Informo gli utenti turbati da certi toni che, volendo, anch'io sono capace di recitare. Non è così difficile fingersi gentili, raccontare una balla grande come una casa, infilarci la frecciatina strisciante, e alla fine metterci una faccina sorridente. Per conto mio, davanti a un simile atteggiamento, c'è più dignità a rischiare il ban e dire esattamente come stanno le cose.
Faccio, gentilmente come volete, notare di aver perso la pazienza intervenendo a difesa di un utente, Xibal, che nel merito la pensa esattamente all'opposto di me. Utente che difendeva Shito e di cui Shito ha messo in dubbio il "livello di comprensione audiovisiva". Perché la tattica di quel signore è sempre la stessa, ribaltare la realtà. Se non capisce, sono stupidi gli altri. Se gli si fa notare che scrive cose senza senso, risponde che è senza senso la critica. Traduce in un modo che non ha precedenti nella storia dell'adattamento, ma sono gli altri che si guardano troppo allo specchio. Ieri ha dichiarato di non avere tempo di leggere tutto il post del Gladiatore, ma ha comunque risposto con un post lungo circa la metà, che ha poi riletto ed editato due volte. Purtroppo ero online, me ne sono accorto. Ma i narcisi che non vogliono conoscere altro che se stessi siamo noi, capite?
Per il resto questa discussione continua a non esistere. E' errato legittimare quella persona come interlecutore di filosofia della traduzione laddove la questione si arena molto prima, là dove Tremex continua a essere inascoltato: quel signore non sa l'italiano, punto. Non sa neanche il giapponese, ma è meno grave. Non sa l'italiano, quindi non può scrivere in italiano di professione. La filosofia della traduzione è materia interessante, ma se mancano le basi, non ci si arriva neanche. Chi segue il topic da tempo, o semplicemente ha visto certi adattamenti, conosce perfettamente i "quest'albero deve trovarsi qui da un lunghissimo tempo lontano", i "scendere in scena", le consecutio errate e gli strafalcioni di grammatica che li infarciscono. E tanto basta a far decadere certi argomenti su correttezza e oggettività.
La discussione non esiste anche perché, se chi ha visto gli ultimi adattamenti di Mononoke, Kiki e Laputa se li fa andar bene, certo non sarà convinto dialetticamente da me o da chiunque altro. Chi invece si ostina a difenderli sul piano teorico senza averne fatta esperienza, credo semplicemente non stia facendo un favore né a sé né alla verità.
Da parte mia, penso che quella persona abbia potuto vendere fumo indisturbato per anni presso lo stesso fandom che lo ha sciaguratamente portato dov'è. Ma se viene nel nostro forum, dove accidentalmente c'è qualcuno di grandicello che nella traduzione ci ha studiato, discusso tesi di laurea e lavorato una vita, credo sia giusto venga sbugiardato a tutti i livelli. A partire dai due capisaldi della sua folle ideologia linguistica, ovvero:
1. che il bello e il brutto siano solo soggettivi. Quindi trascurabili nel merito. Ritmo, musicalità, interi ambiti di studio linguistico cancellati con un colpo di spugna. Verrebbe da domandarsi in base a che cosa si studino certe poesie a scuola e altre no.
2. che un testo non sia un corpus unitario di cui risalire allo spirito più profondo, ma una lunga sequenza di parole da tradurre una alla volta con quella che più gli si avvicina di senso. Magari in una lingua che di suo userebbe una sola parola per un concetto che in un'altra lingua ne richiede tre. E questo per lui sarebbe il metodo "oggettivamente" più corretto, laddove si tratta di un criterio personalissimo, infantile nel principio (tradurre una parola alla volta per non perdersi nulla) ed evidentemente errato.
In questo senso è illuminante l'esempio di Nausicaa. Partendo dalla traduzione di shito e dalla visione della scena, ho proposto esattamente la stessa traduzione che poi ci hanno fatto notare essere stata usata nella versione inglese, che secondo quel signore è "inventata". Ma se traduttori di paesi e culture diverse propongono la stessa soluzione linguistica, forse è perché nella filigrana di quella scena hanno letto l'emozione e la relazione che davvero voleva passare quel dialogo. Se ci si incaponisce solo sui singoli termini, queste cose sfuggono. E nella foga di non perdersi nulla, si perde l'essenziale.
3. (corollario del punto 2) Che essere fedeli a un testo sia essere fedeli alle sue parole. Laddove nessuno, tranne chi è innamorato della propria voce, parla per amore delle parole, bensì perché vuole comunicare concetti ed emozioni. E qualsiasi traduzione che, incaponendosi sulle parole, fallisce nel comunicare queste cose, non è una cattiva traduzione (o una traduzione poco fedele). Semplicemente, non è una traduzione.
Tutte cose già dette e ripetute, inutilmente. Nessuno cambierà idea per questo post. Più facile che ancora una volta venga mistificato e strumentalizzato. Per cui mi fermo qui. In questo, e solo in questo, sono d'accordo con quella persona: chi vuole capire, capisce.