Forse la risposta è nell'inspospettabile testo dei Jefferson Airplane pronunciata da un rabbino anziano, forse nell'inimmaginabile glissa di un padre corruttore?Il gatto è morto o è ancora vivo?.
E forse non ha alcuna importanza dove sia e dove sia necessario andarla a cercare, perchè tanto un tornado sta per spazzarci via tutti quanti.
E allora?
Allora "Ricevi con semplicità tutto ciò che accade".
Forse.
Almeno io l'ho vista così...