Autore Topic: Studio Ghibli  (Letto 396779 volte)

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Offline nikazzi

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #675 il: 29 Ott 2013, 14:38 »
Sì infatti il discorso non era su questo ma su altro, non compromette la godibilità perché per noi non serve... ma non è di questo che voglio discutere.
Posto che per me, che il giappone in generale piace da morire, va bene qualsiasi adattamento che includa termini giapponesi perché bene o male li capisco e mi piace informarmi per capire, ma la traduzione dovrebbe anche tenere conto che non siamo tutti professori di lingue o che magari non ce ne frega niente di apprendere la lingua. Chi cerca altro se lo vede in giapponese.
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Offline The Fool

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #676 il: 29 Ott 2013, 14:43 »
Certo, un po' lo metti, un po' non lo metti... che cazzo di adattamento è?
No, lo metti quando c'è nell'originale e non lo metti quando non c'è nell'originale. Quando uno si presenta mica dice "sono Daisuke-kun", dicono il nome e basta.
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Offline nikazzi

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #677 il: 29 Ott 2013, 14:45 »
Be' certo in quel caso sì, certamente. Ma io li vedo meglio nei sottotitoli, non nel doppiaggio.
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Offline EGO

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #678 il: 29 Ott 2013, 15:59 »
Magari Inoue fa schifo come scrittore, no? Se l'autore fa schifo deve fare schifo in tutte le versioni, non è che puoi prendere uno shonen per ragazzini come Saint Seiya e trasformarlo nella Divina Commedia.

No.

È che il giapponese è una lingua fortemente ripetitiva, lessicalmente povera se tradotta in modo letterale, e molto arzigogolata se le espressioni vengono tradotte tal quali (vedi: Dopo aver suonato gliene do di regola, che in italiano chiunque renderebbe con Gli do sempre da mangiare, dopo aver suonato).

Ergo: in Slam Dunk, il traduttore letterale, pigro e poco fantasioso traduce: Straordinarie doti naturali!

Il traduttore che sa fare il suo lavoro, e capisce il tono e il contesto dell'opera, traduce: Ha una stoffa davvero incredibile!

Non puoi dire che in giapponese è scritto in un modo o nell'altro. In giapponese si scrive nel primo modo, ma si intende nel secondo. E questo è precisamente il motivo per cui la traduzione letterale non funziona.




A 'sto punto il bambino giapponese chiamiamolo Franco come faceva Mediaset negli anni '90. Avete mai visto un bambino italiano che si chiama Sosuke? Il nome Sosuke potrebbe traviare le giovani menti dei bambini italiani, bisogna cambiarlo. Gli verrebbe sicuramente la faccia a forma di punto interrogativo, se lo sentisse.

C'entra un cazzo ;D

In Hello Spank (per dirne uno) c'erano i nomi giapponesi. Sabrina e Tinetta sono una fisima personale della Valeri Manera.

Il problema, in Totoro, è più profondo.
Mei a un certo punto dice alla sorella: "Ha ha, hai sentito, ti ha chiamata Satsuki-chan!". E hai voglia a capire perché l'amica di Satsuki ha aggiunto il chan, hai voglia a capire perché la cosa diverte Mei. In quel momento, lo spettatore ignaro rimane solo confuso. Basta. Non impara niente. Perché non c'è una spiegazione. È una cosa esclusiva del linguaggio giapponese, buttata lì per un pubblico che ha tutto il diritto di non sapere che cosa significa. Nei manga, puoi mettere una didascalia. In un film, la cosa non funziona.

Chiunque, in questa discussione, difende il suffisso -chan e scrive i nomi giapponesi con il nome prima del cognome mi sta dando ragione, eh :-*




Discorso bambini: non sempre un prodotto è adatto o può essere compreso o comprensibile ai bambini.
Spesso, Mihazaki Hayao utilizza il linguaggio dei bambini per parlare agli adulti (tipo in "Hotaru no haka - Una tomba per le lucciole").
Solo perché un opera può essere visionata da dei bambini (perché, da perfetti ignoranti quali siamo, identifichiamo un "cartone animato" come opera esclusivamente diretta a dei bambini, senza andare a vedere quale sia l'argomento e lo "svolgimento" dell'opera in questione) l'adattamento deve "semplicizzare" il testo (e tutto ciò che lo riguarda, come forme espressive, tono e caratterizzazione psicologica dei personaggi, etc.)?
No, farlo semplicemente significherebbe il voler sminuire l'opera stessa e, cosa ancor più importante, mancherebbe di rispetto verso il pubblico che usufruirà di quell'opera.

Eh? Ma dove ho detto questo?

Non ho affatto parlato di semplificare. Qui stiamo parlando di traduzioni/adattamenti che, semplicemente, non esprimono un italiano corrente. E non perché siano tradotte/adattate da un linguaggio non corrente o non colloquiale, ma perché sono tradotte/adattate cercando di mantenere, senza validi motivi, la struttura lessicale del giapponese, che mal si adatta ad una resa letterale in italiano.

Non c'era bisogno di scomodare Shito, eh, non capisco perché l'abbiate fatto. Di gente che contesta il suo lavoro ne avrà le palle piene, e al suo posto non credo che mi sentirei in dovere di discutere o di giustificarmi in una diatriba del genere.

Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #679 il: 29 Ott 2013, 16:19 »
Salve a tutti. Metto piede su questo forum dietro invito di un utente che mi ha gentilmente segnalato la discussione che riguardava il mio lavoro e il mio modo di lavorare. Colgo occasione per complimentarmi per la pulizia, l'ordine, l'eleganza della grafica del forum che lo rendono molto fruibile, leggibilissimo, e sono un meraviglioso biglietto da visita per contenuti e postatori. Sapete com'è: "dimmi dove posti, e ti dirò chi sei..." ^^

Comunque, l'argomento in discussione - che ho recuperato leggendo alcune delle ultime pagine del thread, è assai trito. Non intendo così svalutarlo, ma prima di darmi a papiri sui massimi sistemi (in genere si finisce sempre lì), vorrei piuttosto partire dal particolare, e applicare quindi una logica inversa, non deduttiva (dal generale al particolare) ma induttiva (dal particolare al generale).

Mi scuso per i molti errori di battitura di cui, come al solito, disseminerò il messaggio. Sono un pessimo typist e il tempo che posso usare non è mai abbastanza per correggermi. Mi scuso. :(

Quindi:

Originale (parla Gigi):
"Penso solo che una simile partenza andrebbe preparata più accuratamente"

Nuovo adattamento:
"E che penso che mettersi in viaggio andrebbe fatto con maggiore solennità e cautela"

MACCOSA...? :D

Magari filologicamente è ineccepibile, ma fa cagare. :D


A parte 'Gigi' al posto di 'Jiji'... è qui irrilevante, ma freudianamente pare davvero tradire una volontà di italianizzazione a là peggiore Valeri Manera, il punto è: COSA viene detto in originale.

Vorrei che tutti, tutti, partissero da questo. Perché cosa venga detto nell'originale non lo decido io, non lo decidete voi, l'ha deciso Miyazaki. Per la cronaca, il copione giapponese  [kyakuhon] di Majo no Takkyuubin è tutto scritto a mano. Indovinate da chi. ;-)

ちがうよ 旅立ちはもっと慎重におごそかに行うべきとおもうんだよ
(Chigauyo! Tabidachi ha motto shinchou ni ogosoka ni okonaubeki da to omoundayo!)

Vediamo cosa significa questo.

Chigauyo!  = letteralmente "è differente!", si usa per esprimere una forte negazione su un'affermazione dell'interlocutore.

Tabidachi: è il 'mettersi in cammino', 'mettersi in viaggio'. NON è 'partenza' (si dice in altri modi), è proprio 'viaggio' (tabi) + 'mettersi in' (dasu)

ha -> particella di tema

motto = di più, maggiormente

shinchou = cautela, prudenza, riguardo, discrezione. Non è 'attenzione', non è una parola (in giapponese) banalissima. Io per uno non l'avevo mai incontrata. Non è la parola di 'sta attento!' (abunai!), o 'fare attenzione' (kyoutsukeru), o 'sicurezza' (anzen). E' proprio quello che ho scritto.

okosoka = solennità, austerità. E' una parola precisa, non avevo mai incontrato neppure questa, si usa per la 'solennità' delle cerimonie.

Okonaubeki = okonau è 'svolgere', non sarebbe semplicemente 'fare', è proprio 'portare a compimento. 'beki' è l'aspetto obbligatirio del verbo, come la perifrastica passiva latina. 'che si deve'.

da = verbo 'essere'.

'to omou' = penso che

ndayo = di nuovo verbo essere, con lo 'yo' rafforzativo di intenzione.

----

Dunque, Jiji ribatte a Kiki, che con leggerezza lo prende in giro che prima le metteva fretta, e ora che è arrivato il momento sta a farsi scrupoli che:

"Non è questo [questo che hai detto tutto tu, non è che stia a perder tempo]! E' che penso che il mettersi in viaggio [sia una cosa che] si debba svolgere con più solennità e cautela".

Jiji dice questo.
Semplicemente, esattamente, precisamente questo.

Se ci fate caso, si impettisce anche, quando parla di solennità. Sta predicando. Kiki è un'arruffona: è preda di facili entusiasmi e si lascia trasportare - Jiji lo dirà infatti poco dopo, e lo dirà ancora spesso durante il film. Jiji è la voce della coscienza, che frena gli entusiasmi. Inoltre, rappresenta la tradizione. Ha altre battute in cui parla della tradizione delle streghe. Jiji non parla semplicemente di 'quella partenza', sta dicendo che "partire per il praticantato da strega è una cosa seria, va fatta con ponderazione e cerimonia". Di contro, c'è Kiki che è una ragazzina realistica e corre da una parte all'altra, parla affrettata mentre fa duemila cose alla rinfusa.

Questo è il senso della scena, e infatti la battuta originale di Jiji è perfettamente coordinata a ciò e alla caratterizzazione dei personaggi e al loro rapporto reciproco.

Quindi:

Nuovo adattamento:
"Ché penso che mettersi in viaggio andrebbe fatto con maggiore solennità e cautela"

Mi pare un buon adattamento. Notate come sul finale della battuta Jiji segue Kiki con il muso, e quasi 'si dispera' a starle appresso con gli occhi. Come chi ripete una lezione già detta mille volte, ma sa già che è inutile.

E no, NON è una 'traduzione letterale'. Dire 'traduzione letterale' non è altro che una frase fatta per sminuire, deprecare una traduzione - una cosa che ci hanno (malamente) insegnato al liceo, tipicamente.

E no, NON è che un 'adattamento' possa significare 'riscrivere la frase cambiando i concetti e il loro rapporto in altro modo, a proprio gusto'. Pensare che l'adattamento sia questo non è che un sordido rifugium peccatorum di chi, in ultima analisi, non è in grado di capire profondamente l'originale e non è interessato a renderlo nella propria lingua.

Invece:

Vecchio adattamento:
"Penso solo che una simile partenza andrebbe preparata più accuratamente"

E' semplicemente SBAGLIATO.

E' sbagliato, è un'altra cosa, c'è poco da fare. Jiji NON parla di 'preparare', in originale. Non parla neppure di 'accuratezza'. Questa qui non è una buona resa dell'originale. E' una blanda riscrittura, c'è poco da fare. Il fatto che sia comunque più fedele della media degli adattamenti fatti da altre persone non cambia il fatto.

Il mio vecchio adattamento è maldestro, è impreciso, è al massimo un 5. Forse un 6 scarso ad esser buoni. Che tutti gli altri siano in genere fatti in modo tale da essere sulla media del 2 non c'entra.

Ma voi volete sapere e capire cosa dice un film per quello che dice realmente, o volte semplicemente sentire delle 'frasi che suonino belle al vostro orecchio'? ^^;

Perché alla fine il punto è questo.
Semplicemente questo.

E vedete, io parlo di correttezza. La correttezza è una cosa O B I E T T I V A, non va 'a gusto'.
Il gusto, ognuno ha il suo.
E' per questo che *non si può pensare* di sottomettere il giusto/sbagliato al bello/brutto.
Perché giusto/sbagliato è oggettivo, mentre bello/brutto è soggettivo.

Quindi:


Magari filologicamente è ineccepibile, ma fa cagare. :D

Sì, è filologicamente ineccepibile (sembra un parolone, ma vuol dire solo: è gusto/corretto) è questo vale per tutti.

Sì, a te 'fa cagare', ma vale per te. Per altri non varrà. O forse sì. Ma non fa niente.

Perché tutti noi sopravvalutiamo l'idea di 'italiano standard' che abbiamo in testa, ma nessuno ha l'italiano 'normale' in testa. Ognuno ha una sua personale 'abitudine' all'italiano. Io stesso. Infatti cerco sui dizionari anche le parole che ho sempre usato, anche quelle banali, per verificarne l'uso. :-)

Ho scoperto solo fa poco (Mimi wo Sumaseba) che *in italiano* 'fradicio' non vuol dire 'molto bagnato', ma 'marcio'. Nella mia personale percezione, siccome uso 'bagnato fradicio', che sarebbe 'così bagnato al punto di marcire', per me 'fradicio' era stato 'assorbito' da 'bagnato', al punto da diventarne un accrescitivo. SBAGLIAVO! Sono cose indifendibili: SBAGLIAVO! Da dizionario, "pensieri fradici" significa pensieri marci, corrotti, licenziosi. Quindi io butto via la mia percezione, mi correggo, e che mi importa di come "lo sento io"? Io sono uno. Uno non vale a niente. Nessun singolo può valere quando si fa una cosa che vale per tutti. Quindi Shizuku non dice 'ho la testa fradicia', ma 'ho la testa frullata', per rendere "atama ga gujaguja". Questo non è il mio gusto. Non è soggettivo. E' correttezza. E', da un lato, comprensione profonda e precisa del significato della lingua di partenza (il giapponese, nel caso) e dall'altro la resa corretta nella lingua d'arrivo (l'italiano, nel caso). Cosa sia 'giusto' in italiano NON lo decide il mio gusto. Non ragiono così e non lavoro così. :)

E come è possibile, allora, che una cosa 'imprecisa, solo passabilmente corretta' come il mio vecchio adattamento di Kiki possa 'piacere di più' di una cosa invece assolutamente più corretta, precisa, opportuna?

Abitudine, signori.

Lo so che è brutto accettarlo, ma il gusto umano è al 90% (almeno) abitudine.

Il gusto è imprinting. Quando conosciamo una cosa, il modo in cui la conosciamo mette la bandierina in un'area del nostro cervello. Lo so che a pensarci è umiliante, è una cosa in barba alla nostra bella idea di libero arbitrio e di autodeterminazione, ma accettiamolo: è così. I canoni del bello, in ogni ambito, cambiano nel tempo e nello spazio. Per tutto. La bellezza delle forme, dei suoni, delle persone persino - la storia dell'uomo e dell'estetica umana ce lo insegna. Il bello e il buono sono concetti realativi, endemici, culturali. Perché vengono con l'abitudine, e l'abitudine è indotta dalla consuetudine, e la consuetudine si perpetra con la cultura. Di un tempo, di un luogo. A mille livelli concentrici: il millennio, il secolo, o il decennio dell'infanzia di ciascuno. Il continente, la nazione, la regione, la città, il quartiere, la famiglia di ciascuno.

Ciascuno ha vissuto una sola vita. Nessuno fa base statistica a sé.
Bisogna accettarlo. Questa è la vera umana umiltà.

E non è vero, non è assolutamente vero, che non mi metto mai in discussione.
Lo faccio continuamente. Su OGNI SINGOLA PAROLA, come ho scritto nell'esempio sopra, e sul mio operato nel globale, con constante monitoraggio diacronico.

Chi volesse approfondire, trova un'analisi puntuale del caso 'Laputa vecchio copione contro Laputa nuovo copione' qui:

http://www.studioghibli.org/forum/viewtopic.php?f=21&t=3672&sid=6490c35f5b3a18504bb525bd3f3b5029

C'è analisi puntuale e precisa su molte battute.

C'è un'astrazione stilistica su tutto il copione.

E c'è poi un'analisi onesta dell'effetto sul pubblico, e dell'evoluzione dell'atteggiamento di quello.

Vi avviso che leggendo lì, per chi non l'avesse già fatto (Atchoo, direi), potrebbe farvi sentire a disagio e un po' messi a nudo, se trovate il coraggio di leggere con la necessaria (totale) onestà intellettuale del singolo.

In genere, non ce la si fa. Ma io spero sempre per la minoranza che invece ci riesce.

Ho avuto nel tempo ottimi riscontri, che mi rendono ancora ottimista nel mio pur globale pessimismo. :-)

[edit: molti typoz rimossi ^^; ]
« Ultima modifica: 05 Nov 2013, 19:55 da Shito »
"La solitudine è il prezzo da pagare per essere nati in un'epoca così piena di libertà, di indipendenza e di egoistica affermazione individuale." (Natsume Souseki)

Offline Wis

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #680 il: 29 Ott 2013, 18:17 »
Beh, ti ringrazio di aver trovato del tempo per venire qui a parlare del tuo lavoro.
Per quanto non approvi le tue scelte (mi permetto di darti del 'tu' visto il contesto internettiano, sperando di non fare cosa sgradita) di certo apprezzo la passione e la ricerca che investi nei tuoi adattamenti.
Mi scuso anche per il linguaggio colorito, di persona non avrei mai apostrofato il tuo lavoro in quel modo, se non tra conoscenti come tendo a considerare i compagni di forum ivi (virtualmente) presenti.
Personalmente, anche a seguito delle informazioni che hai portato a difesa della tua scelta, posso dire che avrei evitato ad ogni costo costruzioni così poco comuni e naturali, per quanto corrette. E' il motivo per cui persino scritti dalla mostruosa importanza escatologica (tipo, che so, la Bibbia) non diventano più complesse e arzigogolate man mano che il tempo passa, ma più accessibili e avvicinabili grazie a traduzioni che esprimano concetti senza tempo con soluzioni più vicine al linguaggio odierno.
Un film non è solo scienza del lemma e della costruzione grammaticale, ma empatia, trasporto emotivo, immedesimazione. Con un linguaggio aulico, costruzioni desuete ed eccessivamente arzigogolate hai un impatto su questi elementi che è a mio avviso ben peggiore di quello che cerchi di recuperare relativamente all'opera originale.
Mi riferisco anche a quelle scelte di adattamento cui abbiamo parlato relativamente ad Arrietty.
Inoltre, nonostante la tua gentilezza, mi sembra evidente come la tua posizione in relazione all'argomento non sia quella di chi si mette in discussione; vuoi per un'evidente superiorità culturale sull'argomento (che non discuto), vuoi per l'intento catechizzatore rispetto alle povere masse ignoranti a cui apparteniamo, che mi sembra più che lampante.
Ma nemmeno me l'aspettavo, che ti mettessi in discussione per le quattro ciance di un manipolo di disperati che non parla una parola di giapponese, per carità, tant'è vero che avrei evitato di portare alla tua attenzione questi inutili strilli da forum.
Anzi, a parlare di "mettere in discussione" passo io per quello presuntuoso che, nonostante l'ignoranza sull'argomento, si permette pure di avanzare l'ipotesi di non essere in errore.
Per cui evito anche di proporre, a seguito delle informazioni fornite, quello che sarebbe stato un a mio avviso più innocuo adattamento del passo proposto.
Senz'altro considererò il prima possibile le letture che ci hai proposto.
Grazie di nuovo.
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Offline Giobbi

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #681 il: 29 Ott 2013, 18:21 »
Una traduzione impersonale *non esiste* e credo che il lavoro di Cannarsi lo dimostri ampiamente.
Lui mima persino i vezzi lessicali giapponesi, è evidente anche in Ponyo con tutti quegli "eh?" messi a fine frase che in italiano semplicemente non funzionano perché in Italia nessuno mai parla così (mentre i personaggi dei film adattati da lui lo fanno TUTTI).
Una traduzione letterale è quasi sempre un pessimo lavoro di adattamento, come sa chiunque abbia mai fatto adattamenti.
Se lui sceglie la locuzione convoluta, benché innaturale, solo perché meglio racchiude il significato originale... beh, secondo me sbaglia.

Invece é molto corretto secondo me con tutti i nani resi bene

Una lingua é anche il modo di parlare e le due cose sono inscindibili.
E' il modo migliore per tentare di rendere l'atmosfera e le sensazioni del film originale pur rendendolo comprensibile.

O ci ritroviamo con Romeo er mejo del colosseo (irlandese) che sì funziona commercialmente ma é una reinvenzione seppur simpatica

Offline The Fool

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #682 il: 29 Ott 2013, 18:42 »
Salve Shito e complimenti per tutto. Rispondo a EGO, cercando di essere sintetico.

È che il giapponese è una lingua fortemente ripetitiva, lessicalmente povera se tradotta in modo letterale
Non devi tradurre alla lettera ma non puoi neanche inventarti le cose di sana pianta trasformando un'opera come nel caso dei Cavalieri dello Zodiaco. Era doppiato benissimo Saint Seiya, ma non c'entrava molto con l'opera originale che era più terra-terra. Il problema principale è l'ego di chi adatta e dirige il doppiaggio, lo sai benissimo.

Citazione
in Slam Dunk, il traduttore letterale, pigro e poco fantasioso traduce: Straordinarie doti naturali! Il traduttore che sa fare il suo lavoro, e capisce il tono e il contesto dell'opera, traduce: Ha una stoffa davvero incredibile!
"Straordinarie doti naturali" va benissimo così, non vedo perché infilarci in mezzo la stoffa o altri materiali. Il secondo non è un traduttore, è un inventore. Non ce n'è alcun bisogno, gli shonen sono poveri anche perché sono diretti a un pubblico di dodicenni. Pensa che sopra i kanji c'è scritto come si pronunciano perché i bambini spesso non lo sanno, e leggendo manga imparano il giapponese e la pronuncia di tanti kanji differenti. Voi questo ve lo dimenticate e pensate siano roba per adulti soltanto perché li leggete voi, ma rimane roba per ragazzini giapponesi.

Citazione
C'entra un cazzo
Invece c'entra perché ve ne uscite con perle di saggezza come "i bambini italiani non usano -chan". Be' evidentemente quelli degli anime NON sono bambini italiani, non hanno nomi italiani e non vivono in Italia. Parlano italiano per farsi capire e basta, immaginate un giapponese che parli italiano mantenendo alcune peculiarità della propria lingua. Oppure vogliamo cambiare ambientazione, nomi e scritte? Togliamo tutti i kanji e trasformiamo le città giapponesi in città italiane, modifichiamo pure i disegni e gli sfondi visto che ci stiamo. E' lo spettatore italiano che deve sforzarsi un attimo per seguire un'opera orientale, non l'opera che deve piegarsi all'ignoranza o alle consuetudini degli occidentali. Altrimenti uno semplicemente guarda un film italiano, non c'è nessun bisogno di vedere film orientali. Mica lo prescrive il medico, di vedere opere orientali o di culture lontane anni luce.

Citazione
In Hello Spank (per dirne uno) c'erano i nomi giapponesi
Mmmh, sai che nell'originale Ohayoo Spank gli animali non parlavano? Per esempio tutte le parole pronunciate da Spank sono completamente inventate dalla prima Pina di Fantozzi (Liù Bosisio) che all'epoca doppiava il cane.

Citazione
Sabrina e Tinetta sono una fisima personale della Valeri Manera
Era una fisima che ha alterato parecchie opere, non penserai mica che ci sia solo Orange Road. Tsubasa che diventa Holly? E' molto più traumatico vedere un'opera ambientata in Giappone coi personaggi che hanno nomi inglesi che non avere un'opera tradotta fedelmente. Io da piccolo non ci capivo un cazzo in Holly & Benji, proprio lo trovavo pieno di incongruenze nei nomi di personaggi e squadre. Tra l'altro il giapponese è pieno di vocali e suona MOLTO simile all'italiano, quindi non vedo il problema di avere Tsubasa al posto di Holly. Oppure vogliamo parlare di Seiya che diventa Pegasus prima ancora di prendere l'armatura di Pegasus? Ancora non si sapeva quale armatura dovesse prendere e già si chiamava Pegasus :lol:
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Re: Studio Ghibli
« Risposta #683 il: 29 Ott 2013, 19:13 »
Ma quindi qualcuno mi sa dire se sia di uso comune tra i bimbi giapponesi l'esprimersi in terza persona? E se i dialoghi in questione vengono adattati per un mercato non giapponese, dove il parlare in terza persona è proprio solo di Hulk e degli squilibrati, non sarebbe più sensato renderli in prima persona?

Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #684 il: 29 Ott 2013, 19:30 »
Ringrazio chi mi ha accolto e chi mi ha letto. :-)

Sicuramente il 'tu' va benone, stiamo dialogando su un forum internet come faremmo in un tavolo di Lucca Comics! :)

Vorrei riprendere le risposte dirette che mi sono stare rivolte e lo farò.

Ma più che esser qui a "difendere il mio operato", vorrei fornire degli spunti.

Uno spunto è che, una volta che si perde la netta visione di cosa è obiettivo/oggettivo (la correttezza) e cosa è invece relativo/soggettivo (la piacevolezza), è praticamente impossibile trovare un altro spartiacque netto.

Ovvero: una volta che 'si ammette il cambiamento a gusto', come si può decidere 'fin dove arrivare a leggittimarlo'? Anche questo sarà soggettivo. Ovvero, si è giò di fatto abbandonata la verità dell'originale, e ci si è tuffati nel mondo caotico della relatività assoluta dei gusti di ciascuno. E' pericoloso.

In più, come dicevo i gusti cambiano nel tempo.

Un altro bello spunto che ho letto qui e che riprendo con gioia è il tema di:

"Qual è il modo più efficace di presentare nella traduzione di un testo straniero la cultura d'origine di quel testo"?

La cultura si esprime, nel testo, tramite la linguistica.

Ora, il *mio punto di vista* (questo punto è discutibile), è che ci sia differenza tra un 'italiano, che parla italiano' e un 'giapponese, che parla fittiziamente in italiano perché c'è un doppiaggio'.

Il doppiaggio, io credo, è come un sipario invisibile che 'traduce al volo' la lingua della narrazione (e del suo autore).

Ma chiaramente, voi vedete Totoro o Ponyo in italiano, sentite quei personaggi parlare in italiano, ma LO SAPETE che 'dentro alla narrazione' (nell'ideale mondo in cui parlano), loro stanno parlando giapponese, no?

Quindi credo che pensare che un'opera tradotta debba 'avere la stessa naturalezza' di un'opera *nata* nella nostra lingua sia una pretesa ingiusta.

Anche pensare di poter adattare un'opera straniera affinché "suoni alle nostre orecchie come suonava in originale alle orecchie del pubblico originale" è una pretesa ingiusta, se si pensate.

Perché un film straniero, è 'straniero'. Quindi è ovvio che suono 'strano'. Lo dice la parola stessa (straniero). Non si possono far parlare dei bambini giapponesi 'come se fossero italiani'. Anche se traducendoli parlano IN italiano, sono dei bambini giapponesi. Pensano, vivono e si esprimono secondo la loro cultura, non secondo la nostra.

Credo che si debba far pace col semplice banale fatto che no, i film di Miyazaki (come di molti altri autori) sono film diretti a un pubblico che non siamo noi. Non possiamo deformarli 'per farceli più facili da seguire'. Siamo noi che dobbiamo sforzarci di andare incontro alla cultura di quei film, se ci interessano. E nessuno ci obbliga. E' una nostra scelta. Non possiamo pretendere che siano loro, i film stranieri, che di per loro non hanno alcuna pretesa di farsi capire da noi, a venirci incontro a costo di essere indebitamente alterati.

Vi lascio questo pensiero. Di questi tempi si parla tanto della cultura del diverso, della xenofobia, di queste cose. E' naturale, con la comunicazione globalizzata.

Ma per accettare e poi capire la diversità, bisogna in primis *riconoscerla come taleé.

Negare la diversità, ovvero appiattirla, fare finta che sia tutto uguale, o che possa esserlo, non ha nulla a che fare con il rispetto della diversità. Anzi, è il contrario. E' la vera xenofobia (non dico razziale): è negazione della realtà palese innescata dalla paura dell'incomprensione.

Lasciamo che i film giapponesi siano film giapponesi anche se li facciamo parlare in italiano.

E' italiano corretto, ma per essere fedeli può essere forse un po' inusuale, forse un po' meno banale de 'I Cesaroni'? Va bene così. E' naturale. E' inevitabile. Del resto sono cose straniere, diverse.

E l'occasione dell'arricchimento personale sta proprio nello sforzo necessario a superare quella pur minima difficoltà. Capire che Ponyo parla in un modo 'che sembra tanto strano' perché è una bimba giapponese. Staccarsi da quello che siamo noi, e capire che l'altro è 'diverso da noi', in primis. :)

In più, le cose cambiano.

Negli anni Sessanta tutti i diminutivi si facevano all'americana, e indovinate perché. Piccola Ketty, Gionny, quel che volete.

La cultura e la lingua sono sempre in divenire.

E come la moda, la cultura o la si fa, o la si segue.

"La solitudine è il prezzo da pagare per essere nati in un'epoca così piena di libertà, di indipendenza e di egoistica affermazione individuale." (Natsume Souseki)

Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #685 il: 29 Ott 2013, 19:33 »
Ma quindi qualcuno mi sa dire se sia di uso comune tra i bimbi giapponesi l'esprimersi in terza persona?

Sì, è così.

Citazione
E se i dialoghi in questione vengono adattati per un mercato non giapponese, dove il parlare in terza persona è proprio solo di Hulk e degli squilibrati, non sarebbe più sensato renderli in prima persona?

Non conosco Hulk, non l'ho mai letto né visto al cinema (vedi come le abitudini di ciascuno influenzano le percezioni personali?), ma no, non sarebbe più sensato far esprimere dei bambini giapponesi come altro che dei bambini giapponesi.

Se hai imparato che i bambini giapponesi si esprimono così, ci hai guadagnato tu. :-)
"La solitudine è il prezzo da pagare per essere nati in un'epoca così piena di libertà, di indipendenza e di egoistica affermazione individuale." (Natsume Souseki)

Offline Giobbi

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #686 il: 29 Ott 2013, 19:50 »
Graurgh
Spoiler (click to show/hide)

In più secondo me é stato fatto un certo lavoro sul suono, il fluire resta nei limiti del possibile simile all'originale jap.

Da qui il nani cmnq riportato costantemente in Ponyo etc.

Noi li vedevamo sempre in Jap i dvd Ghibli, e passare ultimamente ai blu ray italiani con gli ultimi adattamenti non é stato affatto traumatico, anzi.

Anche le sfumature nelle espressioni si sono per lo più mantenute.

Mi sembra un lavorone che non si trova in altre nazioni (sicuramente NON negli adattamenti americani mamma mia, lì han il problema nazionalista che tutti devono mangiar mc donald's)

Ah e avete sistemato il suono musica inclusa di Kiki che ora suona più morbido :)

Offline Shito

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #687 il: 29 Ott 2013, 20:02 »
Anche il discorso del suono è molto interessante. Grazie soprattutto allo staff tecnico della Technicolor, dall'incisione a mix cerco sempre di seguire lo stile e le scelte dell'originale. Certamente anche qui c'è chi preferirebbe una 'sovrascrittura' della 'tradizione del doppiaggio italiano' sull'originale, ma per me è impensabile. Perché ogni film che si voglia doppiare esiste, come opera autentica, a prescindere da ogni doppiaggio che se ne potrà fare. Quindi è il doppiaggio che deve seguire il film, non viceversa. :-)
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Offline Account_191220

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #688 il: 29 Ott 2013, 20:06 »
Non concordo ma rispetto un punto di vista decisamente motivato. Buon lavoro e grazie del tempo che hai dedicato a spiegarti(ci).

Offline nikazzi

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #689 il: 29 Ott 2013, 22:13 »
Saluto anch'io Shito e lo ringrazio per la sua luuunga spiegazione (sappi che ho letto tutto).

Condivido e mi trovo d'accordo con te per quanto riguarda una traduzione più vicina all'originale.

MA

Mi trovo d'accordo con EGO su "Non ho affatto parlato di semplificare. Qui stiamo parlando di traduzioni/adattamenti che, semplicemente, non esprimono un italiano corrente. E non perché siano tradotte/adattate da un linguaggio non corrente o non colloquiale, ma perché sono tradotte/adattate cercando di mantenere, senza validi motivi, la struttura lessicale del giapponese, che mal si adatta ad una resa letterale in italiano".

La frase "Non è questo [questo che hai detto tutto tu, non è che stia a perder tempo]! E' che penso che il mettersi in viaggio [sia una cosa che] si debba svolgere con più solennità e cautela", nel nuovo adattamento "Ché penso che mettersi in viaggio andrebbe fatto con maggiore solennità e cautela" non poteva essere tradotta con "No! Un viaggio si dovrebbe svolgere con più solennità e cautela!"? Non è più scorrevole? Non evita inutili e rindondanti ripetizioni?

Ho omesso l'idea originale espressa dall'autore? L'ho mantenuta? L'ho snaturata? Non mi sembra. L'ho espressa in maniera chiara, snella e corretta.

Va bene tradurre, va bene rispettare l'idea originale dell'autore, ma rispettiamo anche l'italiano.
All life begins with nu and ends with nu.