Come dicevamo, ecco la mia collezione di
Fire Emblem (“propriamente detti” e “sotto mentite spoglie”, more on that later!). Innanzitutto una foto di gruppo.

Dall’alto in basso e da sinistra a destra abbiamo:
In prima fila i Fire Emblem del creatore originale della serie e i due Fire Emblem non ufficiali che fece uscire su piattaforme Sony una volta fuoriuscito da Intelligent Systems. Tutti giochi mai arrivati in occidente. Nell’ordine:
Fire Emblem Monsho no Nazo (aka Fire Emblem Mystery of the Emblem, aka Fire Emblem 3, Super Famicom, 1994),
Fire Emblem Seisen no Keifu (aka Fire Emblem Genealogy of the Holy War, aka Fire Emblem 4, Super Famicom, 1996),
Tear Ring Saga (PSX, 2001),
Berwick Saga (PS2, 2005).
In seconda Fila si comincia con (quasi) tutti i titoli arrivati da noi. "Ere" GBA, GC, Wii e DS, ovvero:
Fire Emblem (aka Fire Emblem The Blazing Sword, aka Fire Emblem 7, GBA, 2003),
Fire Emblem Path of Radiance (GC, 2005),
Fire Emblem Radiant Dawn (Wii, 2007),
Fire Emblem Shadow Dragon (DS, 2008, remake del primo Fire Emblem in assoluto, per Famicom).
In terza fila abbiamo quella che può essere considerata la fase “moderna” della serie, con tutti i giochi usciti su 3DS e Switch. Nello specifico:
Fire Emblem Fates (3DS, 2015, versione Limited con tutte e tre le versioni del gioco sulla stessa cartuccia),
Fire Emblem Awakening (3DS, 2012),
Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia (3DS, 2017, remake del secondo Fire Emblem, per Famicom),
Fire Emblem Three Houses (Switch, 2019),
Fire Emblem Engage (Switch, 2023).
Ecco i giochi forse più interessanti da discutere, poiché
meno noti:

Dicevamo del creatore originale della serie,
Shozou Kaga. Appassionato di storia e strategie belliche, realizzò il primo Fire Emblem quasi di nascosto e nei ritagli di tempo, con pochissimi collaboratori, come fosse un prodotto “doujinshi”. La sua convinzione era che i tempi fossero maturi per un gioco di strategia che avesse per personaggi e plot sviluppati come quelli di un rpg. Il tempo gli diede ragione, anche se non subito. Il primo FE per Famicom guadagnò una reputazione a forza del passaparola, il secondo vendette molto bene e, infine, il terzo (sorta di remake+sequel del primo gioco, il primo nella foto) fece il botto, con 700000 copie vendute in Giappone. Da quel momento la serie si sarebbe ritagliata uno spazio stabile nell’offerta ludica di Nintendo e il successivo e monumentale FE4 (il secondo nella foto) è da molti considerato il capolavoro di Kaga. Tra i fan illustri di questa serie conviene citare almeno un nome di non poco conto:
Hironobu Sakaguchi. Ma anche
Yasumi Matsuno ne è stato fortemente influenzato.
P.S. Se nella foto è presente anche lo
Snes Mini è per sottolineare che FE3, FE4 e FE5 (di questo ne parlo tra poco) sono giocabili in lingua comprensibile grazie a fan che, attivi sin dai primi anni duemila, hanno lavorato alle patch di traduzione in inglese. Inutile dire che sul mio Snes Mini craccato ci sono

Poi, la famigerata
era N64. Il passaggio al 3D, come oggi è ben noto, aumentò sensibilmente le risorse necessarie allo sviluppo dei VG e mise in difficoltà molte software house. Il N64, poi, era praticamente progettato per ospitare solo giochi 3D (i giochi 2D e tra questi quelli in grafica bitmap sono una rarità sulla console). Kaga e soci fecero svariati tentativi per traghettare la serie sulla nuova piattaforma di Nintendo, ma alla fine ripiegarono su un ultimo gioco per Super Famicom,
Fire Emblem Thracia 776 (aka FE5), uscito nel 1999 (!) e ambientato durante la vicende di FE4. Fu distribuito come gioco da scaricare su una cartuccia vergine da alcuni speciali chioschi e solo tempo dopo uscì una vera edizione retail. Oggi entrambe queste edizioni sono piuttosto rare e costose, ed ecco perché non le vedete nelle mie foto!

Il gioco era indirizzato agli irriducibili di FE, difficilissimo e considerato dai fan più hardcore come il punto più alto mai raggiunto dalla serie per ciò che concerne la strategia pura.
Non contento della direzione presa da Nintendo con la sua nuova macchina (e tutti i torti imho non li aveva!), Kaga se ne andò da Intelligent Systems e iniziò a progettare il suo successivo titolo, per la macchina più in voga dell’epoca, la prima
Playstation. Un FE in tutto tranne che nel nome che sarebbe dovuto chiamarsi Emblem Saga. Non stupisce che Nintendo entrò in modalità di spietata protettrice delle sue IP (lo fanno oggi, figuriamoci ai tempi del severo Hiroshi Yamauchi). Fece causa a Kaga e a Enterbrain, e la vinse. Il gioco uscì con un nome diverso,
Tear Ring Saga (PSX, 2001) per l’appunto (il terzo nella foto), e Nintendo fu risarcita. Memore di questo, il seguito di Tear Ring Saga,
Berwick Saga (PS2, 2005), cercò di differenziarsi il più possibile dai Fire Emblem adottando novità strutturali quali la vista isometrica e la griglia a celle esagonali.
In un mercato sempre più ostico per le produzioni nipponiche a budget medio-basso, Berwick Saga rimase per molto tempo l’ultimo gioco di Kaga a vedere la luce. Fino a quando, qualche anno fa, in una sorta di ritorno alle origini, Kaga realizza, tramite una sorta di Srpg-maker,
Vestaria Saga e lo distribuisce su
Steam, con successiva traduzione in inglese tanto richiesta dai suoi fan occidentali. Ad oggi il titolo ha persino un seguito,
Vestaria Saga II, sempre disponibile su Steam.
Per quel che concerne
la mia storia con la serie…
…essa comincia col primo FE arrivato in occidente (in realtà il settimo episodio della serie) che vedete in alto a sinistra. Vidi un unico screenshot su una rivista cartacea e rimasi colpito dalla grafica in pixel art. Quando mi documentai e vidi che si trattava di un S-rpg con animazioni fantastiche e una tradizione gloriosa alle spalle decisi che dovevo giocarlo. D’altra parte ero già appassionato del genere, avendo amato il primo
Front Mission e
Final Fantasy Tactics.
Amai anche "Fire Emblem", non c’è che dire, e lo giocai, mi pare, addirittura tre volte. Dal punto di vista del gameplay era un gioco praticamente inattaccabile, e la naturalezza con cui accompagnava il giocatore verso uno dei generi più ostici da approcciare lasciava esterrefatti. Ma la scrittura un po’ piatta (semplicemente un po’ lineare e stereotipa) mi impedirono, per il momento, di diventare un fan sfegatato della serie. Ed è questo il motivo per cui nelle mie foto non vedete il successivo
Fire Emblem The Sacred Stones (GBA, 2004): all’epoca non avevo voglia di un “more of the same”. Oggi, naturalmente, quel gioco è inavvicinabile dal punto di vista del prezzo e non averlo acquistato a suo tempo (e quante volte avrei potuto farlo!) rappresenta il mio grosso rimpianto.

Divenni definitivamente un fan della serie, obbligato ad acquistare ogni capitolo della serie, persino roba apparentemente repellente come l’ultimo
FE Engage, con il successivo gioco,
FE Path of Radiance per GC. Al gameplay cristallino si univa una scrittura di qualità (per rendere l’idea, paragonabile a quella di un
Suikoden) e per quanto mi riguarda è ancora oggi, insieme al suo
seguito per Wii, il punto più alto toccato dalla serie.
La serie oggi è un po’
decaduta, sotto le pressioni di un mercato che richiede titoli da centinaia di ore, dove si possa gridare e customizzare all’infinito: cosa che rende i giochi sempre meno "strategici" e più "rpg". Le storie ed i personaggi spesso orientate verso pubblici di rincoglioniti non aiutano. Tuttavia la qualità media dei giochi è sempre molto alta e la serie continua a rappresentare la punta di diamante del genere dal punto di vista del gameplay. Purtroppo l’equilibrio delle componenti di gioco si è definitivamente rotto, ma è il prezzo da pagare per l’aver raggiunto uno status di serie “mainstream”.