Mi preme un attimo distinguere due distinzioni di "realismo" che sono venute fuori.
La prima è quella segnalata da Teo, nella quale si tende a immergersi totalmente nella trama/gameplay evitando di utilizzare possibilità offerte naturalmente dal gioco, le quali risultano in una non perfetta sintonia con la realtà simulata.
E' una cosa che condivido; ad esempio, in un gioco di guida, io utilizzo sempre la visuale interna anche se il gioco ne prevede una o più esterne.
Questo per immergermi maggiormente nel gioco e per rendere la partita più realistica dato che nessuno di noi guida l'automobile a volo d'uccello.
La seconda definizione è quella di essere realisti evitando di sfruttare delle falle di gameplay a nostro favore, laddove queste ultime non sarebbero a priori previste, o comunque non direttamente.
E' il caso, ad esempio, delle sportellate a GranTurismo.
Può capitare che per vincere all'ultima curva si taglia abilmente la strada al primo classificato e, dopo essersi sbatacchiati tutti e due sul guardrail, si continui fino al traguardo. Una condotta del genere risulta irrealistica per il fatto che si vince ma in maniera bieca e vile, dato che si sfrutta una irrealtà proposta dal gioco.
Stessa cosa dicasi per i già citati gol sicuri in alcuni titoli calcistici oppure nelle zone franche in alcuni platform anni '80 che ti permettevano di battere i boss senza rischi spostandosi al millimetro.
Oppure battere Guile utilizzando una di seguito all'altra il "missile" di Bison a Street Fighter 2.
Sono opportunità offerte dal gioco, ma risultano palesemente irrealistiche anche nel contesto della partita; quindi si tende "eticamente" a evitarle.
Questo è quello che io intendo per realismo della partita.
Il fatto poi di completare MGS senza mai sparare, Tekken usando solo i calci o Winning Eleven facendo solo gol di testa è il tafazzismo già citato; ovvero terminare una partita fecendo a meno di alcune possibilità (anche se realistiche) offerte dal gioco solo per il gusto di una sfida personale.