Mi tocca fare l'apologia di Sunshine, il catalizzatore d'odio Nintendaro insieme a Wind Waker e Twilight Princess.
Per me è tutto molto più semplice da interpretare: Sunshine (insieme a WW) fu il tentativo di Nintendo di ibridare l'open world con le strutture sofisticate del platforming di Mario. Il risultato fu una sorta di ibrido che, lungi dall'essere perfetto, proponeva tuttavia una serie di caratteristiche uniche nel suo genere che anticipavano e, forse, incappavano in tutti i problemi che ci siamo portati avanti per il successivi 10-15 anni.
Sunshine prevede che il giocatore sia curioso e trovi autonomamente il premio delle proprie fatiche, ossia il ribaltamento della struttura alla Mario 64 (e se vogliamo dei successivi Galaxy, in forma diversa) e vera essenza dell'open world. All'interno di ogni singolo mondo si possono trovare sentieri platformici, oggetti da trovare e collezionare, reagenti da scoprire e attivare e un level design che a poco a poco si disvela agli occhi del giocatore. Ci si accorge di tutto questo quando la sfida diventa sempre più dura e ogni errore prevede ci riprende da capo il circolo di piattaforme per arrivare nel medesimo posto in cui si è precipitati.
Come succede in ogni platform che si rispetti.
Sunshine non è accomodante, quello è Odyssey. Sunshine prevede che si sappia saltare in 3D, non premia a prescindere. Sunshine obbliga a guardarsi intorno, non premia con lune fuffa per tranquillizzanti avanzamenti ubisoftiani. Sunshine è un gioco che offre un'ottima sfida con tutti i limiti di due mondi che vengono a confliggere, ossia il platform ortodosso e un mondo libero assolutamente interpretabile.
Con tutti i limiti che purtroppo ne scaturiscono, primo tra tutti il fatto di aver relegato l'interazione allo Splac 3000 che induce a rompersi le palle a spruzzare a qualsiasi cosa. Oppure alla meccanica del volo assistito. Ma caspita se richiede abilità! E tutte quelle fasi più avanzate, in cui il singolo errore è fatale e bisogna arrangiarsi a valutare distanze e spazi con il limite dell'interpretabilità delle 3 dimensioni.
E che dire delle ambientazioni? La città di Delfinia è il proto-hub progressivo ripreso poi in 10000 altri giochi, pieno di segreti e di zone intrigante, con un'ottima alternanza tra tetti e navigli. Lido Raggiante è così piacevole, azzurro, ameno e divertente da saggiarne subito i limiti spaziali per puro diletto. Porto GIocondo è perfido per la sfida platform che offre, diventando sempre più difficile e mettendo alla prova la padronanza dello spruzzoplano. Sabbie Rosse è il momento Resident Evil con tantissimi segreti da scoprire e in cui tutta l'interpretazione del giocatore viene messa alla prova. E il Villaggio delle Palme, di difficile navigazione. E poi tutti gli altri livelli, tra cui spicca la baia dei Noki in cui bestemmia e gameplay sono tutt'uno.
Ma cazzo che bello! Sì ci sono pochi livelli, è il suo limite, e tra monete gialle/rosse/blue è ovvio che lo scopo fosse quello di capitalizzare le ambientazioni, risultando ridondante. Ma quanto era bello indugiare lì e spremere le meningi? Quanto poteva essere gratificante intuire una strada e percorrerla con tutti i tentativi del caso? Non è forse un platform? E i livelli bonus senza Splac?
Insomma, io non vedo tutto questo schifo, vedo un gioco in bilico tra due epoche con tutti i tentavi e le sperimentazioni del caso ma dotato senz'altro di una sua personalità forte. I giochi Nintendo dell'epoca sono tutti così, si veniva da una rivoluzione culturale enorme (N64) e l'esigenza di mettere a frutto le nuove tecnologie per creare mondi interattivi.
La sintesi poi si è avuta con BOTW ma i semi si trovano tutti già in Sunshine, la cui filosofia poi è stata raccolta da Odyssey.