Lucas Arts: nel 1979 venne proiettato il primo episodio di una serie di fantascienza, che vedeva le gesta di un apprendista Jedi, un contrabbandiere e la sua astronave leggendaria, una principessa ribelle (la cui bellezza animò i sogni degli adolescenti di allora) impegnati nel conflitto contro l’Impero, nel tentativo di far tornare ai fasti del passato, l’antica Repubblica. Il fascino di questa space opera e l’impatto culturale che ebbe lo conosciamo oramai da alcuni lustri, naturale che ne seguisse un franchise ricchissimo che non poteva non invadere l’intrattenimento elettronico. Eccoci quindi di fonte all’ennesimo Star Wars.
Bioware: se il nome Baldur’s Gate a qualcuno non dice niente non c’è da stupirsi. C’è invece da stupirsi del fatto che Bioware è riuscita dove molti sviluppatori hanno fallito. Per essere coincisi, la casa canadese specializzata nello sviluppo di RPG, è stata capace di ricreare in un videogioco le atmosfere e la libertà della tradizione cartacea occidentale fatta di schede, matite, gomme, un master e tanta fantasia. Bioware scelse per i suoi prodotti, il padre, madre di questo passatempo: Dungeons & Dragons. Tutto questo a preludio del fatto che anche per KotOR, sono state applicate le regole dalla terza edizione di D&D, riformulando in chiave fantascientifica, quanto di geniale Bioware è stata capace di dimostrare negli anni.
Il gioco: infilato il DVD nella console di Bill “L’uomo che sfidò le console giapponesi” Gates, si sente subito il fremito della forza. L’ambientazione ci riporta 4.000 anni prima delle vicende narrate, in quella che diventerà, a breve, una saga formata da 6 episodi. Ci troviamo (tanto per cambiare) una Repubblica in conflitto con l’ennesima minaccia Sith e il lato oscuro della forza, in quello che si può definire l’imperativo della serie: abbattere il despota multiplanetario e il suo imbattibile esercito. Ma le patate di contorno piacciono a tutti, quindi a meno che uno non abbia l’allergia per i Jedi e le loro lightsaber, l’ambientazione regala momenti di gaudio narrativo, che raggiungono il piacere del “Quid” nell’appassionato della serie. Scelto il nostro personaggio per sesso e specializzazione: la proposta prevede tre alternative che vanno dal massiccio soldato alla canaglia, con l’intermedia ed ottima via di mezzo rappresentata dalla classe dell’esploratore. A questo punto il gioco comincia, se scegliamo fin dall’inizio di sviluppare il profilo dell’avatar che impersoneremo, in modo automatico. Ma che gusto c’è a giocare un prodotto Bioware senza usufruire della personalizzazione dei propri talenti? E allora un passo indietro. Il sistema si rileva semplice e allo stesso tempo complesso, semplice per chi ha fretta, complesso per chi vuole raggiungere la perfezione e padroneggiare la forza nelle sue eccezioni etiche, che ci vengono proposte: il lato chiaro e il lato oscuro. Il gameplay eleva alla potenza la capacità interpretativa del videogiocatore, che a questo livello di coesione non può più essere casual. Seppur la componente tecnica sia appagante nel design e nella rappresentazione contestuale, solo il vero RPGamer arriverà ad apprezzare le sfumature di un prodotto decisamente articolato. Ovviamente nell’eccezione RPGamer rientrano quella schiera di ragazzini passati dalla carta allo schermo, grazie a Bioware. L’eccezione occidentale del genere ha pochi riscontri su console e questo prodotto, va detto subito, si distingue con vigore. Dietro la facciata c’è quel funzionale ed appagante sistema ibrido tra tempo reale e turni, che rimaneggia i tiri di dado di D&D come un master virtuale. Il vero appassionato diverrà l’eletto, come Neo in Matrix, riuscendo a vedere oltre i giochi di luce e gli effetti speciali assortiti, fino a distinguere i numeri. E se a questi numeri si assomma l’interpretazione di ogni avvenimento, scandito da scelte morali che si possono mischiare e confondere, il prodotto Bioware ha un solo aggettivo per essere riconosciuto: unico. Unico come solo loro sanno fare. Ma è meglio ad un certo punto lasciar perdere, prima di perdersi attaccati al pad, mentre tutto scorre agilmente tra Dolby Digital e colpi di scena vari ed eventuali.
Ovviamente vanno segnalati rallentamenti sparsi qua è la, nelle fasi convulse dei combattimenti con più avversari e in certe panoramiche dall’ampio orizzonte.
30 ore di longevità. Per un’esperienza media, e nella media, con sottogiochi accessori come la corsa con gli swoop, il fuoco dalla torretta per abbattere i caccia Sith (sai che novità) e l’immancabile e ormai d’uopo gioco di carte.
Se questo è il RPG che il fan aspettava, ben venga e tanto di cappello. Che sia poi un amante di Bioware o di George Lucas, è irrilevante nell’eccezione: videogiocare.
Voto: 9 su 10