Autore Topic: Morte e resurrezione: Lo spettatore e le illusioni del cinem  (Letto 698 volte)

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Offline Stefano Raimondi

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Il cinema è un caleidoscopio di vite, immersione prospettica di diverse sensibilità.
Preminente, nonostante le grida vuote e barbariche di chi non vede, è la sua capacità di saper riflettere sulla vita, compenetrare in essa, intrappolare e manipolare l’immagine dell’anima. Non c’è innocenza nella visione, lo sguardo è già colpevole, condannato a innestare stimoli di riflessione, cambiamento, morte e resurrezione  della mente cui appartiene. Per capire questo processo è sufficiente analizzare la parola che definisce la visione di un’opera d’arte cinematografica: lo sguardo. Non c’è contemplazione, parola romantica che contiene un desiderio irraggiungibile, non c’è osservazione, visione delle situazioni da una visuale rialzata e preferenziale. C’è sguardo, intrappolamento dell’immagine nella retina, acchiappasogni, partecipazione attiva ma non manipolativa.
Il pensiero semiotico ha sempre insistito sul termine attivo e passivo, distinguendo l’attore dallo spettatore, l’azione dalla reazione. Gli errori di questa distinzione non sono tanto nelle capziosità delle diverse teorie, declinazioni spesso opposte di un’affermazione. La critica non deve necessariamente essere una politica dove, espresso un pensiero, si crea lungo l’asse orizzontale dei punti cardinali, il pensiero opposto. Possiamo discutere all’infinito, arrivare persino a scoprire che tutto è vero e giusto, secondo angolazione, ma mancheremmo nuovamente la vena del problema.
Il nucleo è nell’inutilità di questa scissione, o meglio, nell’inutilità di un’affermazione portata agli estremi. Cosa significa attivo? Cosa passivo? Più che termini chiarificatori mi sembrano vasi di Pandora pronti ad esplodere.
All’alba del nuovo cinema immersivo, cui si moltiplicano le rassegne e i workshop nei più grandi musei ed eventi europei e americani, la diaspora diventa inconciliabile.
Se lo spettatore era passivo ora che può manipolare l’immagine o la narrazione diventa attivo?
E se era già attivo cosa diventa?
La vera domanda, disarmante e semplice viene ancora troppo spesso ignorata.
Ma il cinema interattivo e immersivo è ancora cinema?
Chiariamo prima di tutto che se di cinema non si tratta siamo comunque ben lontani da poterlo affiancare al videogioco. Questo accostamento, fatto evidentemente per ignoranza e mancata conoscenza di uno o dell’altro medium (probabilmente di entrambe) è annientabile nell’attimo dell’istante. Il videogioco immersivo e interattivo ha la sua radice in un’epistemologia diversa da quella cinematografica.Togliere l’immersione e l’interattività al videogioco non significa quindi trasformarlo in cinema ma in qualcosa di vuoto, privo di senso per sua natura. Aggiungere al cinema immersione e interattività non significa avvicinarlo al videogioco ma al baratro; per lo meno alla morte del cinema. Ciò che viene creato con questo processo è sicuramente qualcosa di nuovo, ma, anche in questo caso, dobbiamo attendere per vedere quanto di pieno e quanto di vuoto ci sarà in questo ignoto.
Il cinema è un’arte che si è evoluta, non dimenticando mai la sua tradizione, e quanta bellezza, quanta poesia, quanta immersione, nella sala buia e negli occhi aperti a luce sul mondo.
erdere, ma perdere veramente, perdere la vita  per trovare la vittoria. (Apollineare)
ciò che penso di essere io sono (D)io