Autore Topic: [N64] The Legend of Zelda: Majora's Mask  (Letto 3983 volte)

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Offline EGO

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[N64] The Legend of Zelda: Majora's Mask
« il: 16 Dic 2003, 00:25 »
Non è facile dare un sequel ad un gioco leggendario; men che meno ad un gioco che è considerato da molti il migliore di sempre. Ancor meno facile è riuscire a fare di questo sequel un gioco che non solo sia all’altezza del precedente, che non solo se ne differenzi a sufficienza da non poter essere considerato una copia spudorata, ma anche che sia di una qualità tale da far sorgere il dubbio che, nonostante tutto, sia addirittura migliore del precedente. Eppure Nintendo c’è riuscita. Majora’s Mask è il degno seguito del mitologico Ocarina of Time e, sebbene molti siano testardamente fissi sull’opinione che il solo pensare di creare un successore di Ocarina sia stato un peccato mortale, sotto diversi aspetti è superiore al suo predecessore.

Majora’s Mask ci vede nei panni del solo Link bambino, che finisce in un mondo parallelo (Termina) cercando di recuperare il cavallo e l’Ocarina del Tempo rubatigli dal dispettoso Skull Kid. Quest’ultimo è posseduto dalla Maschera di Majora, il cui potere malvagio cerca di far cadere la luna sul mondo per portare distruzione. Questo avverrà entro tre giorni, a meno che Link non riesca in qualche modo a prevenire la caduta della luna.

Due sono i capisaldi della struttura di gioco: l’Ocarina e le maschere. Il gioco si suddivide in tre giorni da 24 minuti ciascuno, e ad ogni ora-minuto corrispondono determinati eventi; sta al giocatore riuscire ad organizzare la condotta di gioco in modo da poter fare tutto quello che deve, al momento giusto ed entro i tre giorni. Se si sbaglia qualcosa, o se non c’è più tempo, la Song of Time permette di salvare e tornare all’inizio.

Le maschere sono il fulcro del gioco, e l’evoluzione della subquest vista in Ocarina. Link può ottenere tre maschere trasformanti, che lo fanno diventare Deku, Goron o Zora; ognuno ha abilità speciali, che si rivelano fondamentali in diverse situazioni. Oltre a queste, esistono altre 20 maschere (più una segreta) che permettono di acquisire certe abilità (correre più veloce, rendersi invisibili, comunicare con gli animali, ecc) e/o di interagire con gli NPC.

Gli NPC sono numerosissimi e la maggior parte delle subquest coinvolge qualcuno di loro. Esiste addirittura un quaderno in cui vengono segnate le ore in cui è possibile interagire con loro, e se si riesce ad aiutarli si ottengono varie ricompense. E’ assolutamente straordinaria la varietà di situazioni che sono state inserite nel gioco, e l’elemento tempo rende l’interattività e la caratterizzazione dei personaggi assai più intrigante dei comprimari dei classici RPG. Gli abitanti di Termina hanno una vita: ben programmata, ma sempre una vita, che si svolge nell’arco di tre drammatici giorni. Ed è terribilmente soddisfacente scoprire come possiamo modificare sostanzialmente le loro vite, anche in un arco di tempo così breve. Ci si sente, a volte, realmente responsabili per loro, e il coinvolgimento ne guadagna enormemente.

Majora’s Mask non ha praticamente momenti morti: il mondo è molto compatto eppure vasto a sufficienza, e le cose da fare e vedere sono tantissime; a differenza di Ocarina, la commistione di avventura e sottogiochi è bilanciata al massimo, così che non ci si limita a trascinarsi da un dungeon all’altro, ma molto spesso ci si ritrova coinvolti in missioni e giochini  utili e dilettevoli al tempo stesso, che non sembrano mai messi lì per diluire l’esperienza di gioco, ma al contrario per arricchirla. E l’avventura principale si rivela robusta quanto la precedente, con quattro dungeon di complessità notevole e di design talvolta geniale, ed una storia cupa ed intrigante, con un finale molto poetico.

Tecnicamente siamo ai massimi livelli del Nintendo 64: la grafica è eccellente, e si avvale dell’espansione di memoria per offrire ambientazioni e personaggi ben definiti e colorati ottimamente. Il famigerato “effetto miopia” è molto meno rilevante del solito, le animazioni sono perfette, il character design all’altezza dell’avventura epica che ci si aspetta da Zelda. Alla grafica si accompagna un sonoro più memorabile di quello di Ocarina: molte musiche sono riciclate, ma quelle nuove, quali quelle di Clock Town e l’Overworld Theme (questa volta ripreso dal tema originale di Zelda, assente in Ocarina), nonché quella finale, sono ottime e calzano come un guanto le atmosfere del gioco. Gli effetti, specie le urla di Link, sono talvolta fastidiosi, ma niente di intollerabile.

Soprattutto, quello che stupisce di Majora’s Mask è il fatto che non lo si può mollare fino alla fine. Troppa è la soddisfazione che si ottiene trovando cose nuove, aiutando i personaggi, risolvendo gli enigmi; sensazionale è l’equilibrio del gioco, perfetta la progressione che apre via via strade nuove, lasciando al tempo stesso precluse alcune aree finché non si è esplorato qualcos’altro altrove. Bisogna realmente vedere tutto, o quasi, per arrivare alla fine, ed è questo che solleva Majora’s Mask al di sopra di molti altri prodotti e anche di Ocarina of Time: è un gioco completo, e per giunta non ti permette di ignorarne la completezza. Vuole essere visto tutto e provato tutto, e ti invita a farlo offrendoti un divertimento infinito. In più, riesce a differenziarsi a sufficienza dal suo predecessore, prendendone alcuni aspetti e costruendoci sopra un gioco simile per tecnica e controlli, ma profondamente diverso nella struttura e nello svolgimento. Sinceramente non so che cos’altro si potrebbe desiderare da un sequel; quello che so è che Majora’s Mask è un vero gioco, un grande regalo ai videogiocatori.

VOTO: 9 su 10

Offline NighTiger

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[N64] The Legend of Zelda: Majora's Mask
« Risposta #1 il: 25 Gen 2004, 10:45 »
Titolo: The Legend of Zelda: Majora's Mask
| Sistema: Nintendo 64 | Genere: RPG | Produttore: Nintendo | Sviluppatore: Interno | Gamedesigner: Shigeru Miyamoto | Giocatori: 1 | Anno: Ottobre 2000 |



Sono contento. Sono contento di leggere che il neo presidente Nintendo, Satoru Iwata, ha finalmente capito che i giochi devono essere fondamentalmente divertenti e un pizzico più corti, perché si ha sempre meno tempo a disposizione.
Chissà come poteva essere Super Metroid se in quel periodo ci fosse stato lui.
Forse più persone lo avrebbero finito e lo avrebbero apprezzato sino in fondo il gioco.
Poi, parliamoci chiaro, cosa c'é di più noioso in un videogioco quando è praticamente impossibile finirlo, se non dopo mesi e mesi di gioco. E quando è ripetitivo?! Lì si che si ci annoia; ma non parlo di ripetitività che può offrire una partita di calcio a Winning Eleven in quanto, anche se è sempre una partita di calcio, l'una è diversa dall'altra; ma parlo di ripetitività d'azione, cento volte lo stesso salto, mille volte lo stesso mostro, un milione di volte lo stesso problema.
Ma andiamo con ordine.


Epona cavalla mia
La storia è semplice ma interessante.
Link è in una foresta con Epona, quando viene attaccato da un essere strano che porta una maschera di legno.
Gli ruba il cavallo e l'ocarina, nell'inseguimento, viene spedito in un'altra dimensione, la ma cosa più triste è che l'omino di prima gli fa un incantesimo e il nostro bel Link si trasforma in un orribile Deku. La nostra missione è riprendere Skull Kid, così si chiama l'omino di prima, ed evitare una catastrofe; infatti nel paese dove ci troviamo, Termina, un meteorite sta per schiantarsi ed avete 3 giorni a disposizione per risolvere il compito.


Cavolo ricominciamo
Anche se la storia è bella, lo stile di gioco è triste.
Tutto si svolgerà, credo, su quattro dugen. Il condizionale è d'obbligo in quanto non ho potuto concludere il gioco, perché la noia della ripetitività ha prevalso.
Iniziata una missione, se non usate guide, vi capiterà spesso di arrivare al terzo giorno, e al terzo giorno cade giù il meteorite. L'unica soluzione è tornare indietro nel tempo, al giorno uno, e ricominciare tutto. E con tutto intendo tutto.
Spesso e volentieri sarete costretti migliaia di volte a ripetere sempre la stessa sequenza dentro un dugen, perché il giorno prima avete dovuto spegnere la console per andare via o perché ormai eravate al terzo giorno.
Questo mi ha portato a ripetere mille volte la missione, anche se ero arrivato alla fine. Credetemi non è bello.

Dovrete collezzionare tre maschere base:
Deku
Goro
Zora

Oltre queste vi saranno un sacco di sottomaschere che potrete trovare nelle ormai famose sottomissioni.
Per chi, non come me, avrà la pasienza di portarle tutte a termine.

Graficamente il gioco sfrutta a pieno la console e anche il sonoro è bello come tutta la saga.


Conclusione
Credevo ti trovarmi fra le mani il bellissimo seguito di Ocarina of Time invece, anche se la storia è più bella, il dover ricominciare tutto da zero quando ormai il tempo stringe è veramente uno stress.
C'è a chi potrebbe piacere, allora la longevità del gioco sarà molto elevata e con le varie sottomissioni ci sarà realmente molto da fare.
Ma chi, come me, preferisce evitare la ripetizione delle azioni allora è meglio che stia alla larga da questo gioco.

La media matematica mi obbligherebbe a mettergli un otto, ma non me la sento minimamente.



Grafica: 10 / 10
Sonoro: 10 / 10
Giocabilità: 8 / 10
Longevità: 4 / 10
Globale: 6 / 10

Offline Lo S'ciavo

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The Legend of Zelda: Majora's Mask
« Risposta #2 il: 09 Feb 2004, 22:38 »
È facile dare seguito a un gioco leggendario. Basta farlo prima che pubblico e critica incensino il predecessore così tanto da trasformarlo in un fardello ingombrante per i suoi discendenti. Poi diventa un casino (vedi Super Mario Sunshine). Poi. Mandate in vacanza il designer dell’originale - ne ha bisogno. Prendete un suo pupillo, che sia giovane e non ancora miliardario, dunque affamato, dunque inebriato più dalla sua energia che dal sukiyaki. Dategli l’engine grafico e i modelli poligonali del predecessore, ditegli che potrà contare pure sul doppio di memoria RAM per tanta profondità di campo in più. E dategli carta bianca.

Facile un corno, chiaro. In effetti nella storia dell’umanità è capitato di rado che tutte le succitate circostanze fossero concomitanti. Anzi, è accaduto una volta sola – e infatti Majora’s Mask è unico: epico, barocco, pieno di idee e di innovazioni, così tanto da rivelare un potenziale inusitato perfino nel ricco mondo creativo Nintendo. Un’opera irripetibile in mezzo a una saga, un fiore il cui profumo è stato inibito solo dai miasmi di un N64 ormai al tramonto.

Si apre la danza dei paradossi: Majora è irripetibile perché fa della ripetizione il fulcro della sua irripetibilità. Ocarina Of Time si è imposto come la Nuova Grammatica degli action adventure, da cui tutti avrebbero copiato. Majora è invece un’opera di riflessione sulla natura stessa dei videogame, un testo di critica metatestuale. Perché?

Perché I videogame, tutti i videogame, sebbene in dosi diverse, contengono e esaltano la ripetizione. Gli stessi mostri. Le stesse azioni. I sottogiochi da rifare. I sentieri da ripercorrere. Naturalmentel’interattività bilancia la noia, o ci prova. Tuttavia, la ripetizione videoludica spesso manca della necessaria giustificazione strutturale/narrativa. Majora vi apre gli occhi su questi meccanismi, rimpastandoli nella sua stessa struttura di gioco. Avete 72 ore virtuali, al termine delle quali il mondo è destinato a finire MA, col provvido intervento dell’ocarina, vi è data la chance di tornare all’alba del primo giorno. Garantito, passerete i primi tre giorni nel panico. Tutta quella gente che gironzola per l’enorme area di gioco. Ognuno col suo viaggio ognuno diverso, e decisamente ognuno perso dentro i fatti suoi. Pian piano cominciate a entrare nelle loro vite, a cogliere un’informazione qua, una là, a ricostruire le tante trame lineari che si intersecano e danno forma al mondo di Termina. Sta finendo il terzo giorno… hop, si torna indietro, ma il nostro bagaglio di informazioni è più ricco di tre giorni di investigazione, mentre i personaggi sono ancorati nella loro quotidianità. Possiamo intrecciarci alle loro vite nuovamente, ma stavolta in modo diverso, recuperando nuovi frammenti, ricostruendo le facce del cubo magico cambiando sempre prospettiva. Finché fioccano i primi risultati e qualche Personaggio Non Giocante premia i nostri sforzi con un oggetto speciale, una maschera dai poteri magici… che restano a noi anche mentre viaggiamo a ritroso nel tempo. E, una volta di più al primo giorno, in virtù dei nuovi poteri concessici ci troveremo in realtà di fronte a un mondo completamente nuovo, perché nuove sono le nostre possibilità di interagire con esso, a partire dalle tre maschere che mutano Link in tre razze dalle diverse capacità offensive/motorie – un modo (o)carino di non ripetere il solito inventario zeldiano standard (e il martello, e la tunica ignifuga, e quella subacquea, e cheppalle).

Il Tempo, che inizialmente sembra il nostro peggior nemico, diventa presto il nostro più sublime alleato. I tre giorni sempre uguali del mondo di Termina sono il nostro giardino dell’Eden videoludico, e Link è il Dio benevolo che, in virtù della sua visione atemporale privilegiata, opera per il bene della comunità. Tanto che l’orizzonte morale di Link sembra ispirato alla provvidenza manzoniana: per slegare il gioco dal giogo della fine infinita egli deve guardare più in alto degli abitanti. È legittimo dare un importante atto di proprietà a un disperato in una locanda che lo vuole usare come carta da culo? (sì, accade sul serio.) Certo, i Terminiani inorridirebbero, i bigotti. Ma l’Eroe demiurgo sa che ieri è un altro giorno, e che potrà riprendere e usare l’atto di proprietà in un altro modo, per oliare ingranaggio dopo ingranaggio la ruota dell’orologio.
Dunque, riallacciandosi al discorso della ripetitività, grazie all’espediente narrativo alla base di Majora gli NPC risultano credibili nei loro comportamenti reiterati – per forza che fanno sempre la stessa cosa alla stessa ora, è sempre lo stesso giorno! La critica metatestuale si esprime al meglio quando ci si rende conto che il gioco ironizza anche sui molti modelli poligonali ripetuti pari pari da Ocarina Of Time, ma stravolti secondo il contrappasso dantesco: il mendicante è ora banchiere, le streghe malvagie han messo su un tranquillo negozio di pozioni. E poi c’è Tingle, allegoria del videogiocatore… ma non c’è più spazio. Nemmeno per parlare dell’uso che Osamu Tezuka fa dei suoi personaggi-attori. Vabbe’. Standing ovation e font bold kokiri per Eiji Aonuma, designer supremo e allievo devoto di Shigeru Miyamoto.

Nota: per carità, giocatelo su N64, non emulato né su PC (URGH!) né su GameCube (anche peggio, va in crash ogni due per tre!). Tenetevi un mesetto di sere libere e qualche week-end. Se potete, giocatelo con la vostra dolce metà – è un communication game sensazionale.