Altri esempi che possiamo divertirci ad analizzare per le prossime 10-20 pagine di topic
https://gerundiopresente.wordpress.com/2015/07/28/recensionando-quando-cera-marnie/
Riporto:
-“Che intrigante!” nel senso letterale di “che combina intrighi” detto dall’adolescente Anna, una ragazzina delle medie.
-“Chissà se non ci abita nessuno?”, un doppio negativo di dubbio gusto al posto di un più spontaneo “chissà se è disabitata?”
-“State ideando delle malefatte!”: anni ’50 vibe.
-“Ancora non l’hanno riparata la buca che stava là”, pura traduzione da ginnasio della versione di greco.
-“È un posto da pacchia!”anni ’50 vibe.
-“Sei venuta davvero per bene qui!” nel senso di “in questo disegno sei venuta bene” non nel senso che Marnie è una piccola aristocratica morigerata nell’aspetto.
-“Ma quanto puoi essere brava!” esclama Marnie guardando i disegni di Anna, dove una persona italiana al 99% direbbe “ma quanto sei brava!”
Questo elenco è davvero molto umiliante. Per chi l'ha redatto. Perché:
1) Il PRIMO significato di 'intrigante', su qualsiasi vocabolario e per certo sui maggiori, è "che combina intrighi". Io per uno conosco e uso quel termine in primis in quel senso (ma il dato NON è significativo). Chiedendo a svariati amici e colleghi, molti (decine) lo conoscono e usano in primis in quel senso (ma il dato NON è significativo). Ciò che è significativo è che quello è non solo è un CORRETTO significato del termine, ma è il PRIMO significato. Fine della storia.
2) "Di dubbio gusto". Mh, valore oggettivo di ciò?
3) Chi è l'estensore del giudizio per essere il giudice di cosa abbia un 'anni '50 vibe'? Soprattutto: è con l'italiano di un simile giudizio che si giudica l'italiano? Andiamo bene. Quindi ora se non si usa lo slang di internat, che mischia italiano malconcio e anglismi a caso, non è italiano corrente? Andiamo bene. Inoltre: forse l'estensore del giudizio non ha visto il film. La scena ha luogo nei tempi della giovinezza di Marnie - che SONO essenzialmente gli anni '50 e la frase è pronunciata da un'anziana e arcigna tata - che possiamo dedurre a cavallo dei sue secoli passati, per essere una sessantenne negli anni cinquanta.
4) “Ancora non l’hanno riparata la buca che stava là”. L'estensore non conosce l'uso delle 'dislocazioni sintattiche', e non sa scrivere bene in italiano. Si scriverebbe: “Ancora non l’hanno riparata, la buca che stava là” - con la virgola a segmentare la dislocazione a destra del soggetto. Ma in ogni caso, la frase non è neppure citata correttamente. Nel testo è: “Ma ancora non l’hanno riparata, quella la buca che stava là?” - dove la dislocazione è anche più chiara e funzionale a una corretta preposizione del rema sul rema in un enunciato dialogico e esclamativo.
5) Quindi l'estensore ha deciso che 'pacchia' è un termine da Anni Cinquanta. Sappiatelo. L'ha decretato lui.
6) -“Sei venuta davvero per bene qui!” nel senso di “in questo disegno sei venuta bene” non nel senso che Marnie è una piccola aristocratica morigerata nell’aspetto. - l'estensore dimostra di NON aver visto il film. E' molto umiliante. La frase (citata male) viene pronunciata da Anna verso Marnie, Anna si sta complimentando con Marnie che si è sforzata di andare al silo. C'è andata con Anna, e Anna le dice "Sì che hai coraggio, sei venuta per bene fin qui!" (non ho controllato la battuta parola per parola, scusate). E' terribile muovere critiche su dati errati, di seconda e terza mano. E ragionate anche sul fatto che voi tutti avete discusso per N pagine su una frase che era del tutto inventata da persona X, che nessuno ha controllato, ma di cui tutti amabilmente fornivano sagaci interpretazioni. Complimenti.
7) Quindi, ancora una volta, abbiamo una persona che si sente investita a incarnare il 99% dei suoi connazionali.
Davvero, è risibile.
Di riffa o di raffa, l'antifona è sempre la stessa: qualcuno vuole fare il saputello, autoinvestendosi dell'autorita di depositario dell'italiano normale e corrente, oppure nascondendo questa investitura dietro a un non meglio precisato gruppetto di amici consulati alla bisogna. Come se la cosa avesse senso, certo.
Di più, quando questo non basta, si iniziano a sciorinare presunte verità accademiche rivelate, come se fossero cose date per certe e non contestabili. Come se fossero imprescindibili.
Ma anche questo non ha senso. A parte che anche nell'accademia linguistica un dibattito in merito all'opportunità della traduzione 'domesticante' oppure 'straniante' esiste eccome, il punto non è questo.
Riporto un breve scambio intercorso altrove:
"Certo che devi adattare la cultura"
Giammai.
Bisogna tradurre la lingua che la esprime, per renderla comprensibile nella sua diversità.
Comprensibile per chi vuole comprendere, si capisce.
Direi che tu non vuoi comprendere una diversità culturale, tu la vuoi appiattita per svagarti nel comodo agio di una cosa rimpastata a tuo uso.
[...]
Queste sono parole da incorniciare!
E badate bene, non è che Gualtiero sia l'unico ed il solo.
Questo rispetto per i contenuti e l'opera altrui è un concetto largamente condiviso.
Riporto passi dell'intervista a Franca Cavagnoli, (che potrete trovare qui:http://www.vice.com/it/read/intervista-franca-cavagnoli-645):
[...]
Lei pensa ci sia stato un cambiamento nel nostro modo di intendere la traduzione e le tecniche di traduzione nel corso degli anni? Per esempio Fernanda Pivano metteva molto del suo nelle traduzioni.
Non solo Fernanda Pivano, anche Vittorini e Pavese: la traduzione era intesa come modo per alimentare la propria scrittura. Oggi invece i traduttori più consapevoli tendono a voler comunicare al lettore che quel testo è germinato in un contesto culturale e linguistico diverso. Ne discende che il lettore deve fare più fatica: se oggi traduciamo Hemingway, ogni volta che dice white deve rimanere bianco—mentre in italiano per "riflesso di sinonimizzazione", come dice Kundera, tendiamo a variare.[...]
[/quote]
Il punto è -semplicemente- che io opero e insegno ciò che ritengo giusto, doveroso e bello, ovvero un tipo di traduzione, adattamento, doppiaggio, localizzazione che sia fortemente polarizzato sull'originale. Il prodotto è un adattamento che utilizza tutta la lingua d'arrivo per trasporre quanto più fedelmente possibile la lingua dell'originale, senza nulla traslare del contenuto culturale di quello.
Non ho interesse né intenzione a rendere il frutto del mio adattamento come 'usuale' all'orecchio dell'ascoltatore italiano: credo fermamente che sia questa una pretesa indebita, e che anzi quando un'opera straniera tradotta risulti 'naturale' all'orecchio italiano sia una buona cartina al tornasole di una traduzione snaturante dell'originale.
Questo è quello che faccio e i motivi per cui lo faccio, tutt'altro che casuali ma profondamente ragionati e riconfermati nel corso di una ventina d'anni, li ho espressi a più riprese.
Le persone vanno al cinema non per scoprire un film, ma per confermare una loro idea del film precostituita in base al nulla, basata sulla loro presunzione pura. Che 'Miyazaki sicuramente scrive dialoghi che per i giapponesi sono semplicissimi' è una baggianata inventata da non si sa chi. Per dire, Anno Hideaki (giapponese, eh!) ripete a più riprese che 'i dialoghi di Miyazaki sono strani, sembrano usciti da un film storico, rendono tutto complicato ma danno al film un'atmosfera particolare'. Miyazaki Hayao ha dimostrato più volte di scrivere e fare le cose come piace a lui, inventando parole, usandole in modo del tutto personale. Quindi? Quindi vediamo bene che esiste semplicemente una fetta di pubblico che non vuole saperne niente, vuole solo svagarsi con quello che ha deciso da sé che deve essere un film di Miyazaki Hayao.
E in che modo questo approccio realmente OTTUSO e IGNORANTE dovrebbe sfiorarmi?
Io opero all'opposto di ciò. E naturalmente -SI'-, credo di operare nel modo giusto, il che -SI'- implicita che credo che chi opera in modo differente ovvero opposto operi in un modo grandemente sbagliato e riprovevole. NON MI INTERESSA se è la maggioranza. L'argomento massimalista ha per me il valore di zero.
E altrettanto valgono le critiche basate su presunzioni, su capziose trascrizioni malamente decontestualizzanti di pezzi di dialogo, quando non del tutto errate - a comprova che spesso (non sempre, ma spesso) chi critica non sa di cosa parla.
Il fatto che poi tutto scivoli sul personale è più o meno una prova del nove, se mai e ne fosse stato bisogno.
Indi, tutte queste cose valgono zero per un motivo preciso: perché chi le muove dimostra, proprio nel modo in cui le muove, di non avere ALCUN INTERESSE alla comprensione delle opere su cui lavoro. Il che, in effetti, quadra del tutto il cerchio. Queste critiche sono in genere mosse da persone piuttosto interessate a farsi belle, a apparire brave e sagaci, ma non hanno nulla a che vedere con il contenuto delle opere e con la loro reale comprensione. Quindi, che valore potrebbero avere? Zero.
(scusate l'assenza dalla discussione, in questo periodo sto lavorando molto e molto poco in casa)