Non discutevo il contenuto, interessante è interessante e infatti sempre detto che il napoletano su questa questione è "avanti" visto che ci mangiamo da sempre le vocali (certo non perchè ci preoccupiamo del sesso).
Anche nel dialetto abruzzese è così.
Il fatto è che, in entrambi, e molti altri, l'espressione linguistica non è, e non può essere, distinta da quella popolare di cui si fa voce, e il dialetto, di tutti i tipi, è uno dei bacini più floridi di quell'ironia folcloristica a cui piace giocare con le differenze, i luoghi comuni, persino le debolezze, accentuandole, invece di livellarle, fino al grottesco e surreale, in un gioco solo apparentemente feroce, che ricorda un po' i motteggi arguti con cui si misurava l'intellighenzia nelle corti, e in cui offendersi equivaleva a mostrare la propria inferiorità intellettuale e di spirito, ma che in realtà trova nell'ironia, soprattutto autoironia, una via catartica per accettare la propria condizione come condizione del mondo, che siamo tutti immancabilmente, e differentemente, inadeguati, e per questo, uguali di fronte alla medesima sorte.
Ci si abbracciava, ridendone assieme, nella consapevolezza di essere messi tutti male.
Che senso avrebbe, dunque, prendere un elemento fonetico e strapparlo al suo contesto, al
terroir in cui è nato e si è sviluppato, spogliandolo della sua matrice linguistica, per adattarlo forzatamente ad un contesto in cui, come imperativo categorico da cui pare non si possa sfuggire, dobbiamo stare tutti ugualmente
bene? (e chi ricorda l'omonima pellicola, sa' che non è un caso che sia una menzogna che si racconta solo ai morti)...