Grand Theft Auto: Vice City
L’essere umano ha una mente ottusa. Infatti, l’essere umano medio tenta di essere pacifico e civile quando è in relazione con altri esseri ottusi come lui ma, quando è da solo, si scatena tutta l’ira repressa che lo attanaglia. Certa gente, si sfoga uccidendo altri esseri ottusi. Certi altri, facendo modellini. E certi altri, giocando a Grand Theft Auto: Vice City. Sì, proprio così, impugnando un joypad e schiacciando vecchiette e prostitute a più non posso. Che divertimento, quale sublime passatempo. Ma, per fortuna, alla Rockstar Games capiscono come gira il mondo (dei videogame, ovviamente). E sanno che ci sono quei famigerati e loschi individui che si atteggiano come grandi cultori del videogame e che schifano Pro Evolution Soccer 3 perché non c’è l’Inter, che lasciano sullo scaffale Super Mario Sunshine o Viewtiful Joe perché sono giochi da bambini. Ma sanno anche che ci sono altri individui, questa volta un poco meno loschi, ma che amano il videogioco, che lo prendono come una passione e non come un mero passatempo. Certamente le persone facenti parte della prima categoria sono di più, quindi non le si possono ignorare. Ma anche gl’adepti al secondo schieramento sono importanti, quindi non si posso ignorare nemmeno loro. Quindi, quale concept di gioco migliore di quello che hanno escogitato? Nessuno. È molto facile: c’è una città riprodotta nelle sue caratteristiche fondamentali, si può interagire con i passanti, con le auto, con alcuni edifici. E qui viene il bivio: puoi gironzolare come un baccalà per tutte le zone, senza fare missioni, semplicemente per ascoltare le ottime canzoni (Buggles, Iron Maiden, David Lee Roth, Micheal Jackson e Frankie goes to Hollywood su tutti) o, come già detto, schiacciare i passanti oppure fare le impennate. Ma si possono anche fare tutte le missioni previste, comprare edifici su edifici, uccidere boss su boss, fino a diventare l’uomo più importante di tutta Vice City. E, per chi vuole perdere la giovinezza, cercare tutti i pacchetti speciali disseminati nei posti più reconditi. Per poi avere l’elicottero dei militari, il cosiddetto Hunter (copiato dall’Apache), con il quale fare le missioni da vigilante e guadagnare tanti bei milioni, per poi poter andare in giro con un arsenale di tutto rispetto. Spero che non vi sia difficile quale categoria seguirà la prima strada e quale la seconda. Ma Grand Theft Auto: Vice City è lungi dall’essere il gioco perfetto. Come ho detto, il concept è sintatticamente perfetto, ma alla fine ha dei problemi. Ve la immaginate una città in cui tutti rubano automobili e la polizia se ne sbatte altamente? Ve la immaginate una persona che vive duecentonovantadue giorni senza fare un’ora di pura dormita? Ve l’immaginate dei poliziotti che arrestano una persona che ha mobilitato l’esercito e la rilasciano poche ore dopo con una cauzione di 100 $? In questo caso, per avere un gioco veramente perfetto, ci vorrebbe un incrocio con l’opera della Maxis, cioè The Sims. Certo, solo in certe cose: il bisogno di dormire, ecc. Poi ci sono altri difetti su cui si può anche passare sopra, come la grafica, realizzata con l’ormai arcaico motore grafico Renderware: vastità del territorio sì, ma texture e modelli poligonali poco dettagliati. Peccato poi per alcune missioni, che sono veramente banali. Il sonoro, come detto prima, è superlativo. E anche la longevità, che praticamente è infinita. Però, dopo aver finito Grand Theft Auto: Vice City, ho capito una cosa: il poter giocare online con questo gioco è prettamente inutile. Infatti, il mod MTA permette di far giocare poche persone sulla stessa mappa, e senza gli NPC. Ma il supporto online non è da buttare: gli sviluppatori potrebbero fare delle nuovi missioni scaricabili dalla rete (gratis, possibilmente) oppure nuove automobili. Bottom line: è un gioco buono, molto superiore alla media degli ultimi anni, che può essere divertente per tutti. Ma è ancora molto migliorabile. See ya, Rockstar!
Voto: 8,5 su 10