Finito l'altro giorno. Il giudizio complessivo è altamente positivo, talmente positivo che potrebbe facilmente finire tra i miei tre giochi preferiti dell'anno.
Tralasciando l'ottima scrittura, profondissima e studiata fin nei minimi dettagli, ho amato la possibilità di influenzare ed essere influenzato in toto dal mondo circostante e da tutti i personaggi (tutti unici tra l'altro, ben caratterizzati e complessi), sia con azioni importanti che con insignificanti minuzie, come semplici chiacchiere su pettegolezzi vari ma anche discussioni erudite che mescolavano religione, morale e politica. Nessun dialogo mi ha mai annoiato, e anzi mi ha permesso di creare (in parte come richiedeva il gioco, ma in parte anche semplicemente per immaginazione personale) un'idea perfettamente completa del *mio* Andreas Maler.
Sul terzo atto anch'io in principio avevo dei dubbi... mentre giocavo ero un po' deluso dal ritmo spezzato quasi all'improvviso, ma alla fine sono d'accordo con quello che avete scritto: perché si chiama Pentiment? Perché è un gioco il cui punto cardine è il senso di colpa, quel senso di colpa che non se ne va mai anche se sono passati tanti anni, la vita è andata avanti e le decisioni prese in passato hanno fatto da suolo fertile per il nuovo presente. Anzi, il terzo atto rinforza molti temi dei primi due, e riesce a dare una meravigliosa conclusione a tante sottotrame e vari argomenti che fino a quel momento erano stati solo accennati.
L'ultimissima scena poi è poesia pura, uno dei finali più belli che abbia visto quest'anno.
Promosso a pieni voti. Che Dio vi benedica.