Cosa pensi del caso Di Bella, @mog_tom?
Ne parleremo seriamente se e quando avrò un tumore #tiè.
Credo che stringi stringi chiunque, durante una malattia (soprattutto lunga, invalidante e potenzialmente mortale), voglia sapere di essere seguito dal migliore che può permettersi, da una persona (o più) che lo affianchi.
Ciò che stiamo vivendo oggi è stato già attraversato, in scala più piccola, nei Novanta: le storie di Poggiolini, De Lorenzo, Di Bella andrebbero studiate da più angolazioni possibli (avremo tempo, coi prossimi lockdown). Ho poca pazienza per chi oggi parla di teorie della complessità, ma poche cose sono complicate come l'interazione fra bisogno di salute, società industriale, politica e mezzi di comunicazione.
Appoggiare "metodi e protocolli alternativi" soddisfa, lo ricordiamo, anche il bisogno di distinguersi dell'individuo e l'eventuale ego del medico. Non ho mai conosciuto un medico privo di ego (ne ha bisogno per sopravvivere), e la passerella televisiva dell'ultimo anno e mezzo dovrebbe confortarci in tal senso. Fu assai più difficile riempire i talk-show di economisti carismatici quando si cicalecciava di sovranità monetaria: un medico vende innanzitutto sé stesso a un pubblico profano. Un economista si fa scudo con la cattedra e spesso è una persona assai meno rutilante.
Se gratti il medico trovi lo stregone, l'uomo-medicina indispensabile per il funzionamento di qualsiasi aggregato umano. Se gratti l'economista... eeeeeh...
Quindi: poter creare un caso mediatico durevole e fortunato (più delle terapie di Di Bella, anche se oggi la sua fondazione è ancora più che attiva) attorno a una terapia, serve anche un dottore disposto a sopportare pressione mediatica nazionale per chissà quanto tempo. Diventare un personaggio pubblico quando si parla di salute non è la stessa cosa che diventarlo se si è, ad esempio, artisti o sportivi. Credo che sia una pressione allucinante per qualsiasi essere umano: De Donno lo dimostra. Può essersi ucciso, può essere stato tolto di mezzo, può essersi ucciso sotto pressione dei colleghi: in ogni caso gl'interessava di più studiare che andare in televisione.
Di Anthony Fauci, recentemente dotato di medaglia da Mattarella, si chiedeva la testa in piazza quando l'AIDS era un tema caldissimo. È ancora lì. AIDS e Covid hanno almeno una cosa in comune: sono
virus morali, come dice un mio amico. Così come dopo l'AIDS la sessualità occidentale non è più stata la stessa, oggi si parla di "nuova normalità" intorno al Covid. La maggior parte del dibattito pubblico non verte intorno all'epidemiologia (non potrebbe, e non solo perché è palloso: un minimo di consenso scientifico intorno alla SARS-Cov-2 comincia a formarsi oggi, quasi a bocce ferme, quando il virus è sempre molto diffuso ma molto meno letale) ma a come l'uomo della strada deve comportarsi nel mondo del virus.
Il caso Di Bella ha sicuramente una cosa da insegnarci: quando si parla di cure si parla in realtà di accesso alle cure, di modelli di cura. E quindi di quali farmaci vengono calmierati dal SSN. Lo era ieri con la somatostatina, lo è oggi con i vaccini. Ci vuole poco a passare dalla sanità alla politica.Un po' di medici li conosco, se non altro per lavoro. Credo che siano la categoria di persone in assoluto peggiore a cui affidare le redini della società, se non altro perché hanno altre cose di cui occuparsi.