Eh piacerebbe assai anche a me venire, però Venezia mi rimane troppo distante per fare una capatina ad hoc in questo periodo... sicuramente rosico e rosico al quadrato perché, se non erro, presenteranno in laguna anche
La Horde .
By the way, mi sono visto
Sasori, remake, datato 2008 e diretto da Joe Ma, del classico sexploitation movie del '72, noto in occidente come
Female Prisoner #701: Scorpion, che ha segnato l'esordio alla regia di Shunya Ito.
L'ultima collaborazione nippo-hongkongese che ho visionato in ambito di live action ispirati a manga a sfondo carcerario (perché
Sasori, prima ancora che un film, è un manga) è stata
Ricky-Oh, pellicola nel suo genere dignitosa, che è riuscita sapientemente a mescolare l'iperviolenza nipponica (ai limiti dell'
Hokuto no Ken) con la perizia nelle coreografie marziali, tipica del cinema di Hong Kong.
In seno a
Sasori, queste due differenti tradizioni filmiche asiatiche si cannibalizzano tra loro, anziché miscelarsi per uscirne vicendevolmente esaltate.
Il tema principale rimane quello della private revenge di una donna ingiustamente accusata di omicidio e quindi incarcerata in una struttura dove ogni tipo di tortura e abuso è ammesso. La sceneggiatura originale, però, è stata edulcorata con l'introduzione di elementi sentimentali, che, pur non risultando assai invasivi, stravolgono la storia e, soprattutto, sporcano di zucchero il plot claustrofobico, cinico e crudo del film di Ito.
Anche la parentesi women-in-prison, piuttosto lunga e dettagliata nell'originale, qui è stata notevolmente ridotta e addomesticata. Tolti tutti i riferimenti sessuali (convertiti in sporadico e inopportuno fanservice) e mitigata in larga misura la violenza (le torture sono pressoché assenti), la sezione WIP si traduce in una mezz'ora d'improbabile kung-fu/muay-thai da galera.
Le arti marziali, che avrebbero dovuto impreziosire la tranche improntata sulla personal revenge, in cui la donna ricerca i mafiosi che l'hanno incastrata, per ucciderli uno a uno, è debole e avara di coreografie convincenti e, quando i combattimenti potrebbero anche coinvolgere, Ma si scorda di riprenderli come si deve. Infine, nelle ultime battute, la trama entra nella sfera dell’onirico e del nonsense, con pagine di sceneggiatura che sembrano scritte da un pazzo in preda all’alcool o a pesanti antidepressivi.
La visione arriva alla fine solo grazie al ruolo di protagonista affidato a una Miki Mizuno che, pur essendo ultratrentenne, riesce a rimanere sempre in parte, sia nelle sfumature sensuali che in quelle drammatiche del suo personaggio.
Remake ‘very unnecessary’…