Autore Topic: Studio Ghibli  (Letto 404714 volte)

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Offline Cryu

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2100 il: 06 Ott 2015, 12:16 »
il dialogo pone l'accento sul fatto che le bambine abbiano preparato con grande rischio e grande sforzo del cibo, e che per onorare quel rischio e quello sforzo quel cibo verrà mangiato con riguardo
Capisco perfettamente cosa intendi. E ribadisco, per me da quella parte sei l'unico a portare argomenti ragionevoli.

Ma vedi, la tua lettura calca la mano su rischio e cibo: cose, azioni. Ma di quel testo è la relazione tra persone che ci commuove. Relazione che non è il contesto, lo sfondo di ciò che accade. Fatica, rischio, attenta riconoscenza di Nausicaa... tutte queste cose non fanno altro che dare corpo a quella emozionante relazione, che è la vera protagonista del dialogo.

Se un italiano - pur parlicchiando il giapponese - ascolta l'originale e rimane con un WTF, peggio per lui. Se un italiano ascolta la traduzione italiana e invece che commuoversi si ritrova un WTF sulla testa, mi spiace, ma quella traduzione ha fallito, perché il suo scopo principale era restituire quell'emozione e quella relazione, non usare la parola "riguardo". Si perde qualcosa? Per forza, è una traduzione. Si perde l'essenziale? No, l'essenziale si perde con la traduzione letterale.
« Ultima modifica: 06 Ott 2015, 12:31 da Cryu »
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Offline Perunamico

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2101 il: 06 Ott 2015, 12:19 »
Informo gli utenti turbati da certi toni che, volendo, anch'io sono capace di recitare. Non è così difficile fingersi gentili, raccontare una balla grande come una casa, infilarci la frecciatina strisciante, e alla fine metterci una faccina sorridente. Per conto mio, davanti a un simile atteggiamento, c'è più dignità a rischiare il ban e dire esattamente come stanno le cose.

Faccio, gentilmente come volete, notare di aver perso la pazienza intervenendo a difesa di un utente, Xibal, che nel merito la pensa esattamente all'opposto di me. Utente che difendeva Shito e di cui Shito ha messo in dubbio il "livello di comprensione audiovisiva". Perché la tattica di quel signore è sempre la stessa, ribaltare la realtà. Se non capisce, sono stupidi gli altri. Se gli si fa notare che scrive cose senza senso, risponde che è senza senso la critica. Traduce in un modo che non ha precedenti nella storia dell'adattamento, ma sono gli altri che si guardano troppo allo specchio. Ieri ha dichiarato di non avere tempo di leggere tutto il post del Gladiatore, ma ha comunque risposto con un post lungo circa la metà, che ha poi riletto ed editato due volte. Purtroppo ero online, me ne sono accorto. Ma i narcisi che non vogliono conoscere altro che se stessi siamo noi, capite?

Per il resto questa discussione continua a non esistere. E' errato legittimare quella persona come interlecutore di filosofia della traduzione laddove la questione si arena molto prima, là dove Tremex continua a essere inascoltato: quel signore non sa l'italiano, punto. Non sa neanche il giapponese, ma è meno grave. Non sa l'italiano, quindi non può scrivere in italiano di professione. La filosofia della traduzione è materia interessante, ma se mancano le basi, non ci si arriva neanche. Chi segue il topic da tempo, o semplicemente ha visto certi adattamenti, conosce perfettamente i "quest'albero deve trovarsi qui da un lunghissimo tempo lontano", i "scendere in scena", le consecutio errate e gli strafalcioni di grammatica che li infarciscono. E tanto basta a far decadere certi argomenti su correttezza e oggettività.

La discussione non esiste anche perché, se chi ha visto gli ultimi adattamenti di Mononoke, Kiki e Laputa se li fa andar bene, certo non sarà convinto dialetticamente da me o da chiunque altro. Chi invece si ostina a difenderli sul piano teorico senza averne fatta esperienza, credo semplicemente non stia facendo un favore né a sé né alla verità.

Da parte mia, penso che quella persona abbia potuto vendere fumo indisturbato per anni presso lo stesso fandom che lo ha sciaguratamente portato dov'è. Ma se viene nel nostro forum, dove accidentalmente c'è qualcuno di grandicello che nella traduzione ci ha studiato, discusso tesi di laurea e lavorato una vita, credo sia giusto venga sbugiardato a tutti i livelli. A partire dai due capisaldi della sua folle ideologia linguistica, ovvero:

1. che il bello e il brutto siano solo soggettivi. Quindi trascurabili nel merito. Ritmo, musicalità, interi ambiti di studio linguistico cancellati con un colpo di spugna. Verrebbe da domandarsi in base a che cosa si studino certe poesie a scuola e altre no.

2. che un testo non sia un corpus unitario di cui risalire allo spirito più profondo, ma una lunga sequenza di parole da tradurre una alla volta con quella che più gli si avvicina di senso. Magari in una lingua che di suo userebbe una sola parola per un concetto che in un'altra lingua ne richiede tre. E questo per lui sarebbe il metodo "oggettivamente" più corretto, laddove si tratta di un criterio personalissimo, infantile nel principio (tradurre una parola alla volta per non perdersi nulla) ed evidentemente errato.

In questo senso è illuminante l'esempio di Nausicaa. Partendo dalla traduzione di shito e dalla visione della scena, ho proposto esattamente la stessa traduzione che poi ci hanno fatto notare essere stata usata nella versione inglese, che secondo quel signore è "inventata". Ma se traduttori di paesi e culture diverse propongono la stessa soluzione linguistica, forse è perché nella filigrana di quella scena hanno letto l'emozione e la relazione che davvero voleva passare quel dialogo. Se ci si incaponisce solo sui singoli termini, queste cose sfuggono. E nella foga di non perdersi nulla, si perde l'essenziale.

3. (corollario del punto 2) Che essere fedeli a un testo sia essere fedeli alle sue parole. Laddove nessuno, tranne chi è innamorato della propria voce, parla per amore delle parole, bensì perché vuole comunicare concetti ed emozioni. E qualsiasi traduzione che, incaponendosi sulle parole, fallisce nel comunicare queste cose, non è una cattiva traduzione (o una traduzione poco fedele). Semplicemente, non è una traduzione.

Tutte cose già dette e ripetute, inutilmente. Nessuno cambierà idea per questo post. Più facile che ancora una volta venga mistificato e strumentalizzato. Per cui mi fermo qui. In questo, e solo in questo, sono d'accordo con quella persona: chi vuole capire, capisce.
Penso non ci sia altro da dire, post fantastico.



Da parte mia io non compro più i bluray dello studio ghibli...e possiedo centinaia di blu-ray e migliaia di dvd.

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2102 il: 06 Ott 2015, 12:27 »
Invece di tentare di argomentare al vento e, soprattutto, insultare vedete di smettere di comprare i BD Lucky Red dello studio Ghibli ma comprateli dall'estero (così almeno si supporta il maestro e non si subiscono adattamenti amatoriali).
Almeno non pagategli lo stipendio, dai.
La versione italiana in qualche modo la si recupera.
« Ultima modifica: 06 Ott 2015, 12:32 da Kabuto »

Offline Xibal

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2103 il: 06 Ott 2015, 12:41 »
I meccanismi della lingua italiana per cui le frasi di Cannarsi non scorrono bene sono una pigra abitudine alla lingua italiana, per cui qualsiasi cosa esca dal seminato del colloquiale moderno non sarebbe italiano.
Ma qui non stiamo parlando di un articolo di giornale, parliamo, in senso lato, di letteratura.
L'esempio che ho fatto qualche post fa è di un collettivo di autori italiani molto apprezzato, Wu Ming, che nel dare spessore ad un contesto come quello della rivoluzione francese vista attraverso gli occhi del volgo, hanno ricreato un linguaggio del tutto straniante ma efficacissimo nel dipingere usi e costumi di un popolo e di un periodo tramite la vitalità di una lingua per nulla asservita ai criteri di comprensibilità dell'italiano medio moderno.
Si parla di dialetto, si parla di inflessioni, si parla anche di neologismi e persino di onomatopee, ma questa non è una novità, la letteratura mondiale è piena di esempi di questo tipo, in cui persino nel linguaggio d'origine la relazione intrecciata non è col pubblico, ma col substrato che si vuole raccontare.
Possibile che non si sia mai incappati in situazioni come questa, in romanzi o piece teatrali del tutto sovrapponibili nella propria stessa lingua, senza adattamenti, da considerare l'italiano di Cannarsi così incomprensibile e poco scorrevole da rendere l'esperienza mortificante?
Oppure tutte queste cose sono da considerarsi "desuete", e allora l'unico metro di paragone possibile non è con la letteratura mondiale ma con l'articolo del blogger 2015 dove "grave" diventa "peso", per cui nessuno si lamenta perchè non conta che sia italiano ma che ci si capisca tra di noi?
Cos'è che nella rappresentazione di mondi lontani e fantastici, fatti di personaggi legati a tradizioni e usi e costumi diversi non ci fa accettare che la lingua ne rappresenti puntualmente l'espressione finale e caratterizzante, da invocare vendetta per lo spirito calpestato della Lingua Italiana, mentre siamo così accondiscendentemente supini a che la nostra personale e presente si colori di "LOL", "peso" e qualunque altra forma di espressione abbiamo lasciato che ci penetrasse e plasmasse senza denunciarne il vilipendio a Mamma Gramma?
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Offline Azraeel

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2104 il: 06 Ott 2015, 12:46 »
Che figo, mi trovo troppo nel mezzo del pensiero di Xibal e Cryu!  :D
Perchè partendo dal presupposto che anche io ritengo sia importante trasferire la parlara di ogni personaggio in maniera aderente alle intenzioni originali, non riesco a non capire altresì il pdv di Cryu quando sostiene che certe costruzioni siano praticamente errate.

Sul "li mangerò con riguardo" sono stupido dalla pesantezza della critica, a me piace e secondo me è il senso corretto.

Altre frasi già postate risultano sinceramente brutte e non penso non vi fosse altro modo per trasporle lasciando inalterato il significato, ma tutelando anche la lingua di destinazione.
A me non strania ne il desueto ne il barocco, ma certe frasi ritengo siano proprio errate, e più che altro lo ritengono persone che fanno del parlar bene una professione!

Offline Cryu

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2105 il: 06 Ott 2015, 12:53 »
I meccanismi della lingua italiana per cui le frasi di Cannarsi non scorrono bene sono una pigra abitudine alla lingua italiana, per cui qualsiasi cosa esca dal seminato del colloquiale moderno non sarebbe italiano.
No, ok, come non detto. Pensavo dessimo per assodata la differenza tra l'anticato/desueto di un buon adattamento storico e il fantaitaliano calcato dal giapponese in spregio a qualsiasi regola, estetica e buon senso.
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Offline Azraeel

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2106 il: 06 Ott 2015, 12:55 »
Secondo me varia da caso a caso eh! Non litigate pure voi due!
Alcune frasi sono, per me, s-oggettivamente non in italiano.
Altre no, per niente, e quindi credo non sia saggio generalizzare troppo nella discussione!

Offline Xibal

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2107 il: 06 Ott 2015, 12:59 »

Ma vedi, la tua lettura calca la mano su rischio e cibo: cose, azioni. Ma di quel testo è la relazione tra persone che ci commuove. Relazione che non è il contesto, lo sfondo di ciò che accade. Fatica, rischio, attenta riconoscenza di Nausicaa... tutte queste cose non fanno altro che dare corpo a quella emozionante relazione, che è la vera protagonista del dialogo.
Sono d'accordo, ma il rapporto umano si estrinseca proprio attraverso cose e azioni, questa è una delle differenze fondamentali tra le due mentalità, dove una parla poco e agisce, mentre l'altra si profonde in locuzioni di convenienza.
"Li mangerò pensando a voi" è una frase molto usata in italiano, che ad un italiano trasmette esattamente la comodità della circostanza, vi dico che lo faccio ma poi ce la vediamo tra me e me, tanti saluti.
Per noi molto spesso è "il pensiero" che conta. Per loro sono i fatti.
Uscire da quel seminato è importante proprio per restituire la diversità nel modo di concepire i gesti, non le parole, come fondanti nel rapporto tra persone (con la cerimonia del tè si dice tutto senza aprire bocca).
Per me va bene anche come lo tradurresti tu, nel senso che non ne farei un problema di Stato, ma secondo me si perderebbe una componente fondamentale di quel rapporto umano privilegiato che nel media giapponese spesso e volentieri emerge proprio sottolineando la dicotomia tra la grandezza o pericolosità dello sforzo, e la delicata innocenza di chi lo compia (con tutti i corollari culturali e sociali che ne derivano parlando sempre della cultura d'origine)...
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Offline Thar

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2108 il: 06 Ott 2015, 13:01 »
In pratica no, *non* devi sapere quale sia la frase nell'opera originale. Non lo devi sapere perché [...]

Non concordo assolutamente.
O, meglio, quello che dici è vero se si stà parlando di un opera di divulgazione, [...].

Ma un'opera cinematografica non si esprime solo colle immagini O solo col testo. [...] conta il COME viene detto. [...]

E se non conosci non solo "cosa" il personaggio ha detto, ma anche il "come" è stato detto, non è possibile muovere nessuna critica, nessun appunto. Proprio perchè c'è la possibilità che nell'originale si utilizzi proprio quel registro, per quanto strano possa sembrarci.

Il fatto è che stiamo parlando di un adattamento, non dell'opera. Se stessimo parlando dell'opera, dovremmo entrambi avere conoscenze linguistiche sufficienti per comprenderla in originale; ma stiamo discorrendo di come noi, spettatori italiani, percepiamo quanto abbiamo facoltà di vedere e sentire.

Ma l’adattamento discende da un’opera, senza l’opera non vi sarebbe neppure l’adattamento.
Quindi, se critiche vanno fatte ad un adattamento, bisogna sempre e comunque partire dall’originale e vedere in che cosa da esso differisce l’adattamento.
Altrimenti è solo questione di confrontare gusti ed abitudini personali.



Se accetti questa premessa, converrai che la nostra ignoranza sull'opera originale non solo è legittima ma pure scontata. Infatti, se conoscessimo l'opera originale non avremmo bisogno di un adattamento. Perciò, dato per scontato noi non conosciamo né il giapponese né l'opera, analizziamo quanto ci è dato di conoscere. L'adattamento.


L’adattamento è funzionale alla fruizione dell’opera. Ovvero, deve rendere un’opera scritta in una lingua straniera fruibile in un’altra lingua. Ma senza introdurre alterazioni ad alcuno degli elementi che compongono l’opera medesima.



Possiamo analizzare l'adattamento prescindendo dall'opera?
Ovviamente no. Però possiamo analizzare l'adattamento in funzione dello spettatore. Adattamento come processo attraverso il quale un'opera originariamente non fruibile, diventa tale.

Analizzare l’adattamento in funzione dello spettatore, secondo me, ha poco senso: non esiste (non è mai esistito) uno “spettatore campione” sul quale tarare simili analisi. Il pubblico è una massa estremamente eterogenea, proveniente da esperienze le più diverse tra loro.
Voler fare un analisi di un adattamento prescindendo da quello che vi è nell’opera originale è, a mio avviso, voler introdurre un elemento soggettivo di discrimine (il proprio “gusto”, la propria abitudine) a valutazione di un lavoro che, per essere valutato, abbisogna necessariamente del confronto con ciò che lo ha generato: è imprescindibile.
Ed una volta introdotto questo elemento soggettivo, qualsiasi adattamento, di chiunque, può essere criticato. E simili critiche, anche nel caso fossero dimostrate completamente inconsistenti, non potrebbero mai più essere smentite, in quanto proprio l’aver voluto giudicare un adattamento slegato dal suo contesto (l’opera originale) rende de facto impossibile simili smentite: tutto sarebbe lecito in virtù del fatto che “la soggettività dei molteplici gusti/abitudini degli spettatori diventano elemento dominante nel giudizio”, dato che non vi è modo alcuno di analizzare con oggettività un elemento così estremamente soggettivo come i gusti/abitudini di una persona.

Inoltre, a mio avviso, c’è un po’ di confusione sul concetto di “fruibile”: rendere fruibile un’opera non significa prendere gli elementi presenti nell’opera stessa e rielaborarli secondo quella che, a propria intenzione, è la “prassi comune” per rendere “edibile/capibile” un’opera straniera (quello sta al pubblico, attraverso la propria cultura, la propria sensibilità, la propria esperienza (non solo cinematografica)).
Rendere fruibile significa far in modo che lo spettatore abbia tutti gli elementi presenti nell’opera originaria per potersi formare, in perfetta autonomia ed in sincera coscienza, una propria opinione autonoma sull’opera medesima, sia essa opinione positiva o negativa. Senza che vi siano mediazioni di terzi che “aiutino” questo formarsi (anche perché, altrimenti, l’opinione non sarebbe “sincera”, visto che discenderebbe da una “interpretazione” dell’opera medesima operata dall’adattatore)


Diamo più valore all'adattamento di per sé o all'adattamento come veicolo per ampliare il target di
un'opera?

Il target di un'opera è deciso dall'autore originale dell'opera.
Volerlo ampliare artificiosamente è un qualcosa che, oltra ad avere un esito tutt'altro che scontato, non porta ad altro che a "contaminare" l'opera originale [...]

Il target di un'opera non è deciso a monte. Si vorrebbe poterlo decidere ma una volta conclusa l'opera, questa vive di vita propria. L'autore ha sicuramente un ruolo attivo, conscio o meno, nell'indirizzare i contenuti, ma soprattutto per opere collettive come quella cinematografica, i destinatari ideali e reali non coincidono. In maggior misura quando l'opera contenga simboli, in virtù del fatto che per comprenderli occorrano conoscenza che a certe età non sono affatto scontate.
Vedere La città incantata a undici anni fa un effetto, a venticinque un altro. Quando poi si scopre che il titolo originale è completamente diverso e rimanda al percorso di crescita e creazione dell'identità della protagonista, gli effetti sono altri ancora.

Vero.
Ma, nondimeno, l’opera è stata creata dall’autore rivolgendosi ad un determinato target.
Che, poi, l’opera possa esser stata apprezzata anche da persone al di fuori di quel target è solo un effetto fortuito, non programmato ne programmabile.



Torniamo a questa affermazione sul target:

Volerlo ampliare artificiosamente è un qualcosa che, oltra ad avere un esito tutt'altro che scontato, non porta ad altro che a "contaminare" l'opera originale

Attenzione: un adattamento *è* un ampliamento artificioso di target. Lo è per premessa: siccome questa opera non sarebbe massicciamente fruibile in questa nazione, la modifichiamo quel tanto che basta affinché possa essere compresa.

Mmmmmm, non direi un “ampliamento di target” quanto un “ampliamento di bacino d’utenza”: si amplia la platea dei potenziali spettatori, ma il target originario (inteso come quello al quale l’autore si è rivolto) rimane quello iniziale.
Certo, come detto prima, può capitare che persone estranee al target originario si interessino/appassionino al film, ma non può (e non deve) essere un interessamento figlio di un’alterazione dell’opera originaria.
Altrimenti questo ampliato interessamento sarebbe fallato all’origine, visto che sarebbe dovuto non alla bontà dell’opera primigenia, ma ad elementi estranei introdotti artificiosamente in una fase successiva ed ad opera conclusa.


E siamo tornati al punto cruciale.

Posso io, spettatore italiano ignaro sia della lingua giapponese sia dell'opera originale, criticare quanto ascolto in italiano?
Si che posso. Perché non sto criticando l'opera originale ma l'opera che fruisco, quella che è stata adattata anche per me.
Che poi le mie critiche suonino 'strane', beh: probabilmente lo sono tanto quanto suoni 'strano' a me quanto ascolto. In italiano.

No, non puoi.
Puoi dire “Mi piace/Non mi piace”.
Ma per muovere una qualsiasi critica costruttiva bisogna, come minimo, essere a conoscenza di come sia, in origine, l’elemento che si va a criticare.
Perché l’opera che fruisci è figlia dell’opera originale, e ne deve comprendere qualsiasi elemento (registro linguistico incluso).


Però mi chiedo, anzi ti chiedo ( :D ) partendo dal presupposto che io ero uno di quelli che sosteneva la comprensibilità della frase "Li mangerò con riguardo", come si opera quando ci si trova in una situazione simile?
Se ne è già discusso. Ovviamente Yoda deve parlare strano anche in italiano. Nausicaa non credo sia dislessica. Se ci fai caso, quella scena è cinematograficamente costruita per esprimere commozione. La commozione di Nausicaa che di riflesso dev'essere quella dello spettatore. Quando le bimbe porgono il cibo, la "telecamera" stacca sul primo piano di Nausicaa e parte una malinconica musica al pianoforte (obiettivamente un po' cheap, sembra quando in Mai Dire Gol mandano via un allenatore :D). Lì l'intenzione autoriale è chiaramente quella di emozionare il pubblico attraverso la relazione tra bimbe e principessa. Una relazione che si sta interrompendo nella frequentazione fisica, ma che ambo le parti vogliono comunque far proseguire nell'assenza. Per questo le bimbe hanno preparato quel cibo, perché Nausicaa, mangiandolo, sia in qualche modo ancora con loro quando sarà lontana. Nausicaa capisce tutto questo, si commuove, e con quella battuta vuole corrispondere quella stessa intenzione. Sta dicendo sì, grazie, anch'io voglio sentirmi ancora con voi quando sarò lontana, e quando mangerò questo cibo sarà davvero come se lo fossimo!

Ora, questa relazione, questa emozione, allo spettatore italiano arriva se il dialogo scorre, non se viene distratto da un'espressione innaturale e ambigua (per un sentimento in sé del tutto universale) su cui interrogarsi per qualche secondo. Per cui tradurre con "Grazie, li mangerò pensando a voi" è per me (e non certo solo per me), una traduzione infinitamente più *fedele* di "Grazie, li mangerò con riguardo".


http://www.treccani.it/vocabolario/riguardo/

La sua analisi sarebbe corretta se il “riguardo” della frase rientrasse nella definizione contenuta al secondo paragrafo (per praticità la riporto: “Attenzione scrupolosa, precauzione diligente nell’usare una cosa o nell’occuparsene”).
Solo che, nella scena incriminata, “riguardo” è usato nell’accezione riportata nel paragrafo 3b (riproto anche questa per praticità: “Considerazione, rispetto, stima”).
Nausicaa, nell’accettare il sacchetto dei semi, mostra di avere rispetto per la fatica fatta dalle bambine per raccogliere una quantità ragguardevole di semi in così breve lasso di tempo(senza dimenticarne il sacrificio: non dimentichiamo del contesto di quella scena, ovvero l’esercito di Tolmekia che stata sequestrando tutto il sequestrabile (cibo compreso). E l’offerta di una tale quantità di semi (che, come specificato successivamente da Nausicaa, è un tipo di cibo altamente energetico e nutriente, quindi maggiormente da apprezzare, rispettare in tempi di carestia o saccheggio)rappresenta un sacrificio notevole. Specialmente se fatto da delle bambine).

Ed a proposito della “distrazione del pubblico” in quel particolare frangente non si è mossa foglia in sala.
Nemmeno da parte degli spettatori più piccoli.
A differenza di quanto Yupa irrompe nella navetta di Peijite assaltata dai soldati di Tolmekia: quando estrae le sue spade si è levato un ”AhAh. Pare Goemon” (seppur pronunciato con un tono di voce sommesso per rispetto degli altri spettatori, l’ho potuto udire distintamente vsito che proveniva dalla fila immediatamente dietro a dove ero seduto)). Ed era una scena muta, senza nessun dialogo.
Tanto per esemplificare, una volta in più, di come il pubblico reagisca in maniera difficilmente pronosticabile.
« Ultima modifica: 06 Ott 2015, 13:05 da Thar »
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Offline Xibal

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2109 il: 06 Ott 2015, 13:02 »
Secondo me varia da caso a caso eh! Non litigate pure voi due!
Alcune frasi sono, per me, s-oggettivamente non in italiano.
Altre no, per niente, e quindi credo non sia saggio generalizzare troppo nella discussione!
Bene, facciamo esempi di frasi che non siano, più o meno oggettivamente, in un italiano corretto.
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Offline Xibal

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2110 il: 06 Ott 2015, 13:03 »
No, ok, come non detto. Pensavo dessimo per assodata la differenza tra l'anticato/desueto di un buon adattamento storico e il fantaitaliano calcato dal giapponese in spregio a qualsiasi regola, estetica e buon senso.
Un esempio di fantaitaliano?
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Offline Cryu

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2111 il: 06 Ott 2015, 13:40 »
Un esempio di fantaitaliano?
Se ne sono fatti a decine, dai. Quello che mi balla in testa ora è in Arrietty: "quel che gli umani faranno da qui innanzi, per sondarlo approfonditamente, non sarà troppo tardi". La morte della sintassi. A suo tempo riavvolsi 3 volte il video e rimasi 3 volte stordito davanti al tv. Ma anche qui, c'è chi sosterrà che sia assolutamente corretto e che suoni strano solo ai pigri. Non è un tunnel che ci interessa imboccare di nuovo. Mi interessava invece chiudere il discorso del cibo perché il tuo rilievo culturale era interessante e per me portava a un bivio per cui o si traduceva male conservando quella sfumatura o si traduceva al meglio perdendo qualcosa. Ma direi che su questo abbiamo abbondantemente chiarito e apprezzato i rispettivi punti di vista.
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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2112 il: 06 Ott 2015, 14:30 »
Ecco, sul discorso cibo non sono daccorto con te, Cryu.
Secondo me non si è perso nulla, anzi, traducendo "Li mangerò con riguardo".
Pagine fa, giorni addietro, prima che Shito desse la sua visione e spiegasse la scena nelle intenzioni dell'autore, io scrissi che *secondo me* quella frase stava ad intendere... proprio cioè che vuole intendere.

Mentre sulla frase che riporti sopra, o nelle pagine seguenti, a pari modo non trovo una spiegazione ragionevole, e praticamente non ne capisco il senso.
Anzi, non ne capisco proprio il senso di "quel che gli umani faranno da qui innanzi, per sondarlo approfonditamente, non sarà troppo tardi", quindi in questo caso, per me, la traduzione è inefficace, perchè non mi consente di capire, niente. Non i contenuti celati, non gli usi o i colori locali, ma proprio cosa voglia comunicare in superficie.

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2113 il: 06 Ott 2015, 15:10 »
il dialogo pone l'accento sul fatto che le bambine abbiano preparato con grande rischio e grande sforzo del cibo, e che per onorare quel rischio e quello sforzo quel cibo verrà mangiato con riguardo
Capisco perfettamente cosa intendi. E ribadisco, per me da quella parte sei l'unico a portare argomenti ragionevoli.
Ma se ha ripetuto quello che ha detto Shito...

Il senso della frase tua è diverso. Cosa c'entra pensare a una persona col mangiare in un certo modo con un certo atteggiamento mentale che può essere tipicamente giapponese? Viene alterata la trama con l'adattamento proposto da te e dagli americani? NO, francamente non ne facciamo un problema, come ha già detto Xibal (sei TU quello che sta creando problemi, non noi), però non venirmi a dire che "pensare a qualcuno" è uguale a "mangiare in un certo modo". Sarebbe un po' come dire che mangiare spaghetti pensando a tua moglie sia uguale a mangiarli con forchetta e cucchiaio anziché solo forchetta. Tu vuoi mettere "pensando a" perché piace di più a TE, ma nell'originale non c'è nessun "pensare".
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Re: Studio Ghibli
« Risposta #2114 il: 06 Ott 2015, 15:23 »
Spero di essermi spiegato: Vedo due visioni molto differenti tra Shito e gli altri, il primo predilige la ricerca metodica della parola e quindi della sua traduzione più allineata a contesto e forma, non interessondosi quasi di costruire frasi che in italiano abbiano tutte le correttezze lessicali del caso, reputando quindi più importante l'aderenza fine a se stessa. Più una traduzione da google che non la versione dal latino, in cui occorre ricostruire il senso della frase con una precisione quali algebrica. (Il mio non è un giudizio di merito su Shito, è un accostamento sul metodo).

Gli altri che invece sostengono che debba passare il messagio, e debba essere tradotto in un italiano corretto e coerente, magari perdendo però quelle sfumature particolari che vengono rese nella lingua di origine. Appunto come fosse una versione dal Latino, in cui occorre destrutturare la frase da tradurre e analizzara scientemente al fine di ricostruire una versione corretta e di senso compiuto.

Secondo me la cosa più importante sarebbe ammettere che entrambe le correnti di pensiero hanno una loro dignità e che, in un ambito complesso come quello dell'adattamento, la verità oggettiva non esiste e non potrà mai esistere.

Il problema è che siamo su internet e le scale di grigio nelle discussionicompetizioni non esistono, quindi apposto così.