Stai parlando di un Come che è in realtà un Cosa mascherato. Appunto
Non sono gli snodi narrativi "bislacchi" il problema di Miya, ma il modo in cui vengono rappresentati.
Io intendo grammatica filmica, scelta di inquadrature, tempi, montaggio, fotografia, luce colore volumi spazi ritmi etc. etc.
Non riesco a parlare di Howl perché è l'unico film di Miya che ho visto una sola volta al cinema all'uscita, avendomi deluso/annoiato parecchio.
Parliamo per esempio del finale di Sen to Chihiro (che adoro), dove in 15 minuti la gemella "buona" della strega spiega letteralmente a parole tutto ciò che fino ad allora era avvolto dal mistero, con un mucchio di inquadrature ridondanti sui suoi sorrisi, e personaggi e luoghi che non hanno parte nel resto della storia su cui viene caricata dell'empatia che non possono esprimere, visti gli spazi improbabili in cui sono costretti; oppure l'epifania di Sen sulla natura del suo rapporto con il drago, che poteva essere delicata e minimale come altre decine di scene nell'arco del film (e lo è, per poche brevi inquadrature silenziose), mentre subito dopo assistiamo a spiegone didascalico con sequenza iper-cinetica del tutto immotivata e inapppropriata;
oppure il finale di Ponyo, se non ricordo male tutta la risoluzione della macro-vicenda viene delegata a un campo lungo in cui le due madri si accordano sul destino dei loro figli (e forse addirittura qualcuno in fuori campo ci spiega che è effettivamente così?) Pessimo.
Questo è il Come, per me. Miya dimostra per buona parte della sua opera di sapere perfettamente come va usata una macchina da presa, ma i finali, cinematograficamente parlando, non li sa gestire, e più pretende di rappresentare diversi e complessi piani di lettura, più sbraca.
Sono un suo grande fan, ad eccezione degli ultimi due ho rivisto ogni suo film parecchie volte, per me è un grandissimo poeta. Però come regista ha dei limiti, a volte evidenti. Sono il primo a dispiacersene.
Clint Eastwood, invece, è proprio un cane rognoso, sul Cosa e sul Come ;P