Ho finito
Live A Live e mi è piaciuto davvero tanto. C’è parecchio da dire su di un gioco come questo, sopratutto quando lo si inserisce nel contesto del
1994.
Premetto subito che, secondo me, non ci troviamo davanti ad un
Final Fantasy 6 o
Chrono Trigger che ci eravamo persi a causa delle politiche di localizzazione dell’epoca. Anzi, l'idea che mi sono fatto è che il gioco fosse un prodotto sperimentale e a budget relativamente contenuto già all’epoca e, quindi, i paragoni con i jpg monumentali di allora ci stanno e non ci stanno. Ma andiamo con ordine.
Dicevamo di un gioco sperimentale. Qui l’idea di fondo è quella di avere sette (otto) mini-jrpg con stilemi narrativi sempre diversi, in parte diversi nel gameplay, certamente nel ritmo generale, nella lunghezza, nell’appeal ecc. ecc.
Le diverse mini-storie si ispirano ai classici del cinema e agli stilemi di genere (con continui rimandi a cult come
2001,
Alien, anime di
super robot,
spaghetti western, ecc ecc.), col risultato di 8 storie apparentemente archetipiche ma interattive e all’occorrenza condite da colpi di scena che non ti aspetti.
La scelta degli 8-giochi-in-1 permette di andare spesso controcorrente rispetto a svariate delle mode o impianti ludici dell’epoca. Da una parte penso al fatto che in molti dei capitoli non ci sono i combattimenti casuali, o al fatto che non esistano MP, o, ancora, al fatto che dopo ogni combattimento gli HP tornino automaticamente al massimo. Dall’altra penso al fatto che alcune storie sono costituite da soli combattimenti, altre sembrano quasi delle avventure grafiche o Visual novel, altre ancora paiono dei mini-jrpg tradizionali. Questa struttura rende il gioco sempre fresco e, anche se, inevitabilmente, alcuni capitoli risuoneranno in modo diverso a seconda del giocatore che li gioca, il ritmo generale del prodotto è davvero fresco, anche nel 2022.
Personalmente mi sono sentito più coinvolto nelle storie brevi, a maggior enfasi narrativa e occasionalmente ritmate da scontri, e meno coinvolto da quelle che tentano di somigliare a dei mini jrpg.
Sarà che lucidamente parlando il gioco dà sempre la sensazione di essere un po’ superficiale. Poco varietà nell’equip, combat originale ma dalle meccaniche poco definite, livello di difficoltà generalmente tarato verso il basso con strani e poco comprensibili picchi random, generale mancanza di profondità nei mondi di gioco in termini di segreti, npc, ricompense per l’esplorazione. Insomma, probabilmente il risultato di un lavoro affidato ad un nuovo team e ad un director alla sua prima esperienza, ma anche di un budget più limitato destinato ad una nuova IP.
Tanto per rendere l’idea, ho tendenzialmente apprezzato di più
Distant Future,
Western,
Present Time,
China (qui a dire il vero l’impianto da mini-jrpg c’è tutto, ma il ritmo generale è davvero riuscito anche grazie all’assenza degli incontri casuali) rispetto a
Near Future e
Prehistory (qui con l’aggravante dei combattimenti casuali).
Due casi a parte che vanno certamente discussi sono
Edo Japan e
Medieval Times. Il primo è davvero all’avanguardia! Giornalisticamente parlando verrebbe quasi da parlare di un
BotW dei Jrpg, davvero davvero impressionante per gameplay (minimale, invece, per quel che concerne la vicenda narrata).
Il Medioevo, invece, mi è piaciuto TANTISSIMO per ragioni narrative.
Pur cercando di fare un commento molto generico, metto sotto spoiler questa porzione per chi volesse andare completamente blind verso l’esperienza.
Sarà che adoro veder decostruiti gli stilemi classici del medieval jrpg, ma qui la vicenda mi ha colpito particolarmente dato che all’inizio ero convintissimo che sarebbe stata una storia classica e compatta dell’eroe che mette su un party e corre a salvare la sua amata. E invece ad un certo punto arrivano i plot twist ed il finale di questa vicenda, in particolare, me lo ricorderò a lungo anche perché, di nuovo, stiamo parlando di un gioco del 1994 e certa roba anticipa di anni scene iconiche di roba come FF Tactics o Castlevania Aria of Sorrow. Chi ha giocato capirà a cosa mi riferisco.
Insomma, per me la fine dell’ottava storia ha rappresentato davvero l’apice dell’esperienza. Perché dopo succede un’altra cosa che davvero non mi aspettavo e che, purtroppo, va a detrimento dell’esperienza complessiva.
Anche qui vado sotto spoiler.
In pratica comincia un altro gioco intero che forse per qualcuno rappresenta il vero cuore del titolo ma che per me invece è stato caratterizzato da minor mordente e frustrante a tratti.
Si tratta, infatti, di reclutare i diversi personaggi del gioco, un po’ come nella seconda metà di FFVI, e di giocare all’interno del mini-mondo del setting medievale, rinnovato però da nuovi nemici e nuovi dungeon. Da una parte un plauso alla seconda metà dell’esperienza più corposa e per certi versi tradizionale (leggasi: dungeon articolati, più loot, nemici più tosti) e alla non linearità dell’esperienza (leggasi: pg reclutabili in ordine sparso e lo stesso dicasi per i corrispettivi dungeon). Dall’altra parte lo scarto tra la prima metà del gioco (così guidata dalla narrazione e che praticamente “si gioca da sola”) alla seconda metà così più impegnativa va, secondo me, a detrimento dell’opera. Tanto più che non c’è più un vero sviluppo narrativo che aiuti il giocatore ad essere investito nella vicenda. E allora non mi stupisce che qualcuno abbia mollato il gioco in questa parte, dato che anche io ho avuto spesso la sensazione che tutto ciò che il gioco avesse da dire si fosse consumato nella prima, innovativa e sperimentale, metà.
Giusto per non rimanere troppo sul vago, quando mi lamento del design della seconda metà del gioco, mi riferisco nello specifico ai dungeon eccessivamente labirintici, ai combattimenti casuali che non aiutano, alla randomica comparsa di nemici troppo forti che ti asfaltano (dai quali scappare senza rimorsi, tanto il success rate della fuga è…100%!).
Aggiungerei anche che la nuova prospettiva della telecamera data dal HD-2D* di Octopatiana memoria probabilmente rende i labirinti ancor più difficili da navigare di quanto nell’originale con vista top-down. Ma è una mia sensazione.
Comunque, alla fine, perseverando, si arriva ai soddisfacenti titoli di coda. E rimane il ricordo di un gioco davvero interessante, per certi versi incredibile per i tempi e dotato di un fortissimo carattere, al quale contribuisce tantissimo anche la bellissima colonna sonora della Shimomura, che ancora non avevo citato.
Insomma, un gioco che mi rimarrà senza dubbio dentro e che alimenta in me quella convinzione che l’epoca dei grandi jrpg sia stata quella dei 16 bit (in particolare su SNES) più che quella dei 32. Un’epoca, quella SNES, dove si era già provato di tutto e le sperimentazioni, l’ambizione ed i risultati erano già ai massimi livelli.
*Un appunto anche sulla presentazione. La grafica è bellissima e dona nuova vita ad un titolo che nella sua originale veste grafica oggi forse arrancherebbe un po’. Quella originale, infatti, mi pare una pixel art che non raggiunge le vette di ispirazione e qualità di un
FFVI o
Chrono, ecco.
Al tempo stesso, a dover cercare il pelo nell'uovo, dalla nuova veste HD-2D avrei forse voluto un maggior utilizzo di texture in “finta pixel art” per i modelli poligonali usati. Invece spesso abbiamo questi personaggi in pixel art che si muovono in un fondale 3d dove solo alcuni elementi grafici rimandano alla pixel art di un tempo.