Tutto può essere. Però c'è anche da considerare che nel cinema trovare un attore adatto a un ruolo di un personaggio già esistente è molto difficile. Nella produzione di un videogioco hai pieno controllo sulle sue fattezze, che non necessariamente devono essere le stesse dell'attore che fa il performance capture. In una serie/film - eccettuati quei casi che fanno ampio uso di makeup e protesi per motivazioni molto specifiche - aspetto del personaggio e dell'attore/attrice coincidono. Quindi magari ti capita un attore/attrice che fisicamente è tale e quale al personaggio della tua storia, ma poi è un cane a recitare. E nel cinema a tutto c'è rimedio tranne alle incapacità attoriali di un interprete. Per questo a me sembra più probabile che Druckmann e Mazin abbiano dato priorità alla credibilità interpretativa dell'attrice, piuttosto che al suo aspetto.
Esattamente. Cosa che, non per caso, è l'opposto di quanto abbia fatto l'industria dello spettacolo per decenni (secoli?): usare la bellezza estetica come veicolo di attrattiva per il pubblico, spesso a discapito di altro. Reiterando peraltro modelli che "drogano" le aspettative (queste discussioni ne sono la dimostrazione evidente) e agiscono a cascata su tutta una serie di questioni sociali tanto esterne ai media quanto fondamentali.
Quindi ci troviamo di fronte a un cambio di paradigma, dove la novità è del tutto naturale e a favore della verosimiglianza, della riconoscibilità per il pubblico e della qualità sostanziale dell'attore e della sua performance; mentre il pregresso, difeso e sostenuto per abitudine acritica, per zona di confort radicata, rappresentava invece l'evidente distorsione.
Niente di incredibile, anzi tutto di banalissimo. Ma non è mai così facile ammettere limiti di cui, questo è evidente, non sia ha troppa responsabilità.
Grazie a dio cambia il pubblico, cambiano anche i creativi e quelli vecchi vanno in pensione.
Da un punto di vista sociologico, comunque, fa specie osservare come i più incattiviti e abbarbicati a questi modelli distorti di rappresentazione siano proprio quelle persone che non hanno niente da guadagnarci, non essendo di certo rappresentati dalla bellezza televisiva.
Come se tale immagine di realtà sia stata così a lungo e inconsciamente una consolazione idealizzata (attiva, cioè veicolata dal desiderio per l'altro, oppure passiva, ovvero in quanto specchio di sé, poco cambia) che esserne privati lascia d'un tratto sgomenti di fronte alla realtà delle cose.
È quello un giocattolo distorto, falso, crudele, che si fa beffe di te, ma è pur sempre il
tuo giocattolo.