Salve di nuovo. :-)
Qualcuno potrebbe sapere che sono un grande sostenitore di Miyazaki Gorou, come del resto lo fu -proprio ai tempi di Ged Senki- un certo Anno Hideaki. ^^;
Nel corso degli anni ho scritto svariate volte sui contenuti, sulla nascita e sulle cose 'intorno' al film di (roccambolesco) debutto alla regia di Miyazaki Goru. Ho notato, soprattutto, che tipicamente i più aspri criciti del film e del regista non ne hanno neppure sfiorato il senso. Trovo sia difficile criticare aspramente qualcosa che, palesemente, si dimostra di non avere in primo luogo inteso. Così, spesse volte mi sono trovato ad argomentare su 'cosa racconti' e 'cosa significihi' il film.
Di recente mi è capitato di farlo su un altro lido, piuttosto che lirkare vi (mi) incollo. ^^
In primi:la catchcopy. Come saprete, le catchcopy sono gli 'slogan' ufficialmente associsti ai film. Dagli autori. In genere gli autori conoscono il loro film. ;-)
父さえいなければ、
いきられると思った。
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目に見えないこそ。
Ovvero:
Pensai che se solo non ci fosse stato mio padre,
sarei riuscito a vivere.
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Proprio ciò che è invisibile.
La prima parte, oltre a esprimere perfettamente il senso (nonsenso) depressivo del protagonista e del suo gesto inconsulto, è calcata pari pari su quella di Hotaru no Haka: "A 14 e 4 anni, pensarono di provare a vivere". La seconda parte, su cui il regista ebbe molto a dire ai tempi della produzione del film, mostra un'eredità da Saint-Exupery. :-)
Dunque, io trovo fabula e intreccio molto lineari.
Arren, un adolescente figlio del benessere in un'epoca decadente e corrotta, vive nell'angoscia/ansia (fuan) esistenziale. Il suo stato lo porta a momenti di conflitto col sé e con gli altri prossimi alla sindrome bipolare. Accoltella il padre da cui si sente 'trascurato', sebbene pure lo stimi come uomo. Non sa perché lo fa. Poi fugge. Tutto annaspando. E' una persona per cui la vita, da sempre garantita e gratuita, non ha alcun senso né valore.
Sarebbe sbranato dai lupi di Takahata (Hols no Daibouken) se non intervenisse l'Arcimago Ged, a.k.a. Sparviere, l'uomo della misura, dell'equilibrio esistenziale, della conoscenza responsabile delle cose (tutta la magia della LeGuin è metafora di 'coscientia est potentia', no?). Si accoda a Ged, che avverte il turbamento che incombe sul mondo, passa da una corrotta città, dove rischia di cadere vittima della droga quale scappatoia dalle sue angoscie, poi vede i drogati terminali e -giustamente- vomita. Salva una ragazza uscita da Shuna no Tabi, ma nel farlo torna vittima del furore cieco del suo nulla esistenziale: "E che mi importa di morire?". Alla damigella questo non piace. Poi finisce lui stesso preda degli schiavisti, salvo essere salvato da Ged che però può salvare solo chi ha ancora la forza di salvarsi. Arrivano da una vecchia amica di lui, Tenar, ex-maga che vive come contadina insieme alla ritrovata ragazzina salvata da Arren, chiamata Therru. Momenti di pacificazione bucolica. Therru è riottosa a cause di passate ferite, per lei sopra a tutto brilla i valore della vita, la vita per la vita. Quando Arren si apre con lei, poi decide di andarsene perché si sente sempre inseguito.
E' inseguito da sé stesso, dalla sua coscienza.
Frattanto, il potente mago Aracne, ossessessionato dal timore cieco della morte, del non-essere, e vittima del suo delirio di onnipotenza, muove i fili della sua vendetta contro Ged, che già ebbe a bastonarlo. Decide di sfruttare le debolezze di Arren: lo rapisce prima, lo seduce dopo. Gli fa capire che lui in realtà teme la morte, e gli promette l'immortalità, che -gli dice- l'Arcimago vorrebbe solo per sé. Fa quindi rapire Tener per attrarre Ged in un tranello: nel castello di Aracne la magia di Ged è inibita.
Ged accorre e cade nel tranello. Aracne muove le fila di Arren, sua marionetta, che si scaglia contro Ged. La prima risoluzione di Arren avviene in un abbraccio paterno che era stato a lungo negato al ragazzo: il senso della vita umana *è proprio* nella sua finitezza, che dà valore allo sforzo di vivere (qualcuno ha visto Casshern?).
Cito:
Devi ascoltarmi, Arren. A questo mondo, esseri che continuino a vivere per l’eternità non possono esistere. La cognizione dell’uomo che un giorno giungerà la propria morte… è il meraviglioso dono che noi tutti abbiamo ricevuto dal cielo. Ciò che possiamo avere per noi, sono tutte e soltanto cose che un giorno dovremo perdere. In questo è il seme della sofferenza… ma anche un grande tesoro… e così pure la misericordia del cielo. E anche la nostra vita.
Arren capisce, ma l'Arcimago è catturato e condannato, e Arren è preda di ciò che viene dopo l'angoscia: la disperazione (qualcuno ha letto Kirkegaard?).
A scrollare questo Arren/Shinji dal suo torpore abulico totale non è Misato, né Asuka, ma Therru: che ha le idee ben più chiare. In primis conosce il valore della vita, e lo difende in quanto tale, femminilità 100%&. In secundis, ha incontrato la coscienza di Arren: la coscienza di Arren, il 'doppione' che lo tallonava, è 'la parte luminosa' di Arren (la coscienza) che, ottenebrato dall'angoscia, aveva finito per dividersi tra le sue componenti di luce e oscurità.
Cito:
L’animo di Arren era ormai ricolmo di ansie. Cibandosi di queste ansie, le Tenebre dell’Animo si sono accresciute. Tali Tenebre dell’Animo hanno così finito per rubare il corpo e fuggire… lasciando ciò che dovrebbe essere sempre insieme a loro. Ciò che dev’essere insieme alle Tenebre… è la Luce stessa. Ma questa Luce, vagando in cerca del suo corpo... ha finito col diventare un’ombra. Quel che ora tu stai guardando è soltanto ciò che sta inseguendo il proprio corpo: un’ombra.
Dunque, l'Arren reale, quello che ha assassinato il padre e che abbiamo visto per tutto il film inseguito da questa 'ombra' altro non è che Arren che ha finito per separasi dalla Lyce dell'Animo, la coscienza...che continuava a inseguire Arren come un'ombra. Direi che la metafora è semplice. :-)
Therru fa quindi una vera ramanzina femminile ad Arren. La vita dell'Uomo non è la vita dell'uomo. La piccola narrazione del singolo si risolve nella Grande Narrazione della specie (qualcuno ha letto Kojeve?).
Cito:
A: Therru…! La ‘cosa più preziosa’, che sarebbe mai?
T: La cosa più preziosa è senza alcun dubbio la vita!
A: Ma se ognuno finirà un giorno col morire… la vita si potrà mai considerare preziosa…? Anche sapendo che giungerà comunque la fine… nonostante questo non si può fare a meno di vivere?
T: Ti sbagli! È proprio perché sappiamo che dovremo morire che la vita è così preziosa! Arren, a farti paura non è l’idea della morte… quel che ti fa paura è l’idea di vivere! Dire di poter anche morire subito… o di non voler morire per l’eternità… sono la stessa identica cosa! Tu hai solo paura di vivere l’unica vita che ti è data!
A: ...!
T: È soltanto per sé stessi che si vive? Io sono vissuta grazie a Tenar. Per questo io devo vivere. E vivendo, qualcun altro a seguire erediterà la vita. Lebannen!
Il tutto si conclude con il secondo abbraccio di risoluzione per lui: dopo quello paterno, quello muliebre. Di comunione. Perché la coscienza di Arren si era già 'data' a Therru (rivelandole il proprio Vero Nome), e qui Therru ricambia, dandosi ad Arren con il suo Vero Nome: Tehanu. I due ora si 'conoscono', e Arren è risolto.
I due vanno a salvare Ged e Tenar. Il terzo abbraccio è quello della fiducia: Therru salta sul vuoto fiduciosa che lui la prenderà (stessa cosa sarà con Umi e Shun, per salire sulla nave alla fine del film). Arren combatte contro Aracne riuscendo a sguainare la spada paterna (Arren è risolto), e Aracne mostra tutta la bruttura che celava dietro all'apparenza della bellezza fasulla. Prende in ostaggio Therru, inseguito da Arren, e ormai cieco (in tutti i sensi) la strangola. Ma Therru non muore, ovvero risorge, perché lei è la vita stessa, non dolo nei concetti che esprime, ma anche nel suo corpo: è un drago.La ricerca della vita eterna di Aracne, suprema incomprensione della vita, finisce quindi col consumare Aracne.
Arren si separa quindi da Therru per tornare in patria e accogliere la responsabilità del sè.
Fine.
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La metafora schietta, violenta e vivida dei problemi della crescita nella società postmoderna del benessere diffuso mi pare impeccabile e preziosa.
"Proprio ciò che è invisibile".