Naturalmente non potevo farmi sfuggire un altro gioco sulla mitologia greca e sulle figure ad essa collegate, per cui non appena si è palesato questo Hades come nuovo titolo dei SuperGiant, da sempre una softco che sviluppa titoli a me molto congeniali, mi sono precipitato. Per cui non ho potuto fare altro che comprare a scatola chiusa e immergermi immediatamente questo mondo.
Particolarmente gradito poi, in questo periodo molto denso di impegni per me e con poco tempo da dedicare ai videogiochi. Che poi tempo si trova lo stesso e infatti l’ho trovato, più che altro è stato lui a monopolizzare il mio, in una maniera che definirei quasi “malvagia” per Il numero di ore strappato a qualsiasi altra attività. Malvagio a causa del potere calamitante che un simile gioco può avere nei confronti del giocatore, irretito in una maglia di desiderio e ludo-godimento che ha davvero pochi precedenti.
Non credo sia il caso di parlarvene dettagliatamente, sarebbe meglio scoprire questo gioco da soli. Ma una cosa è certa, non fatevelo sfuggire.
Se non fosse per titoli come The Last of Us pt. II, Ghost of Tsushima oppure Paper Mario probabilmente si piazzerebbe al primo posto come gioco dell’anno e sorpresa senza precedenti. E non è detto che ancora non ci riesca visto che da queste parti si continua a giocare, e a giocare e a giocare come se quest’esperienza non dovesse mai finire. Anzi, in effetti si vorrebbe che non finisse mai.
La questione in altri termini è che Hades è assolutamente un gioco monumentale, una vera e propria opera d’arte infusa di una realizzazione tecnica interessante, uno stile grafico esemplare, ricercato e assolutamente accattivante, a cui si unisce una giocabilità perfetta. E’ impossibile spiegare compiutamente quanto questo gioco sia attraente, dotato di meccanismi di ricerca e ricompensa terribilmente irresistibili. E come di fatto lo configuri quale massimo esponente della sua categoria, un peso massimo immesso sul mercato in modo sorprende e con cui l’industria dovrà fare i conti per molto tempo.
Prima di tutto io, personalmente, non ho una buona opinione della narrativa nei videogiochi. Anzi, come ho avuto modo di scrivere diverse volte, spesso la considero un vero e proprio limite e ostacolo all’emancipazione stessa del videogioco, per cui sostenere di giocare per vedere come si conclude una storia è un aspetto che non ha mai colto troppo la mia attenzione, se non in rarissimi casi. Ma in questo frangente devo assolutamente fare ammenda e devo dichiarare di essere del tutto sedotto della particolare modalità narrativa scelta da SuperGiant.
Ne sono strenue difensore, questo straordinario dispositivo narrativo a cerchi concentrici porta una semplicissima vicenda di un altrettanto classico personaggio a essere l’abbrivio di qualche cosa di sconvolgente e in assoluto una delle idee più geniali mai viste e provate all’interno di un contesto videoludico. La vicenda non è troppo interessante di per sé, il pretesto è davvero basico, ma il genio sta nell’aver capito la natura aneddotica della mitologia greca attraverso il suo eterno ripetersi. La morte è solo uno strumento palingenetico, un continuo ritorno che veicola Il protagonista a specificare sempre meglio le proprie ragioni e allo stesso tempo induce tutte le figure con le quali interagisce a chiarire maggiormente i rapporti interni ed esterni attraverso un’antologia di rivelazioni, di volta in volta più precisa. E mi sono trovato una volta di più quindi molte volte a ricominciare questa storia per capire bene i retroscena e tutti i segreti sfiziosi. In una maniera assolutamente pazzesca per un videogioco, non so quante linee testo differenti possono aver ideato, quante ore di doppiaggio possono aver realizzato, vi assicuro che questo gioco è una vera e propria sorpresa continua, che non cessa mai neanche quando si crede di aver visto tutto quanto.
È inutile stare qui a parlare della personalizzazione, della configurazione sempre diversa che il giocatore può far assumere al protagonista all’interno di questo mondo, delle soluzioni belliche, di personalizzazione, di gusto, di utilizzo e tutti quei piccoli e grandi aspetti che rendono ogni discesa un’esperienza unica e speciale. Ogni scelta dell’arsenale porta a delle conseguenze e queste stesse aprono a tutta una serie di particolarità e unicità che è letteralmente impossibile scoprire in poco tempo.
In realtà è anche frustrante constatare come non tutto quello che gioco offra sia perfettamente comprensibile e utilizzabile dal giocatore ma il valore consiste proprio in questo, è un titolo le cui scelte trasformano per sempre e necessariamente gli strumenti a disposizione, con tutto il piacere che ne deriva.
Non voglio dire altro se non:
giocatelo a ogni costo.