Bella annata! Vediamo…
PARTE 1
- Miglior Gioco dell'anno
1) GOD OF WAR RAGNAROK
GOWR merita questo posto per un motivo molto semplice è un gioco pensato. Pensato per essere un videogioco, al bando le simulazioni di realtà e mondi che tanto prima o poi deludono. Puro, vero, consapevole. Pensato per essere un’esperienza convergente in cui tutti gli elementi siano presenti e convincenti, ossia un strutturazione solida e articolata, un combat system a livello di gioco di genere, esplorativo ma non dispersivo e dotato di una narrativa a servizio. Pensato per essere un grande epopea di Dèi ed Eroi che mettono in luce la capacità di Santa Monica di saper coniugare una storia sentimentale con un grande affresco corale. Lo dico? Sì lo dico, in questo aspetto SM surclassa alla grande Naughty Dog e realizza in questo modo un AAA d’autore. Per un appassionato di vg sono importanti tutti i tipi di esperienze, giochi più piccoli e creativi, giochi di serie B con il guizzo dell’artista, indie sperimentali e sì, anche i AAA massicci come questo. Perché, come giova ricordare ai puzzonasisti e ai radical chic dell’utenza, in questo contesto “commerciale”, “AAA”, “qualità” e “ricercatezza” sono tutt’altro che concetti antitetici, come dimostra qualsiasi classifica dei giochi più amati di sempre.
GOWR per me è l’indiscusso GOTY2022. Perché era necessario, non perché fosse scritto.
2) SIFU
Ragazzi, che dire? Al di fuori dei suoi numerosi e palesi riferimenti cinematografici Sifu è l’aggiornamento di Kung Fu Masters, di Renegade (e apocrifo Target Renegade) e di tutta la gloriosa tradizione arcade anni ’80. Quella che, se vissuta, forse rappresenta la radice dell’incomprensibilità tra le ragioni di coloro che fondano l’istanza del videogiocare nell’atto prestazionale e la successiva trasformazione a mezzo interpolazione tra media diversi. Sifu è un gioco piccolo, contenuto, essenziale, quasi basico per impostazione. Eppure è una fucina di idee e felici implementazioni, in cui l’attualizzazione del passato (il videogioco nasce come sfida a risolvere grazie a decisioni e abilità) ha permesso un recupero nobile, colto, ragionato e benedetto da una resa estetica finale opportuna. Sifu sa di 200 lire al bar, di sigarette spente sul posacenere del coin op, dell’incontro tra Oriente e Occidente, dell’Arcadia della nostra giovinezza e la dimostrazione che ricordare il passato sia il modo migliore per progettare il futuro.
3) BAYONETTA 3
Beh, qui c’è poco da dire. Tradizione arcade nipponica + sviluppatori talentuosi + ricercatezza estetica = tutto quello che è lecito aspettarsi e anche qualcosa di più. Bayonetta 3 s’è fatto attendere ma sono stati anni di spasimo ben ripagati fa un gioco che concettualizza per bene i guadagni dell’action game contemporaneo, non più “solo” gioco specialistico e dedicato al combattimento ma un’esperienza più integrale che sposi esplorazione, gusto per la scoperta, movimentazione concettuale e un’eccellente fase bellica. Inoltre si presta a un livello di approfondimento incredibile, sia come offerta lorda dei contenuti che come oggetto di studio per miglioramenti e guadagni personali. L’hardware gli va stretto, determinati limiti affiorano qua e là, non si possono tacere alcune sbavature e si rendono necessari piccoli correttivi qua e là però anche così Bayonetta 3 ti riconcilia con il videogioco, una panacea per cupio dissolvi fisiologico del nostro contesto.
Lei, poi, rimane un’icona compiutissima e gioiosa.
- Miglior Indie dell'anno
TUNIC
Non servono scritte, guarda e vedi, se vedi… Non c’è bisogno di dialoghi, osserva, se ci riesci… Al bando tutorial complessi e mortali, l’esperienza è la madre di ogni insegnamento, se sai imparare dagli errori... Se il il videogioco è VIDEO Tunic affida al linguaggio visivo, intuitivo e investigativo molta parte della sua fascinazione in barba alla passività da spettatore. Tunic è davvero un titolo strano, di fatto è uno Zelda con elementi roguelike però quella è anche l’anima più scontata e gestibile. Quello che rende interessante questo titolo è il continuo gioco di rimandi metacomunicativi, tra il nascosto e il palese, che alterna momenti di totale oscuramento di senso a esplosioni di gioia per l’illuminazione che presto o tardi arriva. Più tardi che prima diciamo, ci sono enigmi talmente astrusi e cripticità che ogni tanti dici “vaffanculo, a mo’ guardo la soluzione su internet” ma basta solo resistere e soffrire il giusto. Muoverei qualche critica solo al combat system, tutt’altro che impeccabile ma è un aspetto perfettibile che si scioglie di fronte alle tante qualità. Unico.
- Miglior Gameplay
GOD OF WAR RAGNAROK
In questo caso intendo premiare la meravigliosa alchimia di aspetti diversi, spesso difficili da far convivere. GOWR è un arcade adventure e come tale si presuppone la presenza di elementi bellici, esplorativi, enigmistici, sostenuti da un’ambientazione coerente e credibile rispetto al racconto e con l’aggiunta di una componente narrativa importante. La buona notizia è che tutte queste cose trovano ottima esecuzione nel prodotto finale. Il combat non sfigurerebbe in un action game puro e prestazionale; l’esplorazione è incrementale, con zone obbligatorie gustosamente costruite e altre che si basano sulla volontà del giocatore di approfondire e curiosare (al Cratere mi sono esaltato), aggiungendo rilevanti porzioni di gioco; l’enigmistica è snella e poco molesta, non rallenta troppo il ritmo e dona spessore; infine, storia, intreccio e l’ambientazione creano un tutt’uno solido e coerente. Come si fa a non premiare una visione d’insieme così ben riuscita? Anche le pause più discorsive e turistiche trovano giustificazione e ragione nel fenomenale quadro finale.
- Miglior Sistema di combattimento
STRANGERS OF PARADISE: FINAL FANTASY ORIGIN
Team Ninja chiama, il videogiocatore risponde. Al di là di stile eccentrico, direzione artistica pacchiana, risibilità del pretesto narrativo e svolgimento e tutte queste cose, Strangers of Paradise è la tipica, benedetta, eccezionale fucina di combat system impaccabili e un laboratorio di approcci infiniti e modellabili a piacere. Il sistema dei jobs è una piacevole schiavitù, c’è dentro la filosofia Ninja Gaiden e Niho e un’offerta di nemici e boss sterminata. Il prezzo per questa perfetta simmetria di lotta e ardore è uno sviluppo lentissimo, a volte estenuante, fatto di equip da potenziare, strumenti da sbloccare, abilità da affinare per decine e decine di ore di lotta estenuante. E’ il destino dei giochi specialistici, un vero e proprio collo di bottiglia per gli appassionati, che si trovano di fronte un gioco radicale, esigente, spietato nelle richieste di attenzione e tempo che necessita. Come dice il saggio nulla che abbia realmente valore è intrinsecamente facile per cui, se si tiene duro e si punta al massimo livello di difficoltà, Strangers of Paradise è semplicemente fantastico.
- Migliori Boss Fights
SIFU
I boss di videogiochi basati su sistemi di combattimento sono un’arte nell’arte. Spesso si tende a premiare implementazioni spettacoli e roboanti di giochi che fanno dell’addizione e dell’accumulo il principale dispositivo ricreativo, sacrificando la qualità sull’altare della quantità (Elden Ring). Sifu si muove sulla direttrice opposta, proponendo un numero di boss assai contenuto e realistici nell’offerta, pur nella sua dimensione immaginifica. La meccanica dei boss di Sifu si basa sull’affinamento delle proprie abilità, intese come lettura della situazione ed esecuzione, gratificate dall’eccezionale sistema età/progressione. Colpisce, in senso positivo, anche la loro inflessibilità che si traduce in assoluta spietatezza nei confronti del giocatore, quello che magari si presenta lì premendo tasti a caso senza avere interiorizzato almeno in modo decente le squisitezze del combat system. Come Sekiro prima di lui, migliorare le proprie prestazioni a Sifu equivale a migliorarsi come videogiocatore. Filosoficamente.
In lizza: beh, Bayonetta 3 rimane ottimo in questo senso e anche Elden Ring, per quei 5-6 boss non riciclati e scontati, offre altrettante valide schermaglie. Poi il DLC di Cuphead.
- Miglior Level design dell'anno
GOD OF WAR RAGNAROK
Riprendo il discorso del GOTY. Nella, per me incomprensibile, corsa al superamento dello status di videogioco come peccato originale da espiare, Santa Monica decide di intraprende il cammino inverso, si nintendizza e affonda le radici proprio nella strutturazione di un’interfaccia che identifichi, visivamente e progettualmente, tutte le sue componenti. Qui ci si arrampica, qui si passa a un’altra zona, qui si combatte, in questo punto si scala, questo è un portale, quella parete si abbatte con l’oggetto dedicato che verrà metto a disposizione più avanti. Questa intelligente epifania ha permesso di organizzare i suoi nove mondi di gioco alla luce della dimensione da arcade adventure esplorativo con aggiornamenti continui. Le ambientazioni sono progressive, la main scandisce momenti e spazi che vengono elargiti a poco a poco, rendendo il tutto sempre nuovo e inedito; i mondi si avvalgono di strumenti di indagine e inedite strade da battere grazie a una piacevolissima filosofia metroidvaniana. In ultimo, le mappe risultano estese senza essere dispersive e sterminate, con un quadro complessivo assolutamente fenomenale. L’epoca corrente non può avvalersi della complessità del passato, però, come felice incontro tra modernità e classicità, GOWR è davvero un ottimo esempio di level design “integrale”.
- Miglior Sistema di controllo
GRAN TURISMO 7
La formula è ben rodata e il sapere viene trasmesso sin dal millennio scorso. Non sono propriamente un esperto di racing, preferisco un approccio più arcade di scuola Virtua Racing/Ridge Racer/F-Zero/Waverace e compagnia ma Gran Turismo rappresenta un buon compromesso episodico con una simulazione alleggerita il giusto per piloti della domenica come me. E ogni volta è come tornare a casa, tra interfaccia intuitiva, decisive possibilità di personalizzazione e un sistema di controllo che si scioglie tra le dita. Inoltre, come Returnal prima di lui, il controller aptico dona sensazioni epidermicamente divertenti e porta l’esperienza a un nuovo livello di immersività. Poi il resto viene da sé, le sinapsi del cervello si fondono coi controlli e l’impossibile diventa possibile con una confidenza progressivamente incrementabile. Non entro in merito di quelle che sono le aporie storiche delle serie, le sue criticità che ormai sono una marchio di fabbrica e la rigidità di fondo che si trascina da secoli. Vanno rilevate e bisogna tenerne conto. Eppure, al di là di questo, Gran Turismo rimane un piacere tattile eroticissimo.
- Miglior Bilanciamento della sfida
SIFU
Quel giorno a Sloclap gli sviluppatori si trovavano in uno stato di grazia irripetibile e tutte le intuizioni si sono trasformate in applicazioni vincenti. Primo: un’esperienza compatta e contenuta. Secondo: forte rigiocabilità. Terzo: un sistema di controllo perfetto e inappuntabile. Quarto: una progressione geniale basata sull’età del protagonista, come sistema di retry assolutamente prestazionale. Quinto: un meccanismo di potenziamento che mischia abilità da sbloccare permanentemente (e quindi un ammortizzatore alla difficoltà) e dei potenziamenti temporanei che ne rappresentano la cifra tattica. Sesto: un level design semplice ma non privo di scorciatoie da sbloccare e ricompense con decisive cadute ludiche. Settimo: una curva di apprendimento morbida e costante, fino a diventare molto esigente. Duro ma corretto. Ottavo: boss perfettamente tarati e coerentemente posizionati rispetto alle skill maturate dal giocatore. Nono: una formula calamitante, quasi tossica. Decimo: se cercate un indie che schiaffeggi realmente i AAA e non per partito preso ideologico beh, l’avete trovato.