Eccolo qui, 112 ore di gioco, quattro run a Scudiero, due a Cavaliere (una ripetuta a causa delle sfere mancanti) e infine a Leggenda. Come dicevo qualcosa di inaudito e inesplicabile visto che il singolo livello di GNGR si attesta sulla manciata di minuti. Essendo uscito il 25 di febbraio devo dire che sono stati quaranta giorni di quaresima e di passione, davvero.
Il mio rapporto con GNGR è abbastanza controverso. L’ho atteso tantissimo, la serie, in quasi tutte le sue incarnazioni (sia maledetto Ultimate) è per me un caposaldo della cultura arcade, giocati e rigiocati in tutte le incarnazioni per grazia ricevuta da Capcom, sempre troppo avara nel dispensare i suoi tesori del passato. Non appena arrivato sono rimasto alquanto traumatizzato dal cambio radicale di formula in riferimento all’approccio, per cui nei primi giorni ho dovuto combattere una sensazione di importante delusione, pensavo si trattasse di un ritorno al classico in senso stretto. Poi, superata questa fase, non ho potuto far altro che innestarmi gioiosamente in questa formula che da una parte conservava modelli e strumenti del vecchio corso e dall’altra aggiornava la formula ai dettami del videogioco moderno, soprattutto alla ricompilazione della filosofia arcade, sostanzia anche dalla produzione indie.
Riguardo alla discussione su aspetti grafici, stilistici e artistici credo non sia il caso di ribadire quanto il prodotto finale sia curatissimo e ottemperante del passato, con gusto infinito e cura maniacale. Davvero, una piccola gemma. Il motivo del contendere non è sicuramente questo.
Evoco un attimo il sempre eccellente
@Laxus91. Ti ricordi il discorso sulla maturità del medium all’interno del topic di Returnal? Ecco, per me GNGR è un gioco che utilizza efficacemente le peculiarità del medium e pertanto dal mio punto di vista può dirsi perfettamente "maturo". Non è un aspetto ascrivibile ai contenuti, trattare o meno un determinato argomento non garantisce necessariamente la qualità dello stesso e il ricorso a particolari dinamiche di altri medium può essere un deterrente/boomerang, come spesso accade. Il pretesto è basico, “
salva la principessa”, ma questo non è stato mai un particolare problema per chi abbia una familiarità prolungata coi videogiochi e che, a mio modo di vedere, non rappresenti un limite rispetto alla centralità del gameplay, basti guardare Nintendo che non si pone proprio il problema.
GNGR è un gioco che utilizza gli strumenti “propri” del game e level design, della sfida opportuna e significativa, del processo di apprendimento e della progettazione certosina dei particolari per sviluppare competenza e relativa ricreazione del giocatore. Come può evolversi questo, come può diventare “più maturo”? Quale altra forma d’arte, espressiva e ricreativa possiede queste caratteristiche? Ora, sai bene come ognuno possa trovare la propria forma di divertimento e videogioco nei molteplici rivoli dell’interpolazione interattività-audio-video e pluralità di approccio/libertà è senz’altro garantita, però la “giovinezza” e “la possibilità di sviluppo” sono spesso un modo di suggerire determinati sviluppi che avverto come forzati.
Tornando più specificamente al gioco, come avevo avuto modo di scrivere all’uscita io c’ho messo un po’ per decidermi, con esperimenti vari e confronti tra gli ultimi tre livelli di difficoltà, scartando mentalmente il livello “Paggio”. Ma tipo una giornata di prove a cominciare e ricominciare, senza capirci essenzialmente nulla. Alla fine, vista l’importanza del gioco e il debole che provo nei suoi confronti, mi sono ripromesso di iniziare da “Scudiero” e aumentare la difficoltà a ogni run.
Quindi, in modalità "Scudiero", ho accettato e infine promosso quel fortunato incontro tra antico e moderno con gradualità e cautela. GNGR a livello "Scudiero" è la cosa più simile alla serie di Ghosts’n Goblins che un appassionato possa cercare e trovare, soprattutto per il ritmo compassato, per quanto il termine possa essere utilizzato propriamente per un simile gioco.
Questa è la prima anima di GNGR e forse il primo segnale di frammentazione ontologica di senso videoludico o, per utilizzare altri termini, uno sdoppiamento di personalità (anzi, tripartizione) a cui l’intero progetto è soggetto e sottoposto. Il ridotto numero di nemici, la possibilità di rimediare ai propri errori, l'eventualità di sperimentare azioni e soluzioni ricorrendo a “morti tattiche” e provando ad affrontare i livelli “al volo” e senza troppe conoscenze preventive. Dal mio punto vista questo livello è capace di generare sin dal principio un coinvolgimento immediato da cui scaturisce sano e rilassante divertimento. Interpretato in questo modo, GNGR diventa il “
Ghosts’n Goblins Beyond” che si pone idealmente dopo Super Ghouls’n Ghost per una sfida normalmente impegnativa a causa di vari ammortizzatori alla frustrazione.
La successive run, quelle a "Cavaliere", hanno consolidato questa idea con l’incremento di nemici e difficoltà ma ancora il tutto s’è svolto all’interno di una struttura abbastanza agile e comprensiva nell’equilibrare progresso e frustrazione, con livelli da reinterpretare, esplorare e studiare in lungo e in largo per ottenere il massimo risultato attraverso il sapiente superamento di se stessi. Per quanto mi riguarda è la forma pura e cristallina di videogioco, quella filosofia alla Sekiro che, attraverso un’impostazione pensata e tarata in modo esemplare, porta l’utenza a scendere a patti con la rigidità procedurale per poi convenire al momento della vittoria. Si esce un po’ provati dalla difficoltà “Cavaliere”, le morti si sommano decine dopo decine, ci vuole calma e concentrazione e tutto finisce in gloria.
Questa è la seconda anima di GNGR, un platform tirato e prestazionale, capace di selezionare i giocatori all’entrata ma che riesce a unire meccaniche classiche con l’accelerazione impressa dalla contemporaneità, accettando anche di buon grado la dilatazione dell’esperienza per accumulazione di tentativi. Se la difficoltà “Scudiero” è quella del giocatore da sala di Ghosts’n Goblins che non si lascia alle spalle una certa impostazione, l’esperienza che si vive a “Cavaliere” è, a mio modo di stimare, l’ideale per vivere questo GNGR come esperienza omnicomprensiva e caratterizzante, come punto medio tra suggestioni del passato e spietatezza dell’impianto di gioco.
E arriviamo al famoso e famigerato livello “Leggenda”… La qualità più adamantina di questa modalità di gioco consiste proprio nell’aver rinunciato a qualsiasi forma di ammortizzatore ludico che, da diversi anni a questa parte, non permette al videogiocatore di sviluppare abilità diverse dalla semplice acquisizione di problemi impostati con risoluzione standard o altre meccaniche rassicuranti. Per dirla in altro modo, GNGR a livello “Leggenda” è stato davvero uno dei giochi più difficili e stressanti della mia carriera di videogiocatore, un concentrato di cattiveria e di perfidia che in determinati frangenti mi ha fatto sospettare di non poter essere all’altezza. Ma al di là dello scoramento, mitigato poi dalle run precedenti (posso solo immaginare chi abbia iniziato direttamente da questo livello…), c’è qualcosa di speciale e unico che succede al gioco (e di conseguenza al giocatore) affrontando catarticamente il gioco in questa modalità. Ne scaturisce un dispositivo circolarmente perfetto nel predisporre una sfida devastante in cui interloquiscono abilità/qualità del giocatore e meccaniche ludiche interconnesse e interdipendenti. Il gameplay è ottimo e compartimentato rispetto alle singole sequenze che scandiscono ogni livello, le quali sono cesellate in modo esemplare, puro artigianato nipponico al servizio del videogioco.
Il gioco rallenta e accelera richiedendo, nella gran parte dei casi, sia combattimento fulminante che esplorazione intuitiva, secondo la natura del gioco. A questo livello di sfida il titolo è davvero intransigente, quindi bisogna davvero vedere se la cosa sia sostenibile alla prova dei fatti e la selezione dei giocatori è inclemente. Difficile barare anzi impossibile, a scapito del discusso concetto di accessibilità GNGR in questa forma raggiunge livelli di ferocia come pochissime volte prima di questo titolo. Le ondate di nemici si susseguono implacabili e si fermano un attimo prima dell’insopportabilità e dell’impossibilità. La rimozione del concetto di “vita””, i checkpoint distanziati finiscono per assumere una dimensione quasi masochistica del gameplay. Un cenno anche all’arsenale, già significativo prima ma determinante a "Leggenda", le armi sono tutte valide e bisogna strategicamente comprenderne l’uso, le magie sono meravigliose e realmente significative, non si limitano a un incremento di potenza, donano al giocatore nuovi strumenti interpretativi. Eppure, nonostante i complimenti, a un certo punto il gusto e il divertimento in sé sono sublimati in puro agone e voglia di spuntarla, un un loop infinito di morte e ripetizione.
Questa è la terza anima di GNGR, la dimensione voluta dagli sviluppatori per capire cosa sia Ghosts’n Goblins nel 2021 e la declinazione “arcade”, del mondo coinopparo, in congiunzione con il videogioco casalingo. Prendere o lasciare, dentro o fuori, un’offerta e un modo di vivere il videogioco che affondi prepotentemente nel suo novero.
Quindi, qual è la vera anima di GNGR? Si tratta dell’elegante platform incrementale che, a livello "Scudiero", riprende il filone classico della serie per acclimatare cariatidi del videogioco che provano a rivivere le emozioni del passato in un loop illusorio di salti calibrati e pattern eseguibili?
Oppure, a livello "Cavaliere", è quel titolo esigente, duro, corretto e un’ottima sfida per chi veda nel videogioco l’obiettivo di esercitare sapienza e divertimento attraverso meccaniche e scelte atte a condurre il giocatore a migliorare e a superare i propri limiti in modo progressivo e gratificante?
Infine, se fosse "Leggenda" la sua forma privilegiata? L’idea di divertimento passa per forza da questa via Crucis di morte e disperazione, in cui tutto è esasperato, moltiplicato e nevrotizzato a drenare il passatempo videoludico fino a distillarlo in pura sfida e incaponimento.
La verità è che si tratta di tre giochi diversi, frammentando l’identità del titolo. Non una colpa e neanche un difetto, semplice cronaca.
Le mie inquietudini rispetto a quanto detto prendono le mosse dalla pregiata osservazione di
@EGO, riguardo le versioni alternative dei giochi di un tempo che servivano a prolungarne la vita del in altra forma e alla conseguenze personalizzazione dell’esperienza in base alle proprie capacità. Da un parte mi sembra lapalissiano, intelligente, bello e poi anche auspicabile. Dall’altra mi domando: “
Se a Sekiro togliessi quella marzialità e quella richiesta di alfabetizzazione delle dinamiche, cosa rimane? Sì, ti vedi i livelli. Sì, sconfiggi i boss. Sì, vieni messo a parte dei suoi contenuti quantitativi. Ma lo capisci sul serio Sekiro, secondo l’intenzione degli sviluppatori e che proprio per questo non hanno optato per una personalizzazione/riduzione/trasformazione dell'esperienza?”
Per me la risposta è abbastanza diretta e per questo il qui presente GNGR è davvero una buona occasione per ripensare allo stato dell’arte dei videogiochi dal punto di vista dell’identità e del rapporto tra sviluppatore e giocatore rispetto al concetto di game design.
Tutto questo per amore del confronto e del giudizio. Al di fuori di questo, per quanto mi riguarda, questa immersione della cultura arcade anni ’80 da parte di sviluppatori e persone che se ne intendono, unita a una difficoltà punitiva come non se ne vedevano da tanto, mi ha davvero galvanizzato. Un anno fa era solo inconcepibile il pensiero e oggi un bel seguito di GNG è qui ed è realtà. Diciamo che, pur essendo uscito a febbraio e al netto di tutte le mie titubanze, abbiamo qui un validissimo candidato al GOTY 2021 e, parlando di mera giocabilità, ci vorrà davvero qualcosa di grosso e significativo per scalzarlo.
E anche il sogno bagnato che Capcom possa recuperare altri classici di quel periodo e farli oggetto di un’operazione similare.