Autore Topic: Studio Ghibli  (Letto 392781 volte)

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Offline atchoo

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #645 il: 26 Ott 2013, 15:26 »
Però quello lo sostiene lui e noi dobbiamo fidarci... Il 99%, forse pure di più, di chi gli muove critiche (= italiano inutilmente ricercato e/o prolisso, con espressioni desuete) non ha le basi (= non conosce il giapponese) per capire se il lavoro di Shito è stato svolto in maniera corretta.

Offline Wis

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #646 il: 26 Ott 2013, 15:33 »
Una traduzione impersonale *non esiste* e credo che il lavoro di Cannarsi lo dimostri ampiamente.
Lui mima persino i vezzi lessicali giapponesi, è evidente anche in Ponyo con tutti quegli "eh?" messi a fine frase che in italiano semplicemente non funzionano perché in Italia nessuno mai parla così (mentre i personaggi dei film adattati da lui lo fanno TUTTI).
Una traduzione letterale è quasi sempre un pessimo lavoro di adattamento, come sa chiunque abbia mai fatto adattamenti.
Se lui sceglie la locuzione convoluta, benché innaturale, solo perché meglio racchiude il significato originale... beh, secondo me sbaglia.
« Ultima modifica: 29 Ott 2013, 14:14 da Wis »
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Offline Wis

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #647 il: 26 Ott 2013, 15:35 »
È quello che sto dicendo: l'ho difeso finché non ho letto che quello stile desueto NON ERA nelle opere originali, che invece usano un giapponese normalissimo.
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Offline The Fool

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #648 il: 26 Ott 2013, 15:37 »
Vabbe' ma quelli di Ponyo mica sono italiani, sono giapponesi che parlano italiano :lol:

Oh comunque a me Ponyo è sembrato adattato bene, ci sono per caso due versioni diverse?
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Offline Thar

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #649 il: 26 Ott 2013, 15:38 »
Però quello lo sostiene lui e noi dobbiamo fidarci... Il 99%, forse pure di più, di chi gli muove critiche (= italiano inutilmente ricercato e/o prolisso, con espressioni desuete) non ha le basi per farlo.

Se tu avessi letto interi papiri di Shito su come l'inserimento in una frase di una (e dico UNA) parola sia "ontologicamente" più corretta che non un suo sinonimo più utilizzato nella lingua italiana, o su come lo spettatore italiano non sia in grado culturalmente di comprendere "appieno" i personaggi e/o la trama dei film giapponesi perché, appunto, creati per essere usufruiti da una cultura differente dalla nostra, non potresti dire "quello lo sostiene lui e noi dobbiamo fidarci".
"Quello" non è quel che sostiene, è quello che effettivamente fa.
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Offline atchoo

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #650 il: 26 Ott 2013, 15:43 »
Thar, conosco Shito dal 2002 (forse 2001, ma poco cambia), so come lavora... ^^'
Ero pure moderatore nel forum dove ha pubblicato e pubblica i suoi papiri.

"Quello" non è quel che sostiene, è quello che effettivamente fa.
È quello che *cerca di fare*, che poi le sue scelte siano le migliori possibili lo documenta con i papiri, ma, torno a ripetere, molti non hanno possibilità di controbattere.
« Ultima modifica: 26 Ott 2013, 15:52 da atchoo »

Offline Wis

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #651 il: 26 Ott 2013, 15:50 »
Ma Ponyo *è* adattato bene, i problemi sono solo quelli relativi alla naturalezza che ho citato (che mi hanno fatto un po' storcere il naso).
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Offline Thar

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #652 il: 26 Ott 2013, 15:55 »
Una tradizione impersonale *non esiste* e credo che il lavoro di Cannarsi lo dimostri ampiamente.

Invece, la "metodologia Cannarsi" dimostra proprio il contrario proprio per quel che dici tu qui di seguito:
Lui mima persino i vezzi lessicali giapponesi, è evidente anche in Ponyo con tutti quegli "eh?" messi a fine frase che in italiano semplicemente non funzionano perché in Italia nessuno mai parla così (mentre i personaggi dei film adattati da lui lo fanno TUTTI).

Se ci mettesse del suo, i personaggi parlerebbero in maniera molto normale in qualunque situazione anche quando in originale il loro modo di parlare è connotato da elementi particolari (dialetti, modo di parlare altezzoso piuttosto che buzzurro, etc.).
Invece i "suoi" personaggi parlano come i personaggi originali, anche se ciò non "suona bene" in italiano (lui ti direbbe che solo il giusto è bello, mentre il bello è solo una forma di autocompiacimento alle proprie abitudini d'ascolto, anche se scorrette).


Una traduzione letterale è quasi sempre un pessimo lavoro di adattamento, come sa chiunque abbia mai fatto adattamenti.

Qui, in parte dissento: adattare NON dà il permesso di inventarsi cose o strutture che nell'originale non esistono. Adattare è, semplicemente, il traslare un'opera creata in una lingua straniera in un'altra lingua affinché sia usufruibile comodamente da chi non parla la lingua originale dell'opera.
Il lavoro di adattamento dovrebbe limitarsi a modificare quelle espressioni idiomatiche che, se tradotte letteralmente, non avrebbero senso o perderebbero di forza nella lingua di destinazione (ad esempio "it's raining cats and dogs": tradotto letteralmente non avrebbe senso di esistere, andrebbe adattato adattato e reso nel corrispettivo italiano. Ma se quell'espressione è parte di una frase più articolata (tipo " Oh, what a shit, it's raining cats and dogs and I don't have a fucking umbrella", la parte di frase che non interessa l'espressione idiomatica la devi lasciare stare così come è, anche se a te adattatore non piace (cosa che, purtroppo, in italia succede raramente e spesso il dialoghista interviene pesantemente a modificare i dialoghi a seconda del proprio gusto personale))


Se lui sceglie la locuzione convoluta, benché innaturale, solo perché meglio racchiude il significato originale... beh, secondo me sbaglia.

Potrei darti in parte ragione.
Però, se ciò serve a trasmettere DAVVERO l'opera originale nella sua massima integrità e col massimo rispetto, non posso onestamente dire che Cannarsi sbaglia a fare il suo lavoro in quel modo.
Preferisco il "suona strano" all'avere un'opera rimaneggiata da chi c'ha lavorato sopra senza cognizione di causa.
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Re: Studio Ghibli
« Risposta #653 il: 27 Ott 2013, 23:08 »
Leggo che anche l'originale Buena Vista era stato curato da Cannarsi.
Evidentemente è "cresciuto" nel suo stile di adattamento.
Alcuni potrebbero dire "si è rimbecillito".
Leggendo qua e là leggo che gli adattamenti astrusi e il modo di parlare desueto degli ultimi Ghibli sono tutte sue introduzioni (tipo il modo di parlare del padre di Arrietty), non riscontrabili nell'originale.
Ma lo ferma qualcuno, per favore?

Amen.

Riporto due frasi per supportare l'opinione di Wis; film e scena ve li trovate voi.

- Dopo aver suonato gliene do di regola
- Non può esistere una cosa come un pareggio!


Qui, in parte dissento: adattare NON dà il permesso di inventarsi cose o strutture che nell'originale non esistono. Adattare è, semplicemente, il traslare un'opera creata in una lingua straniera in un'altra lingua affinché sia usufruibile comodamente da chi non parla la lingua originale dell'opera.

No.

Quella è la traduzione.

L'adattamento deve fare un passo in più.

Ci sono adattamenti eccessivi, come cambiare Halloween in Carnevale in una storia di Carl Barks adattata per i bambini italiani degli anni Cinquanta. Il fatto è che, per l'epoca, ci poteva stare. In una versione moderna, no (e infatti la storia è stata ritradotta).

Ma un BUON adattamento deve fare in modo che la traduzione suoni come se il testo fosse stato scritto nella lingua della traduzione. Quindi, in un cartone italiano non si deve sentire Satsuki-chan e Mei-chan. Perché quando tu conosci un pizzico di giapponese e le persone accanto a te non ne sanno nulla, riesci quasi a vedergli i punti interrogativi sopra la testa, durante quei dialoghi. Un buon adattamento non permette che i dialoghi siano letteralmente INCOMPRENSIBILI allo spettatore. Specialmente se tra gli spettatori ci sono - e in questi casi, è assai probabile - dei bambini.

Ho svolto anche io i miei lavori di traduzione e adattamento. E non se ne viene mai fuori totalmente soddisfatti. Ma una cosa l'ho imparata, rileggendo i miei lavori: che la fedeltà totale al testo originale non è mai, mai, mai la scelta migliore. C'è una profonda differenza tra l'adattamento italiano di Big Bang Theory (specialmente nelle prime puntate) e quello di Guerre Stellari. Il primo distrugge completamente il significato dell'opera; il secondo, la rende comprensibile ad un pubblico che era indietro di 10 anni rispetto a quello americano.

La prima traduzione italiana di Slam Dunk era infedele all'originale, ma perfettamente italiana; era ECCEZIONALE, uno dei migliori lavori che abbia mai visto fare per un manga. Quella nuova è molto letterale, e non vale uno sputo della precedente.

I nuovi adattamenti dei film Ghibli non stanno insegnando il giapponese ai bambini italiani - né dovrebbero farlo, o pensare di doverlo fare.

Offline Thar

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #654 il: 28 Ott 2013, 22:43 »
Qui, in parte dissento: adattare NON dà il permesso di inventarsi cose o strutture che nell'originale non esistono. Adattare è, semplicemente, il traslare un'opera creata in una lingua straniera in un'altra lingua affinché sia usufruibile comodamente da chi non parla la lingua originale dell'opera.

No.

Quella è la traduzione.

Si, quella parte quotata può essere identificata come "descrizione di una traduzione".
Peccato che, senza la seconda parte, ovvero questa
Citazione
"Il lavoro di adattamento dovrebbe limitarsi a modificare quelle espressioni idiomatiche che, se tradotte letteralmente, non avrebbero senso o perderebbero di forza nella lingua di destinazione "
il significato originale del mio discorso va perso.


L'adattamento deve fare un passo in più.

Non un passo in più, ma un passo di lato.

Ci sono adattamenti eccessivi, come cambiare Halloween in Carnevale in una storia di Carl Barks adattata per i bambini italiani degli anni Cinquanta. Il fatto è che, per l'epoca, ci poteva stare. In una versione moderna, no (e infatti la storia è stata ritradotta).

Purtroppo, simili scempi continuano ad essere perpetrati ancora oggi, specie se l'opera è (o percepita come) diretta ai bambini.

Ma un BUON adattamento deve fare in modo che la traduzione suoni come se il testo fosse stato scritto nella lingua della traduzione. Quindi, in un cartone italiano non si deve sentire Satsuki-chan e Mei-chan. Perché quando tu conosci un pizzico di giapponese e le persone accanto a te non ne sanno nulla, riesci quasi a vedergli i punti interrogativi sopra la testa, durante quei dialoghi. Un buon adattamento non permette che i dialoghi siano letteralmente INCOMPRENSIBILI allo spettatore. Specialmente se tra gli spettatori ci sono - e in questi casi, è assai probabile - dei bambini.

Qui dissento.
Un BUON adattamento forse farà quello che hai descritto, ma un OTTIMO adattamento interviene solo ed esclusivamente su quelle parti del testo (tipo le espressioni idiomatiche) che, se semplicemente tradotte, non avrebbero senso o avrebbero un impatto differente rispetto alle intenzioni primigenie dell'autore dell'opera (tipo trasformare una frase drammatica in una involontariamente comica).
Il resto DEVE necessariamente essere lasciato invariato, dacchè se l'adattatore interviene a modificare in maniera soggettiva (ovvero, secondo il proprio gusto) il testo interpone la sua soggettiva interpretazione del testo tra l'opera e lo spettatore, influenzandolo e impedendogli di maturare le propria interpretazione, in definitiva di capirlo da solo.

Discorso bambini: non sempre un prodotto è adatto o può essere compreso o comprensibile ai bambini.
Spesso, Mihazaki Hayao utilizza il linguaggio dei bambini per parlare agli adulti (tipo in "Hotaru no haka - Una tomba per le lucciole").
Solo perché un opera può essere visionata da dei bambini (perché, da perfetti ignoranti quali siamo, identifichiamo un "cartone animato" come opera esclusivamente diretta a dei bambini, senza andare a vedere quale sia l'argomento e lo "svolgimento" dell'opera in questione) l'adattamento deve "semplicizzare" il testo (e tutto ciò che lo riguarda, come forme espressive, tono e caratterizzazione psicologica dei personaggi, etc.)?
No, farlo semplicemente significherebbe il voler sminuire l'opera stessa e, cosa ancor più importante, mancherebbe di rispetto verso il pubblico che usufruirà di quell'opera.

I nuovi adattamenti dei film Ghibli non stanno insegnando il giapponese ai bambini italiani - né dovrebbero farlo, o pensare di doverlo fare.

Non è certo l'insegnamento del giapponese lo scopo degli adattamenti di Shito, altrimenti non ci sarebbe doppiato ma solo sottotitoli da affiancare ai dialoghi originali in giapponese.
Semplicemente, Shito nei suoi lavori lascia che sia l'opera stessa, e nella sua interezza, a mostrarsi allo spettatore, senza nessun filtro artificioso e soggettivamente imposto da altri a inquinare l'esperienza dello spettatore.
Questo rende i testi più ostici, meno immediati da comprendere? Può essere.
Ma è sempre preferibile lasciare che sia lo spettatore a farsi una opinione piuttosto che subire l'opinione di chi ha lavorato ai dialoghi.

E, pur trovando io stesso i testi di Shito "difficili", nondimeno, se ci fossero più "Shitoidi" a curare gli adattamenti, sarei solo molto più felice e soddisfatto.
« Ultima modifica: 28 Ott 2013, 22:55 da Thar »
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Re: Studio Ghibli
« Risposta #655 il: 28 Ott 2013, 23:30 »
Capiscilo punto di vista di Thar, ma estremizza troppo. Cose cone il suffisso -chan, gli EH finall o certe strutture lessicali DEVONO essere adattate al pubblico italiano perche suonano ridicole.
In Totoro parlano tutti come dei cretini.

Offline Thar

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #656 il: 28 Ott 2013, 23:50 »
Mah, io Totoro l'ho visto (anche se solo 2 volte), ma non ho trovato che parlassero "come dei cretini", anzi.
Parlano (relativamente) più "strano" in Howl.

Sull'adattare le strutture lessicali, ho già detto sopra: salvo ben determinati e limitati casi, non devono essere modificate per non "inquinare" l'opera, per non impedire il formarsi di un'opinione autentica allo spettatore..
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Re: Studio Ghibli
« Risposta #657 il: 28 Ott 2013, 23:58 »
Mihazaki Hayao utilizza il linguaggio dei bambini per parlare agli adulti (tipo in "Hotaru no haka - Una tomba per le lucciole").
Che, giusto per chiarire, non è di Miyazaki.

Citazione
Semplicemente, Shito nei suoi lavori lascia che sia l'opera stessa, e nella sua interezza, a mostrarsi allo spettatore, senza nessun filtro artificioso e soggettivamente imposto da altri a inquinare l'esperienza dello spettatore.
E' proprio il concetto che è sbagliato: non esiste adattamento che non sia filtrato dalla sensibilità di chi lo cura. Ci sono talmente tanti modi di adattare un'opera che per forza di cose entra in gioco la sensibilità e la personalità, nonché la capacità linguistica di chi si cimenta in esso. Non è che quello di Shito sia più fedele di quello di un altro, semplicemente ha altre priorità (per me, sbagliate), ovvero il non lasciare nessuna sfumatura dell'originale inesplorata. Peccato che questo renda i dialoghi *totalmente innaturali*, bizzarri, assurdi. Dove prima parlavano bambini con terminologie da bambini, ora parlano esponenti di spicco dell'Accademia della Crusca. Quindi non perdi i significati, ma perdi totalmente il contesto culturale e sociale dei personaggi, guarda un po' se non è un maledetto *filtro* questo.

Cioè:

Originale (parla Gigi):
"Penso solo che una simile partenza andrebbe preparata più accuratamente"

Nuovo adattamento:
"Ché penso che mettersi in viaggio andrebbe fatto con maggiore solennità e cautela"

MACCOSA...? :D

Magari filologicamente è ineccepibile, ma fa cagare. :D
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Re: Studio Ghibli
« Risposta #658 il: 29 Ott 2013, 00:49 »
Non si può non negare che in questo caso l'adattamento nuovo è un legno, anche se magari è più accurato...
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Offline atchoo

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Re: Studio Ghibli
« Risposta #659 il: 29 Ott 2013, 07:27 »
Che sensazione di déjà vu...

A questo non hai risposto:
"Quello" non è quel che sostiene, è quello che effettivamente fa.
È quello che *cerca di fare*, che poi le sue scelte siano le migliori possibili lo documenta con i papiri, ma, torno a ripetere, molti non hanno possibilità di controbattere.
Se vuoi rispondere, fallo con parole tue, non mi interessano le versioni "da manuale": quelle le conosco a memoria.

Io, non conoscendo il giapponese (Shito si avvale della traduzione di una bi-madrelingua italogiapponese), non conoscendo la storia del Giappone né i suoi usi e costumi, non mi azzardo minimamente a mettere in dubbio le scelte di Shito. Da qui il mio "noi dobbiamo fidarci". Mi fido di lui proprio perché, avendolo pure conosciuto di persona (molto meno spigoloso e più piacevole di quanto appaia sul web), so quanto sia scrupoloso: questo è innegabile.
Quello che invece non capisco è il dover per forza elevare il suo lavoro a un qualcosa di "oggettivamente neutrale". Questo non è vero. Se Shito mettesse ciclicamente mano ai suoi adattamenti li cambierebbe ogni volta (in alcuni casi addirittura li stravolgerebbe), dunque è un discorso puramente logico: non si può essere oggettivi al 100%, neutrali al 100%. Tu che hai letto i suoi papiri ben conoscerai la storia della traduzione e dell'adattamento di "ohmu".
È invece vero che questo è quello a cui punta e per cui è così scrupoloso.