Anch'io ho aneddoti simili, con la "scusante" di aver conosciuto la persona in questione da donna, poi averla frequentata durante la transizione, e infine aver interiorizzato il genere di arrivo.
Durante la fase di passaggio, chiamarla col nome di battesimo femminile era automatico. Imbarazzo tutto mio, dall'altra parte solo un sorriso benevolo, tuttalpiù un'occhiata amichevolmente perplessa.
Scuse mie, e un "non ti preoccupare" in risposta.
... In compeso tante belle conversazioni sul tema, confronti costruttivi, e più di tutto imparare a interagire con una persona in quanto persona e non in base all'organo che si ritrova tra le gambe.
Che detta così sembra una cazzata, ma non lo è affatto.
Fidatevi: se non avete mai provato il contrario, tratterete sempre una donna prima di tutto in quanto donna e semmai in seconda istanza come individuo.
Teorie, discussioni, posizioni politiche, educazione possono poco contro una forma mentis culturale, radicata e condivisa.
Per questo dico sempre che... L'unica è conoscere.
Me ne sono stupito io stesso, in quel paio di occasioni in cui ho potuto approfondire un minimo il rapporto umano con un@ transgender, di quanto siamo condizionati senza rendercene conto. E quando finalmente vedi oltre l'aspetto esteriore e ti scopri a interagire con la sola natura umana di un individuo, ti si apre un mondo di comprensione prima inaccessibile. Subito spendibile con profitto nel rapporto con gli etero-cis-umani, peraltro