Parto da un post di Paolo Desogus, professore di letteratura e cultura italiane a La Sorbona di Parigi per una riflessione più filosofica, sociologica e politica.
Fino a poco tempo fa il novax era colui che rifiutava categoricamente qualsiasi vaccino adducendo a ragioni diverse, quasi tutte molto strampalate. Questa definizione ha subito recentemente una mutazione. Ora i novax sono coloro i quali si limitano anche solo a rifiutare il vaccino contro il covid-19. Esiste anche una variante più estrema. In qualche caso vengono tacciati di novaxismo i vaccinati che prendono le distanze dalla narrazione dominante, sono cioè coloro i quali si interrogano sull'opportunità di vaccinare i minorenni (osservando quanto accade in Germania); che si pongono qualche dubbio sulla green card obbligatoria per la vita civile; o che più semplicemente non partecipano a tutta quella serie di riti fideistici che comportano tra le tante cose l'odio verso chi ha deciso di non vaccinarsi.
Questa seconda variante sta assumendo ogni giorno toni sempre più esasperati. C'è persino chi teorizza la sospensione dei diritti civili, chi propone che il non vaccinato debba essere escluso dai benefici della sanità pubblica. Anche Confindustria, che non perde occasione di manifestare il suo disprezzo per i lavoratori - da trattare come cosa loro - teorizza la possibilità di licenziare o comunque di escludere dal lavoro i non vaccinati.
Eppure, secondo i dati, la campagna vaccinale italiana si sta svolgendo in modo regolare, senza oscillazioni negative degne di attenzione. Finora è stata impiegata la quasi totalità delle dosi, segno che in larga misura gli italiani si vaccinano. Esiste, è vero, una percentuale di popolazione sopra i sessant'anni che ancora non ha iniziato il ciclo o non lo ha completato. Si tratta a ben vedere di un dato abbastanza fisiologico, dovuto a tante ragioni, anche solo alla difficoltà di prenotare al Cup, di destreggiarsi sulle pagine web o più semplicemente di raggiungere i centri vaccinali con mezzi propri. Ci si dimentica che in Italia esistono persone che non hanno internet, vivono in piccoli borghi, sono sole e avrebbero bisogno di un confronto diretto e personale con specialisti di fiducia. Esiste in altri termini un'Italia tagliata fuori, esclusa dai radar dello stato e delle amministrazioni locali. Un'Italia marginale e marginalizzata dai vari Burioni e altri esponenti di quella borghesia benestante e soddisfatta che si autorappresenta come modello sociale privilegiato da seguire e invidiare.
Poi certo ci sono anche quelli che nutrono forti dubbi sulla natura dei vaccini, che prendono per buone alcune credenze o, in altri casi, che si interrogano - legittimamente - sulle controindicazioni. La situazione è difficile, lo sappiamo. Una larga vaccinazione è importante. Occorrerebbe per questo un po' più di moderazione, un po' più di riflessione, non di disprezzo e di fideismo acritico. Chi decide di porsi qualche domanda non deve avere il timore di essere considerato un seguace di Salvini o un sottosviluppato delle caverne. Occorrerebbe anche dire la verità: il vaccino non elimina il virus, ma limita i danni. Non è la soluzione definitiva, ma aiuta a vivere meglio.
Occorrerebbe infine anche un senso di tolleranza, di comprensione verso chi ha dei dubbi, verso chi è ostile ai vaccini. Il fideismo non è affatto un atteggiamento scientifico. Tutt'altro, è un segno di intolleranza e ottusità.
Si potrebbero davvero scrivere fiumi di parole sull'atteggiamento del governo e soprattutto sull'atteggiamento di ciò che una volta era definita "sinistra" e che invece è diventata la roba più reazionaria, antidemocratica, e antipopolare mai vista. A partire dall'assunto di base che propongono e cioè non la scienza ma lo scientismo, cioè l'illogica, irrazionale, fideistica adesione a priori alle opinioni di "chi sa" dei quali, come ha detto recentemente quello che ha vinto il premio Strega, ci si deve fidare. Un assunto che si basa sul loro profondo disprezzo per il popolo, inteso come massa ignorante, rozza, sporca, delinquenziale che va domata, dominata, sottomessa e condotta verso la luce da una ristretta elite di colti ed esperti la cui parola non va mai messa in dubbio "perché hanno studiato". Ieri era in campo economico (con l'adesione religiosa ai dogmi liberisti, con i "tecnici" a dominare tutte le scelte alle quali, secondo gli slogan dell'epoca, non c'era alternativa), oggi in campo medico dimenticandosi che il principio scientifico è prima di tutto messa in dubbio e mai, mai, mai, dogma di fede. Un approccio che proprio dal liberismo (o dal neo liberismo) deriva, visto che era uno dei capisaldi filosofici della scuola austriaca formulato da Menger o Bohme e poi meglio definito da Schumepter e Mises, già all'epoca lo chiamavano "paternalismo progressista": i "tecnici" avevano tutte le risposte per far avanzare la società e la politica doveva solo ascoltarli e metterle in atto senza porsi domande. Si cancellano quindi millenni di storia, filosofia, politica, si schifa ovviamente la democrazia e per di più senza nemmeno rendersene conto. La vicenda coronavirus ha plasticamente messo in luce tutto ciò, per chi non se era già accorto prima. E lo spettacolo indecente al quale stiamo assistendo in questi giorni lo dimostra. Ieri in piazza c'erano tantissime persone vaccinate e che non hanno nulla contro i vaccini (c'ero anche io, a Viterbo, vaccinato con doppia dose e tanto di Green Pass) ma a cui non va a genio uno strumento pericolosissimo che apre scenari spaventosi. Perché poi su queste scelte "tecniche" che sono sempre politiche, c'è chi ci marcia, chi le gira a favore dei propri interessi. Io, che sarò anche comunista, ma mi sforzo sempre di fare letture che vadano oltre il qui ed ora, non posso che incazzarmi di fronte a ciò che prontamente propone Confindustria (e che in Francia hanno già approvato) e cioè il Green Pass per lavorare. L'obiettivo di Confindustria e dei suoi cani da riporto è chiaro e duplice: evitare i pagare i costi delle procedure e dei dispositivi di sicurezza covid aziendali (adesso tutte a loro carico, la mia azienda, di medie dimensioni, in un anno ha sborsato 80mila euro fra mascherine, gel, camici, formazione, ecc...) per scaricarle sul lavoratore (tampone) oppure sullo Stato (vaccino). E, soprattutto, avere in mano un altro strumento di ricatto, minaccia e licenziamento contro i lavoratori. Ecco perché il green pass è inaccettabile. Senza contare un'altra nefasta conseguenza e cioè l'acuirsi dei conflitti orizzontali al posto di quelli verticali. In un momento di crisi del capitalismo globalizzato che richiede l'ennesima, ciclica, ristrutturazione dello stesso da far ovviamente pagare al lavoro ed alle classi popolari, spostare l'attenzione e l'obiettivo dell'odio da verso chi sta sopra (il padronato) a verso chi sta a fianco (chi è considerato "no vax") pone fine a qualsiasi prospettiva di lotta e quindi di rovesciamento dei rapporti di forza. Non glielo dobbiamo consentire, non ci devono riuscire. Ecco perché la questione non è "vaccino sì\vaccino no", ma la limitazione arbitraria dei diritti di cittadinanza, oggi per una cena al ristorante domani magari per il diritto di voto (e fra chi, magari inconsapevolmente, appoggia 'ste cose sono tanti quelli che, un po' per scherzo, un po' no, vorrebbero abolire il suffragio universale).