In realtà non è che abbia nulla da obiettare rispetto a quanto state dicendo e soprattutto mi sembra molto opportuna la distinzione tra spiritualità/senso religioso e religione organizzata.
Parlando del primo, io credo che il senso religioso nasca con l'uomo e morirà sola con la sua scomparsa. Ed è giusto sia così. In quanto essere finito, egli pensa e riflette in continuazione riguardo lo scarto tra la sua condizione e quello che lo circonda. Si tratta proprio di un'attitudine naturale, una sorta di predisposizione che ha la propria origine propria nella capacità di pensare e ragionare.
Mircea Eliade, un antropologo ed etnologo diceva che l'essere umano è pensare e il pensiero si rivolge spesso alla totalità delle cose, della vita, dell'essere. Intelligenza è religiosità nel senso filosofico del termine, ossia la ricerca della "causa".
Se dunque l'intelligenza umana èall'origine del senso religioso, è doveroso specificare come, per l'appunto, la fonte di questa intelligenza è data dalla curiosità e della stupore. Da una parte abbiamo una naturale capacità di indagare e meravigliarci di quanto di circonda. Dall'altra, è in noi, inscritta nel nostro essere, l'attitudine alla ricerca di ciò che è inatteso, da ciò che va al di là della propria immaginazione. Quindi viene da sé che la bellezza della natura e dell'universo desta una grande meraviglia, provocando di riflesso un pensiero articolato sull'esistenza, sul mondo e sul trascendente.
E' un processo infinito che è destinato a non cessare mai: un essere che si meraviglia, manifesta il desiderio di conoscere e dare ragione di ciò che lo sorprende. E più indaga e più scopre simmetrie, armonie, perfezione, ordine. E, per la sua esperienza di finitudine e lavoro, sa che tutto quello che ha senso, ordine e disciplina potrebbe essere il frutto di qualcosa che l'ha determinato.
Però, come avete detto, l'uomo fa anche esperienza della difficoltà della vita e della fragilità dell'essere. Quindi sperimentiamo una frattura insanabile: intuiamo la bellezza di questo mondo perfettamente ordinato e allo stesso tempo ne percepiamo la precarietà. Questo crea inquietudine, insoddisfazione, una sofferenza che nulla di concreto può sanare.
E nessun uomo, prima o dopo, può evitare le domande tipiche di senso ed esistenza, nate, come si diceva, dallo scarto tra il nostro "nulla" e il "tutto" che ci circonda. E sperimentando la nostra lentezza nel capire le leggi dell'universo e la caducità a cui siamo sottoposti, l'uomo rivolge la propria curiosità a quello che sfugge di questo meccanismo, a quella realtà spirituale e invisibile che spiegherebbe quello che è ineffabile.
Ora, qui secondo me c'è il discrimine: gli uomini cercano queste risposte in ambiti diversi che, in realtà, hanno sempre in comune una questione: l'indagine viene sempre spostata sempre più in là nella rispettiva ricerca di senso.
E ogni cosa ha sempre un aspetto in comune, ossia l'uomo, capace di dare senso e significazione a cose che percepisce come concrete (la scienza), artistiche (come letteratura e poesia che consolano la nostra sofferenza) e religione che, in quanto tale, fornisce schermi comportamentali da condividere e con i quali fendere l'oscurità dell'incertezza.
En passant: la cosa che continua a farmi rimanere meravigliato / incredulo riguardo la religione, è che QUALSIASI disputa, ad un certo punto, arriva al granitico "Mistero di dio".
Ed è la fine di TUTTO.
A cui corrisponde, in ambito scientifico, un più prosaico "boh!", cosa che riguarda tanto la cura dei tumori quanto il rimedio per il raffreddore. Per dire.
Mi ricordo quando, nel tentativo di salvare mio padre dal suo tumore, il figlio di Veronesi (non il primo che passa, direi) a Milano presso il centro Oncologico, al mio essere sconsolato per quello che sarebbe stata l'inevitabile fine, mi disse: "
Vede signor Carlo, noi non sappiamo niente. Non sappiamo esattamente come si è formato il tumore, non sappiamo esattamente come si è sviluppato e non sappiamo esattamente quando suo padre morirà. Possiamo solo ipotizzare, dando alla scienza una parvenza simile agli stregoni che straparlano e magari tra 50 anni avremo guadagnato molte cose in fatto di conoscenza. Ma credere che la scienza possa spiegare quello che probabilmente non potrà mai essere spiegato è un'arroganza che oggi, nel 2013, non ci possiamo permettere. Per ogni cosa che apprendiamo ne ignoriamo altre 10. Per questo il nostro sapere è provvisorio e quello che crediamo certo beh...certo non lo è. Siamo ciechi al buio."
Se queste cose me le dice un luminare della medicina del tutto scevro da religiosità e altro, diciamo che qualche domanda me la faccio.
Poi sulla religione organizzata se ne può parlare sicuramente e diversamente.