Finito la scorsa settimana. Con un paragone che può sembrare banale, direi che Outer Wilds è il "Dark Souls degli adventure games". Ma forse questo non è del tutto un complimento.
Faccio un passo indietro.
A mente fredda posso dire serenamente che Outer Wilds è un esperimento avanguardistico, riuscito in buona parte, che sposta un po' più in là gli orizzonti del game design, ma a cui forse è mancato quel coraggio in più per renderlo più cristallino e a prova di confutazione.
Si fonda sull'assunto che sia possibile strutturare un gioco metroidvania con dei gate conoscitivi anziché fisici: sapere "i dove, i come e i quando" è la chiave per aprire nuove aree in realtà già disponibili ma "nascoste in bella vista". Questo funziona generalmente bene nel quadro complessivo di esplorazione non-lineare, e la sapiente disposizione della rete di informazioni nel mini-universo di Outer Wilds regala un certa soddisfazione nel ricostruire fatti e indizi.
Se però ci si concentra sulle conoscenze strettamente indispensabili per la conclusione del gioco, e si ragiona sugli aspetti più spigolosi dell'esperienza, ecco che il gioco di prestigio appare forse un filo meno sorprendente, e l'esperimento meno audace, perché in definitiva finisce per ricorrere comunque a espedienti classici per precludere e rallentare la progressione.
Partendo dalle prime:
Per la conclusione del gioco sono richieste due chiavi, entrambe comunissime nei giochi adventure e non: un key-code (le coordinate del vascello) e un key-item (il Warp Core). Già qui è interessante notare quanto per la risoluzione finale abbiano comunque sentito il bisogno (o non abbiano avuto quel pizzico di genuina follia in più) di ricorrere a espedienti tipici.
A loro volta questi due elementi sono protetti da alcuni soft-gates conoscitivi:
1) Raggiungimento del Vascello (il più debole): conoscerne l'ubicazione (sono sufficienti l'uso del localizzatore radio per raggiungere il pod e la comprensione della logica interna di Dark Bramble; entrambi a portata con un po' di sperimentazione, anche senza informazioni interne) e l'ostacolo degli Anglerfish (anch'esso superabile senza l'indizio interno al gioco, con un po' di trial&error, o con conoscenze esterne sulle controparti reali dei pesci).
2) Le Coordinate (il più riuscito, secondo me): bisogna accedere al nucleo di Giant's Deep usando l'unico ciclone che gira nella direzione opposta e usando le meduse come scudo elettrico; due gate difficili da superare con il trial&error, in quanto il primo si mimetizza benissimo pur passando vicino al gruppo di uragani, e il secondo può far desistere dal trial&error perché le meduse sono effettivamente elettrificate per il 90% del corpo. Entrambe le informazioni su questi due ostacoli si trovano su pianeti diversi, in location diverse, che a loro volta richiedono un certo grado di esplorazione.
3) Il Warp Core (quello più "sporco"). L'accesso all'Ash Twin Project richiede la conoscenza dell'uso dei portali per il suo raggiungimento, il tempismo per il fenomeno sabbioso in corso, e un certo grado di prontezza nei comandi per l'ostacolo del risucchio della sabbia. E tuttavia qui alcuni sono riusciti ad usare il portale quasi "per sbaglio", mentre altri non hanno compreso gli indizi (che nella prima versione erano anche meno chiari, e tuttora risultano un po' contorti). A loro volta gli indizi erano in una location, Brittle Hollow, che presentava un certo grado di difficoltà oggettiva, tra disagevole lettura del livello, un "game over" mascherato con il buco nero, tempistiche ristrette per un percorso lungo e complesso che richiede l'attivazione di una "leva", "tranelli" come il salto nella Forgia... insomma, in un modo o in un altro, è probabilmente quello meno riuscito.
Il resto è perlopiù accessorio, ma è forse anche l'esempio più genuino del loro esperimento, perché davvero basato unicamente su conoscenze acquisite.
Fra tutti spicca, secondo me, la Quantum Moon.
Poi c'è l'altro fattore messo in campo dal gioco: il loop e l'aspetto survival. Se ne poteva fare a meno? Per me sì, ed è ciò che mi ha fatto detestare il gioco a più e più riprese. Se escludiamo l'ovvio ruolo nella storia, dal punto di vista delle meccaniche e di quello che Outer Wilds ha provato a fare con la progressione del giocatore, il loop di 20 minuti è totalmente superfluo. Anzi, è addirittura deleterio, perché costringe in maniera ineludibile e forzosa a dover interrompere l'esplorazione e a ripartire fisicamente dall'inizio, come se gli autori temessero che senza la pressione temporale e lo spezzettamento dell'esplorazione, la struttura a gate conoscitivi da sola non avrebbe retto il gioco. Stesso discorso per gli elementi survival, che svolgono precisamente lo stesso ruolo: aumentare la pressione, far cadere il giocatore in fallo, interrompere l'esplorazione.
Per me questo è davvero un peccato mortale, perché rende il loro esperimento non del tutto attendibile, e non del tutto messo alla prova dei fatti.
Chiudo riprendendo quello che dicevo all'inizio: Outer Wilds è il "Dark Souls degli adventure games".
Non lo è soltanto perché ti ammazza in mille modi diversi ogni 10 minuti (e non contento, se sei ancora vivo dopo 20 ti uccide comunque, manco Miyazaki all'apice del sua malvagità). E non solo perché prendere l'ascensore, salire sulla nave, mettere la tuta e partire è la sequenza di azioni che ho più dovuto meccanicamente ripetere nella mia vita di videogiocatore subito prima del percorso per arrivare agli arcieri di Anor Londo...
È che a pensarci bene pure Dark Souls, e come lui gli altri Souls, sono giochi con gate conoscitivi. Solo che la conoscenza è quella della posizione dei nemici, dei loro attacchi, è quella della struttura dei livelli e delle loro insidie (non a caso una seconda run è sempre più facile della prima). Però i souls sono degli action-RPG, e quell'action cambia la prospettiva, e la morte (e il modo in cui si è verificata) è in se stessa acquisizione di conoscenza, se non proprio lo strumento per ottenerla.
Ma mi chiedo: in un gioco di avventura, per di più così brillantemente congegnato e per molti versi audace, era davvero necessario?
Mi ero perso questo messaggio, sono d'accordo sulla prima parte dell'analisi relativa alla debolezza strutturale di alcuni indizi core per raggiungere il finale e che alla fine si tratti di qualcosa di relativamente "standard" rispetto all'idea core (con il DLC hanno osato di più da quel punto di vista secondo me). Infatti il vero picco del gioco per me rimane la
e la strutturazione degli indizi che ti portano a terminare il pellegrinaggio. Non penso che, nel giudizio complessivo del gioco, faccia perdere minimamente di grandezza la formula (considerando la sua unicità e la sua natura sperimentale).
Sono in disaccordo con la seconda parte, ne ho già discusso in passato. Creare un loop di eventi che si ripete al posto di avere un termine fisso con necessità di restart ed eliminare gli elementi survival non sarebbe stata minimamente la stessa cosa da un punto di vista del tono, avrebbe proprio reso il gioco qualcosa di diverso. Il punto forte di Outer Wilds fra le altre cose è proprio che le sue idee di game design si fondono perfettamente con quelle narrative/tematiche alla base del gioco come raramente succede. Rendere l'esplorazione spaziale una passeggiata e non un incubo inospitale da addomesticare man mano che si ripetono i loop sarebbe proprio andato in contrasto con i temi fondamentali del gioco. Per inciso sono davvero pochi secondo me i punti in cui la difficoltà è tale da causare frustrazione a causa dei ripetuti trial & error, che sono i punti dove il gioco davvero pecca (il peggiore penso sia il
salto per arrivare alla stazione solare
). Al contrario, la tensione aggiuntiva derivante dal sapere di avere un tempo limitato per esplorare penso aggiunga soltanto valore all'esperienza. Può risultare fastidiosa e dare un effetto da "cavolo mi ha proprio interrotto l'esplorazione a metà" forse le prime volte che si arriva su un pianeta e si è totalmente spaesati (effetto comunque voluto e parte essenziale dell'esperienza), nelle altre invece si trasforma in una pianificazione metodica di ciò che si va ad esplorare all'inizio del loop, e onestamente almeno nel corso della mia run ho sempre trovato il level design tarato molto bene sulla durata del loop stesso (i vari pianeti hanno diversi "rami esplorativi" che non presentano ostacoli troppo grossi al loro interno, e solitamente sono riuscito sempre ad esplorarli singolarmente venendo raramente interrotto dal loop). In sintesi, se toglievi gli elementi di difficoltà esplorativi dal gioco avevi un esperienza diversissima che non ne avrebbe fatto necessariamente un gioco migliore (neanche necessariamente peggiore, ma avrebbe dovuto accordare narrazione/toni in direzione totalmente diversa).
Il fatto è che in questo post parti dall'assunto che Outer Wilds volesse fare UNA sola cosa (creare un metroidvania con gate conoscitivi). Invece la grandezza del gioco è proprio il suo voler essere tante cose insieme. Banalmente, l'idea di partenza potevi farla anche in un gioco con ambientazione diversissima, l'elemento spaziale era del tutto superfluo. Così come la necessità di avere una fisica newtoniana realistica. Secondo me è proprio la somma dei suoi elementi a rendere Outer Wilds il gioco grandioso e innovativo che è. E' un esperimento in tante direzioni diverse contemporaneamente fortemente riuscito in buona parte di queste.